La Fp Cgil Bergamo, con il segretario generale Roberto Rossi, stila un documento in vista della mobilitazione nazionale lanciata dalla categoria a settembre e per riflettere su un tema che riguarda tutti, lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadini
27 lug. 2022 – AAA cercarsi personale: ormai la richiesta, fino a poco tempo fa inimmaginabile, riguarda anche il lavoro di cura. Ne parliamo con Roberto Rossi, segretario generale Fp Cgil Bergamo, che ha elaborato un documento per riflettere sul tema.
Da dove partiamo? “Dalla mobilitazione che la Fp Cgil nazionale ha lanciato per il prossimo settembre per un servizio socio sanitario migliore che dovrà coinvolgere in un’alleanza stretta, lavoratrici, lavoratori, cittadine e cittadini, visto che la salute riguarda tutti e questo servizio è un cardine e un bene comune del Paese. Diritti del lavoro e diritti di cittadinanza sono strettamente intrecciati in questo ambito. Occorre allargare il perimetro del lavoro pubblico, tendendo a farlo aderire a quello del servizio pubblico”.
Come tu stesso denunci, la svalorizzazione del lavoro di cura è di lungo corso. “I tagli lineari alla sanità ne sono la prova lampante. L’errore nasce dal considerare questa voce come un costo invece che come un investimento. E così facendo, il risparmio si scarica su lavoratori e cittadini. Ai primi si applicano contratti di minor favore attraverso esternalizzazioni e appalti, precarizzando il lavoro, e rendendo sempre più faticoso quello fisso per le carenze di organico, la mancata copertura del turn over e il non adeguamento del minutaggio assistenziale alle condizioni sempre più complesse dei pazienti. Per i cittadini i tempi di attesa sono divenuti insostenibili e solo chi può fa ricorso alle prestazioni in libera professione. La dinamica, purtroppo, sta peggiorando con la carenza di personale ormai strutturale”.
Perché c’è così tanta carenza di personale? “Per una politica miope che si trascina da prima del Covid e che la pandemia ha, con la sua drammaticità, evidenziato. Vedi la mancata lungimiranza nella programmazione dei fabbisogni formativi universitari e poi le ferite aperte – chissà ancora per quanto – tra il personale in prima linea ad affrontare l’emergenza sanitaria, con medici, infermieri, operatori socio sanitari, in particolare, lasciati a mani nude, senza protezioni, in turni infiniti e stremanti e con la morte davanti e sempre più enorme tutti i giorni, mentre il sistema sanitario, faceva acqua da ogni parte. La nostra provincia ha sofferto tantissimo e ha sofferto il Paese. Calata la fase adrenalinica, mentre il burn-out diventava dilagante, diversi operatori hanno deciso di lasciare, chi per pensionamento, chi alla ricerca di posti di lavoro meno stressanti, se non proprio diversi professionalmente”.
Sulla miopia si può intervenire. “Certo, servono lenti ma anche la volontà di usarle. L’alleanza tra operatori del sistema e cittadini serve a fare pressing per questo”.
Cosa può fare il sindacato? “Se guardo alla concorrenza spietata tra aziende ed enti del sistema sanitario e socio sanitario per rubarsi i professionisti, penso che le parti sociali debbano tornare al governo delle politiche salariali condividendo il principio che a stesso lavoro corrisponda stesso salario, allineato alla media europea. Perché un’infermiera dovrebbe restare alle dipendenze di una cooperativa sociale se nella sanità pubblica o privata può prendere almeno il 30% in più in busta paga, oltre a più diritti? – chiede Rossi -. La contrattazione può fare leva per rendere più appetibile la professione: sul nostro territorio, abbiamo esempi positivi negli accordi siglati nelle Rsa di Vertova e Nembro per tornare ad applicare a tutti i dipendenti il contratto delle Funzioni Locali, anche a quelli assunti con il ccnl Uneba, allineando così almeno la retribuzione al settore sanitario. Non credo, del resto, che possa diventare strutturale l’incentivare, a seconda delle necessità, le prestazioni extra orario, questa politica può essere solo temporanea”.
Torniamo agli appalti. “Ci sono settori dove lo svilimento delle condizioni retributive è più pesante, ad esempio negli appalti banditi dai comuni, che coinvolgono servizi come l’assistenza scolastica e l’assistenza domiciliare. La Cgil a Bergamo sta lottando da anni per sanare storture inaccettabili che gravano sui diritti e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori oltre che sulla qualità dei servizi. Ribadisco: tutto si tiene per cui l’alleanza tra cittadinanza e lavoro è necessaria e deve farsi sempre più forte!”