28 Mar 2024
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C’è una rivoluzione culturale e politica che urge alla sanità lombarda

Dal convegno Cgil Lombardia, Fp Cgil Lombardia e Spi Cgil Lombardia l’appello al cambiamento possibile e necessario

19 sett. 2022 – Cosa serve in Lombardia, dopo le risorse previste dal Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, e le varie riforme del sistema socio sanitario regionale avviate da Roberto Formigoni e arrivate fino a Letizia Moratti, perché il signor Mario – ma anche la signora Maria – possano trovare risposte universali e inclusive, come da dettato Costituzionale, ai loro bisogni di salute senza aspettare tempi biblici e senza doversi obbligatoriamente rivolgere – sempre che possano le loro tasche – alla sanità privata? E se il signor Mario, o la signora Maria, fossero invece medici di medicina generale o professionisti sanitari, provati dai carichi di iper lavoro per le carenze di organico e organizzative, cosa servirebbe?

Come sempre, alla fine, il punto è politico e la politica non è astratta ma incide concretamente sulle condizioni di vita e lavoro delle persone: da una diversa visione del sistema discende una diversa organizzazione dei servizi. Il tema c’è tutto e a maggior ragione se a rinnovare i decisori politici, le cittadine e i cittadini lombardi saranno chiamati subito, il prossimo 25 settembre, alle elezioni nazionali, e presto, nel 2023, alle elezioni regionali.

Cgil Lombardia, Fp Cgil Lombardia e Spi Cgil Lombardia, rappresentando le istanze delle cittadine e cittadini, dai giovani ai pensionati, e delle lavoratrici e lavoratori delle attività di cura e assistenza, sono in campo dai tempi pre-Covid con proposte a difesa e rilancio della sanità pubblica e del sistema socio sanitario, sventolate ulteriormente sotto la Regione arrivata la pandemia. E ribadite oggi al convegno da loro organizzato a Milano, “Pnrr, salute e territorio: dopo anni di abbandono un’opportunità per la Lombardia”, con Sandra Zampa già sottosegretaria alla Sanità, Gian Antonio Girelli, consigliere regionale del Partito Democratico, il sindaco di Varese Davide Galimberti.

Lo hanno fatto attraverso l’intervento introduttivo di Monica Vangi, segretaria confederale lombarda, le domande del segretario Fp Gilberto Creston e della segretaria Spi Federica Trapletti, gli interventi di Mario Carrubba, infermiere coordinatore alla Asst Nord Milano-Servizi territoriali, e di Giampiero Camatta dello Spi Cgil Varese (assente giustificato Giorgio Barbieri, coordinatore FP CGIL Medici di Medicina Generale).

La legge regionale 22/2021, quella che avrebbe dovuto potenziare la sanità territoriale, si è rivelata un’altra operazione di facciata, visto che, ad esempio, le case di comunità sono il mero cambio di targa ai poliambulatori, un mero taglio di nastro, senza l’adeguata forza di personale per farle funzionare. Si tratta di una riforma vuota che, sfruttando il Pnrr, non rafforza i servizi pubblici di prossimità ma semmai il modello che equipara il privato accreditato al pubblico, che intanto perde pezzi attraverso esternalizzazioni continue. Se gli appalti significano frammentazione del lavoro, dumping contrattuale, diminuzione di diritti e della qualità dei servizi, non provvedere alle necessarie assunzioni e alle stabilizzazioni di personale sanitario, indebolire la prevenzione, non agire in modo strutturale sul comparto socio sanitario, mantenere divise programmazione ed erogazione dei servizi – senza peraltro coinvolgere le rappresentanze delle lavoratrici e dei lavoratori e i sindaci, i riferimenti istituzionali più prossimi alle cittadine e ai cittadini -, significa di fatto tradire il valore universale e pubblico dato al nostro Servizio Sanitario Nazionale nato dalla legge 833 del 1978 e già provato da anni di tagli. Anche per questo la Cgil chiede, a monte, un cambio di passo culturale e di fermare il vento dell’autonomia differenziata che, se dovesse prevalere, acuirebbe il solco delle disuguaglianze nell’accesso alla salute favorito da 21 sistemi sanitari regionali differenti.

La pesante carenza di medici di medicina generale, poi, non riguarda solo la Lombardia, ma nella nostra regione, con il Covid, ha mostrato nel modo più drammatico le ricadute su tutto il sistema. La Cgil anche qui chiede il cambiamento, di investire nella medicina generale, riformandone anche la formazione e portando i suoi medici alle dipendenze del Ssn.

Il modello ospedalocentrico ha fallito e bisogna investire in tutta la rete, territoriale e ospedaliera, a partire da risorse umane più numerose, stabili e motivate, e incrementando il finanziamento del fondo sanitario nazionale. Mantenendo strettamente la governance in mano al pubblico, con un rapporto integrativo e non sostitutivo della sanità privata. Al centro stanno le persone e i loro bisogni di salute, il loro benessere a tutto tondo. Non il mercato dell’offerta ma servizi di prossimità pianificati, organizzati e partecipati attraverso il protagonismo di tutti i soggetti coinvolti.