Evangelista (Fp Cgil): “La condizione di incertezza che vivono, anche da 30 anni, ricercatrici e ricercatori della sanità pubblica è semplicemente una vergogna. Queste persone meritano e devono avere garanzie con un rapporto di lavoro stabile”
25 nov. 2021 – Chiedono di essere riconosciuti e rispettati, attraverso un posto di lavoro stabile. Ricercatrici e ricercatori sanitari e collaboratrici e collaboratori di ricerca degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli Istituti zooprofilattici sperimentali sono ben consci che i risultati da loro prodotti sono quelli della ricerca del Servizio Sanitario Lombardo, peraltro “a costo zero”.
Attraverso le rappresentanze di Cgil Cisl Uil regionali, queste lavoratrici e lavoratori in stato precario anche da decenni, vogliono risposte concrete da parte della Regione, chiedendo che “preveda ‘subito’ una congrua ed adeguata dotazione organica strutturale per la ricerca sanitaria”.
“In Lombardia sono circa 500 le ricercatrici e i ricercatori (sui 1600 a livello nazionale) che da anni dedicano la loro attività nella sanità pubblica, e molti di loro sono precari da tempo, c’è chi lo è anche da 30 anni. È semplicemente vergognoso!” afferma Alberto Evangelista, coordinatore Fp Cgil Lombardia.
Chiedete un cambio di paradigma rispetto all’importanza del vostro lavoro. “Non si può essere elogiati per gli studi affrontati con l’arrivo del Covid, che hanno consentito a tutti di conoscere questo tremendo virus, non si può sottolineare il ruolo strategico della ricerca sanitaria italiana e poi nella legge di bilancio non ricordarsi del personale che ci lavora. Questi vuoti di memoria sono gravi”.
Quindi ce l’avete anche con il Governo. “Siamo ancora una volta delusi e arrabbiati. La pandemia doveva insegnare che sul sistema sanitario, indebolito da anni di tagli e supportato dal lavoro precario, bisognava fare una netta inversione che si traduce in investimenti nel settore, in assunzioni e stabilizzazione del personale. Nella legge di bilancio 2022 si prevede di stabilizzare tutte le operatrici e operatori sanitari che sono stati in prima linea sotto l’emergenza del Covid, ma non ha incluso, come deve invece essere, chi fa ricerca ed è stato in campo da subito per la salute delle persone. Così non va” evidenzia Evangelista.