Intervista a Lello Tramparulo, segretario Fp Cgil Lombardia
22 nov. 2023 – Lo sciopero generale dello scorso 17 novembre ha coinvolto anche le lavoratrici e i lavoratori della sanità pubblica, settore dove sono previsti i servizi minimi essenziali da garantire. Facciamo il punto con Lello Tramparulo, segretario della Fp Cgil Lombardia.
Com’è andata? “Nonostante la normativa sui servizi minimi essenziali, che di fatto ha ‘costretto’ la maggioranza del personale a prestare servizio nelle strutture sanitarie pubbliche della nostra regione, le molteplici ragioni della protesta di Cgil e Uil sono state capite e condivise. A partire dall’idea, nella bozza della legge di bilancio, di una sanità pubblica come un costo da tagliare invece che una risorsa su cui investire”, risponde il sindacalista.
L’Italia è tra le nazioni europee con la spesa sanitaria pro capite più bassa. “Evidentemente, ed è per noi motivo di grande preoccupazione, c’è chi ancora oggi si ostina a non capire che, ad esempio, la prevenzione e la cura precoce degli eventi morbosi non solo migliorano la qualità della vita delle cittadine e dei cittadini ma producono anche un importante risparmio economico. Come dire: prevenire è meglio che curare”, afferma Tramparulo.
Al momento il popolo paga, oltre le tasse, la sanità privata. “Nel 2022 gli italiani, come riportano i dati, hanno dovuto sborsare oltre 37 miliardi di euro per curarsi, anche con le polizze, presso strutture private. Una scelta obbligata per superare il blocco delle liste di attesa ma non per tutte le tasche. Ovviamente le nostre preoccupazioni sono rivolte principalmente proprio alle fasce deboli, a chi non è nelle condizioni di pagarsi esami e terapie – evidenzia il segretario Fp Cgil -. Il mancato potenziamento della sanità pubblica produce già oggi profonde disparità sociali nell’affermazione del proprio diritto alla salute e purtroppo è in aumento la fascia di chi rinuncia alle cure”.
Per la Cgil, difendere il Servizio Sanitario Nazionale è sempre una battaglia di civiltà? “Sempre. Mentre in alcune regioni, a partire dalla Lombardia, registriamo che il modello sanitario pubblico sta diventando ogni giorno più residuale. Si è tanto parlato dell’importanza e della centralità delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità, della loro abnegazione e spirito di sacrificio, delle competenze professionali. Ricordiamo che durante la fase più dura del Covid ci si è spinti a definirli eroi. Ebbene, questa legge di bilancio se ne dimentica, non trovando le risorse necessarie per rinnovare il loro contratto nazionale di lavoro”.
Non volevano essere considerati eroi ma professioniste e professionisti con i loro diritti. “È quanto ancora rivendicano – considera Tramparulo -. Tuttavia nella manovra economica non ci sono stanziamenti né per aumentare il tabellare né sbloccare il salario accessorio. Questo significa che lo stipendio resterà bloccato per tutto il 2024”.
Ma l’anticipo rispetto al futuro contratto nazionale? “Questa decisione del Governo non darà alcuna risposta concreta alla perdita del potere di acquisto causato da un’inflazione a due cifre. È un intervento palliativo, tampone, totalmente inefficace a rendere il lavoro in sanità più attrattivo”.
Cosa serve? “Bisogna fermare la fuga di personale dalle strutture sanitarie pubbliche, rendere più appetibile lavorare nel pubblico attraverso il riconoscimento e la valorizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità. Il contratto nazionale di lavoro va rinnovato, la contrattazione aziendale va liberata partendo dal blocco al tetto di spesa dei fondi che finanziano il salario accessorio. È altrettanto basilare riprendere a contrattare nelle singole aziende l’organizzazione del lavoro, migliorare le condizioni lavorative, premiare l’impegno e la crescita professionale”.
Le carenze di personale sono forse il più grande problema della sanità pubblica. “Questa finanziaria non prevede un piano straordinario di assunzioni nelle strutture sanitarie, come da tempo abbiamo richiesto. Negli ospedali, la carenza di organici costringe le operatrici e gli operatori a carichi di lavoro insopportabili, si accumulano ferie e ore arretrate. Dello stress lavorativo ne può risentire la sicurezza dei pazienti. La risposta del Governo è doppiamente sbagliata, da un lato perché aumenta la spesa sanitaria per l’acquisto di prestazioni da erogatori privati, dall’altro prevedendo di pagare di più chi lavora ancora di più. Non è questa la soluzione a un sistema che sta implodendo!”.
Nello specifico, sul Sistema sanitario lombardo? “Lo sciopero, nella nostra regione, è stata anche l’occasione per mettere al centro della discussione, nelle assemblee preparatorie con le lavoratrici e i lavoratori, gli effetti negativi del modello di welfare lombardo. Abbiamo riscontrato che sono ben consapevoli dell’impoverimento delle strutture pubbliche, in particolare della medicina territoriale e di prossimità. Da Palazzo Lombardia hanno tanto decantato la riforma sanitaria regionale ma, ad oggi, non sono ancora state aperte tutte le case e gli ospedali della comunità, mentre sono in pesante affanno i servizi di emergenza urgenza, a partire dai pronto soccorso più periferici, i servizi di salute mentale, i consultori e i servizi per le tossicodipendenze. Come Fp Cgil Lombardia, insieme alla Confederazione e allo SPI, il sindacato Pensionati – prosegue Tramparulo -, abbiamo deciso di sostenere il referendum abrogativo – siamo tra i componenti del Comitato Promotore – di quella parte delle norme regionali in cui viene esplicitamente messa in discussione la conduzione del sistema sanitario regionale e il rapporto tra il pubblico e il privato. Facciamo parte della rete di soggetti del Comitato promotore. Questo referendum è strategico e sarà un nostro puntello per scardinare il modello lombardo dell’equivalenza tra sanità pubblica e sanità privata e del rapporto tra pubblico e privato. Come noto, contro la bocciatura della proposta referendaria da parte della maggioranza di centrodestra del Consiglio Regionale, abbiamo presentato ricorso al Tribunale ordinario di Milano lo scorso 30 ottobre. Insomma – conclude – la lotta va avanti a tutto campo, a livello lombardo e nazionale, per i diritti di chi lavora in sanità e per il diritto alla salute da esigere per tutte le persone”.