In Europa i lavoratori pubblici si mobilitano come in Italia
Lo scorso 29 ottobre, in esito ad una settimana di mobilitazione del sindacato europeo dei servizi Pubblici EPSU, c’è stata la giornata di azione europea ‘Per la salute, oltre la pandemia’, appoggiata da tutti i sindacati d’Europa che vi hanno convintamente partecipato.
La giornata di azione, rivolta soprattutto al settore della sanità e dei servizi sociali, aveva una piattaforma basata su tre grandi richieste: aumenti salariali, assunzioni, cure di qualità e sicurezza per tutte le lavoratrici ed i lavoratori.
Il documento di appello alla settimana di azione recitava: “Gli applausi non bastano”, invitando poi all’azione e denunciando le carenze trasversali in tutta Europa, messe in particolare evidenza dalla pandemia, relative a mancanza di personale, mancanza di sicurezza sui posti di lavoro e a stipendi non adeguati.
Una piattaforma in realtà sovrapponibile a quella di FPCGIL CISL FP e UILPA per lo sciopero del prossimo 9 dicembre, tanto sovrapponibile che il Comitato esecutivo di EPSU ha dato un sostegno ufficiale allo sciopero dichiarando in un odg di fare proprie le ragioni dei sindacati italiani e chiedendo al Governo italiano di investire nei lavoratori del servizio pubblico, rafforzando la contrattazione collettiva e negoziando aumenti salariali.
D’altra parte in tutta Europa, spiega il documento di Epsu, i lavoratori dei servizi pubblici hanno permesso alle amministrazioni pubbliche di continuare a fornire servizi essenziali ai cittadini e alle imprese. Dagli operatori sanitari e assistenziali, all’istruzione, alle amministrazioni locali e centrali, i lavoratori sono riusciti a garantire la continuità del servizio nonostante i problemi legati alla sicurezza e nonostante le misure di austerità degli ultimi 10 anni che hanno indebolito la capacità dei servizi pubblici di rispondere alle esigenze dei cittadini.
Che le problematiche siano simili in tutta Europa, così come le rivendicazioni, lo dimostrano le vertenze che sono in piedi in questi mesi.
– Nel Regno Unito, il cancelliere Rishi Sunak, membro dei Tories e dell’ultraconservatore Governo di Boris Johnson, ha annunciato il congelamento dei salari dei dipendenti pubblici scatenando le proteste del mondo sindacale, a partire da Unison, il grande e storico sindacato dei servizi pubblici, che per bocca del Presidente Dave Prentis ha definito un cinico e divisivo ‘calcio sui denti’ la dichiarazione del governo britannico stigmatizzando il tentativo di contrapporre pubblico e privato e denunciando che il grave momento di crisi va affrontato con l’unità, con personale adeguato e salari dignitosi, visto il fondamentale apporto del pubblico alla cittadinanza. Infine, accusando l’attuale Governo conservatore di Thactherismo old-style, ha invitato il Governo a reperire risorse per rilanciare pubblico e privato reperendole nel serbatoio dell’evasione fiscale sia delle grandi corporazioni sia dei magnati. Anche altri sindacati, come PCS, stanno avviando grandi campagne contro la gravissima ingiustizia del congelamento dei salari pubblici.
Inoltre sempre nel Regno Unito quattordici sindacati che rappresentano il personale del Servizio Sanitario Nazionale hanno inviato una lettera congiunta al primo ministro chiedendo al governo di dare a tutti gli operatori sanitari un aumento di stipendio prima di Natale. Il prossimo aumento di stipendio non sarebbe dovuto prima dell’aprile 2021, ma i sindacati sostengono che un aumento anticipato aiuterebbe i dipendenti a “sentirsi apprezzati, da tutto il Paese, e anche dal governo”. Nella lettera affermano che l’aumento degli stipendi di quest’anno potrebbe inoltre convincere il personale che vuole lasciare il servizio sanitario nazionale a cambiare idea ed incoraggiare eventuali neo assunti che sono necessari a rafforzare il SSN.
-In Germania, dove la contrattazione non si è mai fermata, a inizio ottobre, ci sono stati i cosiddetti scioperi di ‘allerta’ (warning strikes) proclamati da Ver.di, uno dei maggiori sindacati tedeschi, contro le ‘barricate‘ dei datori di lavoro del settore dei servizi pubblici alzate durante le trattative salariali. In Germania la lotta ha pagato, ed infine dal 2019 fino alla fine del 2022, in 33 mesi, si arriva ad un aumento dell’8%, incluso un social benefit di 240€, aumenti per gli apprendisti, raddoppio dell’indennità di medicina di terapia intensiva e aumento dell’indennità di turno, indennità di 300€ per i medici delle autorità sanitarie, parificazione degli assegni di cura nelle case di cura per anziani pubbliche e private, diminuzione dell’orario di lavoro nell’est fino a parificarlo con l’ovest ed un bonus corona, per un massimo di 600€, per tutti i dipendenti.
A seguito di un rapporto governativo sull’assistenza infermieristica e le cure, inoltre Ver.di ha chiesto un’azione urgente per una soluzione a lungo termine per la carenza di personale nelle istituzioni sanitarie e di assistenza, in particolare alla luce della seconda ondata della pandemia COVID-19. Il sindacato ha identificato la necessità di personale aggiuntivo per 100.000 unità. Sostiene inoltre la necessità di misure per la formazione, per la retribuzione e le condizioni di lavoro, e chiede un maggiore supporto per i tirocinanti, molti dei quali non riescono a completare i loro corsi denunciando che non dovrebbero essere utilizzati come tappabuchi per la carenza di personale.
-In Irlanda Gli operatori sociali di Kerry e Cork hanno votato a favore di una campagna nazionale di scioperi in enti non governativi, finanziati con fondi pubblici, che forniscono servizi sanitari e sociali. Nel 2018 c’è stato un accordo che prevedeva che i dipendenti di queste organizzazioni avrebbero ottenuto, in linea con il settore pubblico, aumenti salariali per compensare i tagli imposti durante l’austerità. Sono ancora in attesa e ben 250 strutture in tutto il paese potrebbero essere colpite da scioperi nelle prossime settimane.
– Una campagna di mobilitazione e di sciopero, ha portato i sindacati della sanità del Belgio ad assicurarsi ulteriori finanziamenti per il gruppo Iris degli ospedali della regione di Bruxelles. Questo si aggiungerà all’accordo federale sul finanziamento della sanità all’inizio di quest’anno e significherà che saranno disponibili altri 8 milioni di euro all’anno per migliorare le condizioni di lavoro nei prossimi cinque anni. I sindacati inizieranno le trattative con la direzione per l’attuazione degli aumenti che comprenderanno il rimborso completo delle spese di viaggio locali sui trasporti pubblici e aumenti regolari del bonus di fine anno.
-In Polonia il sindacato degli infermieri e delle ostetriche dell’OZZPiP sembra destinato a proclamare mobilitazioni in diverse regioni del Paese in un processo che potrebbe portare a uno sciopero nazionale. La questione in ballo è il cambiamento della legislazione sui bonus per il lavoro con i pazienti COVID-19 che potrebbe vedere molti infermieri non potervi accedere pur lavorando con pazienti COVID-19 in ospedali non designati come strutture COVID-19. Il sindacato chiede infatti l’estensione delle indennità a tutti gli infermieri e le ostetriche che entrano in contatto con i pazienti COVID-19 e non solo al personale che è specificamente assegnato alla cura di questi pazienti. L’OZZPiP solleva altresì dubbi sulla fornitura di adeguati dispositivi di protezione personale e chiede maggiore sicurezza per tutti i lavoratori.
-In Norvegia le trattative nel settore dell’assistenza infermieristica privata si sono concluse senza accordo. La posizione sindacale è quella di cercare di garantire che le occupazioni siano pagate a livelli simili indipendentemente dalle differenze dei contratti in vigore, ma non c’è l’impegno dei datori di lavoro a farlo. Il sindacato dei servizi pubblici Fagforbundet riconosce che, pur essendoci delle differenze tra pubblico e privato, queste non possano diventare sistematiche e sostanziali.
-In Spagna, i principali sindacati del pubblico CCOO, UGT e CSIF, hanno scritto recentemente alla Ministra della Funzione Pubblica, chiedendo la stabilizzazione dei precari, il miglioramento delle condizioni di lavoro non escludendo forme di mobilitazione in caso di mancata risposta.
Nel settore delle Amministrazioni Centrali e locali, inoltre, CCOO denuncia relativamente alla bozza di legge sulle misure urgenti per la modernizzazione della pubblica amministrazione e per l’attuazione del Piano di recupero, trasformazione e resilienza una mancanza di interlocuzione con il sindacato in merito al piano di modernizzazione dell’amministrazione, poiché non vi sono riferimenti espliciti al settore del pubblico impiego o alla contrattazione.
-La CGT in Francia il 3 dicembre 2020 proclama uno sciopero dei lavoratori della prima infanzia con una piattaforma incentrata sulla mancanza di personale che chiede: benessere e la sicurezza per i bambini;strutture di accoglienza di qualità e servizio pubblico per la prima infanzia; condizioni di lavoro dignitose; riconoscimento della mission svolta e del personale; miglioramento degli stipendi e delle carriere; un’ambiziosa politica per la prima infanzia, un vero investimento per il futuro dei bambini che sono il futuro della società. Per il 5 dicembre inoltre proclama uno sciopero contro la precarietà nel servizio pubblico territoriale per tutti i dipendenti pubblici locali e dipendenti che rientrano negli appalti (aziende idriche e igieniche, tanatologia, settore dell’edilizia sociale privata).
Il 3 dicembre la CGT della Sanità ha indetto una mobilitazione contro un accordo che non ha sottoscritto con il Governo nell’ambito del settore sanitario ed il 5 dicembre porta in piazza i propri operatori per un piano d’emergenza dei settori ospedalieri contro la riforma della sanità proposta dal governo che porterebbe il sistema verso una ulteriore privatizzazione. Nella piattaforma la CGT chiede una riforma alternativa del sistema sociosanitario; di aprire un dibattito nazionale sugli obiettivi della politica di salute pubblica; aprire le trattative sul finanziamento e l’organizzazione dell’assistenza; aprire trattative per riconoscimenti salariali e di carriera.
Il quadro europeo dimostra che il Covid ha messo a dura prova tutto il settore pubblico che, nella prima e nella seconda ondata della pandemia, ha pagato un alto prezzo per condizioni di lavoro non adeguate in termini di salute e di vite umane.
Il settore pubblico ha continuato a offrire servizi essenziali e, soprattutto durante la prima ondata (ma in alcuni casi anche durante la seconda), non sempre in condizioni di sicurezza.
A ciò si aggiunge che il servizio pubblico, soprattutto in alcuni paesi, non avendo potuto colmare le carenze di personale ed economiche accumulate durante il periodo dei tagli imposti dalla crisi economica, ha dovuto fronteggiare la pandemia in condizioni di grave carenza organica e strutturale, con posizioni lavorative ed economiche precarie.
I tagli al pubblico sono stati un male comune a gran parte d’Europa, anche per le indicazioni scellerate fornite e messe in campo dalla Commissione, e sono stati denunciati con forza dai sindacati nazionali e dal sindacato europeo.
Ora una ondata di mobilitazioni e di scioperi sta attraversando l’intera Europa perché in ogni paese, anche in quelli dove la contrattazione non si è mai fermata come ad esempio la Germania o i paesi Nordici, i lavoratori hanno provato sulla propria pelle l’importanza di fornire servizi essenziali alla cittadinanza in una situazione di forte eccezionalità, e spesso in condizioni precarie.
Per questo in tutta Europa, a partire dagli operatori sanitari e sociosanitari, alle forze dell’ordine, del soccorso, dei Ministeri e degli enti locali, i lavoratori sentono che, in un‘epoca in cui si sta facendo un grande sforzo a livello europeo per risanare le economie di tutti i paesi, non possono essere messi da parte. Il pubblico deve essere rafforzato e parte significativa delle risorse va indirizzata ad un investimento straordinario che possa riportare ad offrire servizi adeguati alla cittadinanza, in sicurezza e con retribuzioni adeguate.
Bisogna investire sul pubblico ed i lavoratori pubblici per garantire salute, sicurezza, diritti e servizi ai cittadini europei. La parabola usata dai governi di tutti gli schieramenti, che mette il pubblico contro il privato, va smontata perché questo è il momento dell’unità e non ci sono lavoratori che devono pagare rispetto ad altri, ma lavoratrici e lavoratori che devono essere uniti di fronte all’emergenza.
La pandemia ha messo a fuoco le disfunzioni e la parziale destrutturazione dello Stato Sociale, elemento fondante dell’Unione, con la crescente privatizzazione dei sistemi sanitari universalistici considerati tra migliori al mondo.
Va invertita la tendenza e va rafforzata una Europa che investa sul pubblico di qualità che possa offrire servizi adeguati e protezione ai cittadini europei.
Chi in questi giorni parla di ‘inopportunità’ dello sciopero del 9 dicembre in Italia ha lo sguardo corto e non riesce a vedere in prospettiva quanto la piattaforma dello sciopero di FPCGIL, CISL FP e UILPA sia in linea con un più ampio quadro europeo e miri ad un servizio pubblico moderno e di qualità che possa rilanciare i diritti fondamentali di cittadinanza, a partire da quello alla salute.
Gli applausi non bastano, ci vuole sicurezza per chi lavora, assunzioni stabili, salari adeguati, formazione. Ma ci vuole anche il confronto con il Governo, quello che sino ad oggi è mancato, e più Contrattazione.
Solo attuando il dialogo sociale, quello che è uno dei pilastri dell’Unione, riempiendolo di azioni e significato si può migliorare e modernizzare il servizio pubblico.
Lo chiedono i sindacati di tutta Europa, lo chiedono le lavoratrici ed i lavoratori europei.
Per questo il 9 dicembre lo sciopero non è solo delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici ma per le cittadine ed i cittadini italiani ed europei.
Nicoletta Grieco
Responsabile dell’Ufficio Internazionale FPCGIL
fonte: https://www.fpcgil.it