24 Apr 2024
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Lavoro pubblico e Costituzione

Serena Sorrentino (Fp Cgil): stiamo desertificando i servizi pubblici che traducono materialmente ai cittadini diritti costituzionali

28 sett. – Dal 2008 al 2017 oltre 250mila lavoratrici e lavoratori sono usciti dalle pubbliche amministrazioni e nel prossimo triennio lo faranno altri 500mila. “Stiamo desertificando i servizi pubblici”. Così Serena Sorrentino dal palco di Effepiù, le giornate nazionali dei servizi pubblici organizzate a Napoli dalla Fp Cgil da lei diretta. Occasione l’iniziativa dal titolo “Democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo”, moderata dalla giornalista Concita Sannino di Repubblica, con Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, Rita Sanlorenzo, sostituto procuratore della Corte di Cassazione, Maurizio Landini, segretario generale Cgil.
Per Sorrentino
il 30% in meno di servizi pubblici significa “non garantire ai cittadini di avere la traduzione materiale dei diritti costituzionali. Non ci sono più alibi per la politica. Vogliamo politiche che tornino a scoprire il valore dell’essere orientati ‘costituzionalmente’”.
La dirigente sindacale, ricordando che la Costituzione è radicata nell’antifascismo, ha sottolineato che il lavoro è fondamento del vivere sociale del paese. Su di esso bisogna investire in termini di occupazione e qualità. Per il lavoro pubblico ciò si traduce nella triplice rivendicazione: assunzioni, rinnovo dei contratti, innovazione. “Siamo anche noi cittadini” ha detto guardando al bisogno di innovare le Pa, anche attraverso le competenze e la valorizzazione delle professionalità. Nel pubblico impiego il decennale blocco contrattuale non solo è stato penalizzante ma “ha cambiato cultura alle Pa, non più abitate da un modello partecipativo”, quello che vede nei lavoratori il motore che fa funzionare le pubbliche amministrazioni.
Secondo Sanlorenzo “la Costituzione non è stata attuata del tutto” e, semmai, è stata “svilita”. La magistrata, ribadendo che la nostra Carta “è fondata sul lavoro”, ha evidenziato che la questione della democrazia è la questione del lavoro. La partecipazione è garantita ai lavoratori. È il lavoro che dà dignità alle persone”, è un loro “diritto fondamentale. Dovere del legislatore è approntare tutele significative”. Diversamente da quanto ha fatto il jobs act, che ha rappresentato l’ultima tappa di quel cavallo di Troia che ha “agito dal di dentro” assecondando la voracità del mercato nel “mutamento di paradigma” che ha visto la perdita di rappresentanza del lavoro, con norme che hanno liberalizzato e portato “alla frammentazione e alla precarietà”.
“Nel corso degli anni sempre più leggi hanno depauperato e mortificato la Costituzione” ha detto De Magistris, sottolineando di aver giurato per tre volte sulla nostra Carta – “un grande faro” -: la prima quando è diventato magistrato e le altre due da sindaco di Napoli. Della sua città rivendica un primato: “è l’unica in Italia a non aver privatizzato un servizio di rilevanza costituzionale”. E ha anche aggiunto che attraverso l’amministrazione comunale si sta dimostrando che il pubblico non sempre significa corruzione, malaffare. Poi una stoccata l’ha riservata alla questione degli organici: “sono stufo di stringere la mano di chi va in pensione ma non di chi viene assunto”.
Per Maurizio Landini, “cambiato il governo devono cambiare anche le politiche. Nel lavoro pubblico quando faccio il mio lavoro sto garantendo diritti ai cittadini. Questo è l’elemento che va ricostruito” ha detto il segretario generale CGIL. Va ricostruita una cultura del lavoro che rimetta al centro le persone, le lavoratrici e i lavoratori.