13 Dec 2024
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Licenziateci!

Il caso dell’asilo San Giuseppe di Arcore, messo in stato di liquidazione a settembre. Le lavoratrici che non hanno trovato una nuova occupazione sperano nella Naspi per avere un sostegno al reddito

5 ott. – Sperare nel licenziamento per avere di che vivere con la Naspi, la nuova indennità di disoccupazione, visto che del Fis, il fondo di integrazione salariale partito con il 24 febbraio, non si vede un euro da fine aprile. Succede all’asilo San Giuseppe di Arcore, nido e scuola dell’infanzia paritaria, messo in stato di liquidazione il mese scorso.

Alessandra, iscritta Cgil, educatrice e referente pedagogica del nido, ci lavora da 20 anni ma è già in pista per un nuovo lavoro e, come lei, ormai la maggior parte delle colleghe e colleghi. Meno di una decina di lavoratrici e lavoratori (sui 21 circa)  è ancora dipendente dell’ente, ex Ipab, che applica in parte il contratto delle funzioni locali e in parte il contratto Fism.

“Problemi economici ce ne sono sempre stati, negli ultimi 2 anni ancora di più ma la chiusura delle iscrizioni lo scorso gennaio è stata un fulmine a ciel sereno. Abbiamo capito che il provvedimento era serio, anche le circa 150 famiglie sono rimaste spiazzate. Da lì è stato un effetto domino” racconta Alessandra. L’arrivo del Covid non ha poi aiutato il corso degli eventi. “Si era fatta avanti una cooperativa di Padova, la Codess, che voleva comprare l’attività e prendere anche l’immobile per mettervi altri servizi. Sembrava quasi fatta a luglio. Il 9 agosto ci è arrivato il comunicato che la cooperativa sociale, per via dei problemi economici causati dal Covid, aveva fatto un passo indietro. Il 9 settembre Il Cda ha verbalizzato di voler mettere in liquidazione la Civica Fondazione. Con un inghippo paradossale – sottolinea Alessandra -: non possiamo essere licenziati per via della legge che blocca i licenziamenti. Nel frattempo la maggioranza di noi ha trovato una nuova occupazione. Il problema è per chi non la sta trovando”.

L’educatrice segnala che, non solo appunto il Fis viene dato in modo posticipato, “ma ad agosto eravamo convinte di percepire le ferie. Così non è stato. Una situazione brutta per tutti, a maggior ragione per colleghi, marito e moglie, impiegati entrambi nella Fondazione. In questi anni abbiamo pure sostenuto tanti sacrifici: ci fa rabbia essere trattati come le ultime ruote del carro e con comunicazioni sempre in ritardo. Ci fa rabbia vedere chiudere così una scuola d’eccellenza che, tra nido e materna, forniva un servizio a circa 150 bambine e bambini”.

Simone Cereda, segretario Fp Cgil Monza e Brianza, attacca Fondazione e Comune di Arcore. “Si devono dare una mossa. Il consiglio di amministrazione dell’ente è per quattro quinti di nomina politica (“l’ultimo quinto è un membro dei genitori nominato dentro la scuola” spiega Alessandra). Chiediamo che si arrivi a una soluzione rapida della vicenda: va avviato l’iter per la liquidazione amministrativa coatta, che consenta alla Fondazione di poter licenziare le lavoratrici ancora in servizio. Solo così – aggiunge Cereda – queste persone potranno avere di nuovo una fonte di reddito. Ci sono anche alcuni casi drammatici e famiglie monoreddito”.

Ma il sindacalista non finisce qui: “Abbiamo già denunciato in passato il fatto che l’amministrazione arcorese non si è fatta carico delle ricadute di questa decisione politica, nel cui merito non vogliamo entrare. Nel senso che, per noi, non dare più finanziamenti a una scuola privata è legittimo. Ma bisogna anche assumersi la responsabilità delle scelte che si fanno, gestendone le ricadute occupazionali e sociali”. (ta)

(nella foto in alto le educatrici della Fondazione, in queste sotto le lavoratrici nella conferenza stampa organizzata dai sindacati a Monza)