Silvana Ventrice lavora alla Asst Rhodense. Partecipando all’attivo Fp Cgil Lombardia del 7 ottobre scorso ha denunciato la deriva della sanità pubblica e la frustrazione di chi, come lei, lavora per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
17 ott. 2022 – “Siamo oramai arrivati ad un punto di non ritorno. La sanità che vorremmo sta scomparendo come neve al sole. Il privato ha tutti gli strumenti per rispondere alla domanda/offerta, scegliendo ancora oggi cosa tenere e cosa scartare, vedi servizi socio sanitari, dipartimenti salute mentale, oncologia, medicine, ecc. Mentre il pubblico sta assumendo liberi professionisti a partiva iva, il privato sta erodendo il personale pubblico che, insoddisfatto dell’andamento generale, è oramai attirato da lauti guadagni con però turni e disponibilità logoranti. La qualità della vita e le conquiste sulla riduzione dell’orario di lavoro sono oramai di poco interesse. Si corre a lavorare di più per avere più soldi in busta paga. Si è perso l’orizzonte del benessere psicofisico”. Silvana Ventrice, tecnico della prevenzione alla Asst Rhodense, è intervenuta all’attivo Fp Cgil Lombardia dello scorso 7 ottobre, segnalando le criticità che stanno minando la tenuta della sanità pubblica.
“Bisogna aumentare le retribuzioni al costo della vita. Il momento storico che si sta vivendo non ci fa stare per niente tranquilli. Penso sia arrivato il momento di agire in maniera energica, facendo sentire la nostra voce nelle piazze e nelle istituzioni”, propone.
Dopo il lungo stop alle assunzioni, il personale, a ranghi ridotti anche sotto la pandemia, è “invecchiato negli anni senza avere un turnover di giovani baldi e forti a cui passare il testimone – denuncia la delegata della Fp Cgil Milano -. Saggezza e memoria storica che dovrebbero mettere a confronto il passato e il presente non c’è più”.
Se i concorsi pubblici non aiutano a colmare il deficit con candidati “dal Tevere in giù” che, una volta reclutati e formati, cercano non appena possibile, di riavvicinarsi a casa, la politica “non ha avuto la lungimiranza di controllare quanto personale sanitario si sarebbe allontanato negli anni per pensionamenti e quante figure specifiche di pari passo dovevano essere formate per reintegrare i contingenti di medici, infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali, tecnici sanitari di vario genere affinché venisse garantita nel tempo l’assistenza ad una popolazione sempre più vecchia, che è il target prevalente dei ricoveri ospedalieri”.
L’ospedale Guido Salvini di Garbagnate Milanese prima della riforma del sistema sociosanitario del 2015 aveva 3420 dipendenti e 1600 posti letto ospedalieri, nel 2022, ormai divenuto Asst Rhodense, ne ha rispettivamente 3631, incluso però “il personale assorbito dalla ex ASL Milano 1, e 652 posti letto. “La sanità pubblica non risponde più ai bisogni del cittadino, gioco forza orientato verso il privato accreditato” considera Ventrice.
C’è un aspetto, poi, che in genere viene poco considerato: con l’aumentare dell’età anagrafica (la media è sui 50 anni), le lavoratrici e i lavoratori vedono anche aumentare i possibili limiti all’idoneità fisica, alla movimentazione manuale dei carichi e dei pazienti. “Gli ausili spesso non vengono usati per la fretta e/o per difficoltà strutturali. È anche difficile lavorare in un reparto che ha bisogno di personale presente sulle 24 ore, e non c’è posto per turni di giornata”.
Quello di Ventrice è un crescendo. “Non si riesce a disporre del tempo per effettuare dei monitoraggi e delle valutazioni periodiche sulla capacità degli operatori di applicare le procedure, gestire il rischio e utilizzare le attrezzature di prevenzione e protezione. Gli effetti del lavoro per turni e l’invecchiamento sono disastrosi”.
Di pari passo, “fedeltà e identità aziendale stanno venendo meno, soprattutto con l’allargamento del territorio”. Aumentando i nomi dei responsabili, “fatichi a capire a chi dare ascolto e spesso la comunicazione non arriva per tempo e le informazioni all’utenza arrivano sbagliate” sottolinea la lavoratrice.
Senza tener conto che pure la vita personale incide. Ad esempio, “la maggior parte degli infermieri ha responsabilità assistenziali anche nel contesto famigliare (genitori che invecchiano oppure difficoltà dei figli). Fanno fatica a sostenere un’operatività h24, lo straordinario, le richieste continue di disponibilità e sviluppo delle competenze”. Figurarsi la formazione che, di media, viene programmata nel pomeriggio, magari dopo un turno notturno, o con corsi on line da fare a casa nel tempo libero.
Nello specifico, come se la passano i tecnici della prevenzione ospedalieri? “Diversamente da quando nacque la legge 626/94 sulla sicurezza sul lavoro, oggi abbiamo scarsa soddisfazione lavorativa. Se il Testo Unico (d.lgs. 81/2008) identifica per noi compiti precisi quali l’analisi dei rischi professionali e le azioni correttive, abbiamo scarso riscontro dalla direzione strategica aziendale. Spesso ci chiamano da alcuni reparti perché il materiale sanitario, finanche le garze, non arriva e allora dobbiamo correre a cercarne in prestito da altri reparti. Le gare con la migliore offerta fatte da Aria, l’agenzia regionale per gli acquisti, suscitano lamentele generali, anche per la consegna di materiale di cattiva qualità. Segnaliamo ogni volta l’arrivo di inefficienti dispositivi di protezione individuale ma non abbiamo riscontro alcuno – continua Ventrice -. Elaboriamo i documenti per la valutazione dei rischi sulle attività in appalto (Duvri) senza riuscire poi a vigilare se non dopo la segnalazione di qualche dipendente che ci avverte che non stanno lavorando in Sicurezza. Mentre aumenta il raggio dei Dvr, con la valutazione dei rischi che assorbe realtà lavorative, vedi la medicina di base, le vaccinazioni, le case e gli ospedali di comunità”.
Quindi più carichi di lavoro e meno soddisfazioni professionali? “L’ospedale Salvini nel 1996 aveva investito notevolmente sull’organico per un servizio di prevenzione e protezione dai rischi efficiente, chiamando i tecnici della prevenzione a collaborare, in piena autonomia, con ruolo di vigilanza e ispezione come ufficiali di polizia giudiziaria. Il servizio nei primi anni era composto da 6 tecnici della prevenzione e 2 ingegneri, per coprire i bisogni di valutazione strutturali e tecnico-organizzativi sulle varie tematiche di rischi prevalenti in ambito ospedaliero. Oggi, dopo la legge regionale 23/2015 la Asst copre un territorio più vasto e noi siamo rimasti in 3 tecnici della prevenzione, 1 tecnico non sanitario, 1 amministrativo, fatto diventare addetto al servizio di prevenzione e protezione (Aspp). Il nostro ruolo è diventato di mera consulenza tecnica”.