La denuncia nazionale e la denuncia lombarda
17 gen. – “Niente nuove buone nuove” dice il proverbio. Peccato non ci azzecchi col mondo delle carceri, dove continua il sovraffollamento detentivo e continua la carenza di organici, tra le fila del personale sia penitenziario sia dell’esecuzione penale esterna. A livello nazionale, dei primi ne mancano circa 4000, dei secondi (educatori, assistenti sociali, tecnici, amministrativi) circa 700. La denuncia parte dalla Fp Cgil che al Ministro della Giustizia chiede di impegnarsi di più. “Le 1.300 assunzioni di Poliziotti Penitenziari effettuate nel 2019 e le 754 previste nel 2020 sono una goccia nel mare rispetto alla mancanza di organico del Corpo. Così come le 50 assunzioni di funzionari giuridico pedagogici non danno il sollievo necessario agli enormi carichi di lavoro che tali figure professionali devono sopportare ogni giorno” rileva il sindacato. Rivendicando più risorse per un piano straordinario di assunzioni e, soprattutto, indicando che “la risposta al sovraffollamento di detenuti non può essere l’incremento dei posti detentivi, ma un serio investimento nell’esecuzione penale esterna, che consenta di assumere personale, in particolare assistenti sociali, e di poter aumentare il ricorso alle misure alternative per i soggetti con scarsa pericolosità sociale”.
Com’è la situazione in Lombardia? “Mancano circa 600 agenti penitenziari e per i ruoli di sottufficiali, ispettori e sovrintendenti la carenza sfiora il 70% -, risponde Calogero Lo Presti, coordinatore regionale Fp Cgil. Questi buchi di organico potrebbero aggravarsi ancora per supplire alla mancanza di figure professionali del Comparto Ministeri (contabili, assistenti amministrativi. etc. )”.
Attualmente nelle carceri lombarde ci sono “oltre 8000 detenuti. Un numero destinato ad aumentare. Misure alternative al carcere permetterebbero un significativo abbassamento dell’attuale popolazione detenuta” afferma Lo Presti. Aggiungendo al sovraffollamento un altro motivo di preoccupazione: “Ci sono molti soggetti con problemi di salute mentale, difficilmente gestibili dagli agenti penitenziari, che non hanno competenze adeguate in merito”. Per far fronte a questa problematica, la categoria chiede sia di potenziare negli istituti il numero di psicologi sia di iniziare a “ragionare su una stabilizzazione di quelle figure professionali che già collaborano nelle carceri, per far fronte al crescente numero di detenuti con patologie di questo tipo e anche ai problemi di stress correlato al lavoro che colpiscono il personale che vi opera ed oggi è abbandonato al suo destino dal datore di lavoro che dovrebbe tutelare la sua salute”.
Barbara Campagna, coordinatrice Uepe per la Fp Cgil Lombardia, snocciola un po’ di dati. “A dicembre 2019 nei 18 istituti penitenziari della nostra regione erano recluse 8547 persone, di cui 472 donne, il 43% di stranieri, un sovraffollamento fra il 138 e il 149%. Questi detenuti possono contare sull’intervento professionale di 303 operatori ministeriali senza divisa, contabili, amministrativi, tecnici, educatori, ‘funzionari’ raramente con una coerente autonomia gestionale e di risultato, essendo fortemente vincolati ai dirigenti e ai poteri forti di volta in volta emergenti. Nelle sei sedi complessive tra settore minorile e Uepe – aggiunge – le nuove assunzioni non hanno compensato i carichi di lavoro decuplicati dagli interventi normativi. In più, stentano i riconoscimenti professionali per gli assistenti sociali dirigenti e per i funzionari di servizio sociale che faticano a ottenere progressioni in una carriera sempre più eterogenea, sempre più costretti dai numeri verso l’esecuzione”.
Ancora, la sindacalista considera che “in Lombardia, 4200 poliziotti circa e 303 operatori ministeriali, ancorché insufficienti alla gestione, delineano un quadro chiaro di cosa chiede da anni la politica all’esecuzione penale della giustizia nel nostro Paese. E oggi, soprattutto per costruire la vera sicurezza sociale, abbiamo necessità di chiarire questo scenario, perché uno Stato che si fonda sulla nostra Costituzione non può delegare organizzazione e funzione rieducativa ad altri che non sia sé stesso, ai suoi uomini e alle sue donne, rispettandone prerogative e funzioni”.