La Fp Cgil Bergamo, con Laura Vecchi, valuta, sulla base dei dati Inps, il calo dei dipendenti delle amministrazioni locali dal 2014 al 2022, che ancora prosegue, e il cambio di paradigma per cui lavorare negli enti di prossimità non è più una meta ambita
28 feb. 2024 – “I Comuni orobici fanno fatica ad assumere personale e a trattenerlo. Nella nostra provincia, il rapporto tra numero di lavoratrici e lavoratori comunali e numero di abitanti è di 1 a 221, quando in Lombardia è di 1 ogni 170 e in Italia di 1 ogni 126. Abbiamo un problema!”. Laura Vecchi della Fp Cgil Bergamo, sulla base dei dati Inps, da poco aggiornati al 2022, riflette sul cambio di paradigma che stanno attraversando, dal 2014, gli enti locali del territorio, per cui “lavorare in questi enti di prossimità a cittadine e cittadini, non è più appetibile”.
Perché? “Le condizioni di lavoro si sono complicate e appesantite in ragione del personale che manca e di quello andato in pensione senza essere debitamente sostituito. Gli stipendi dal 2014 al 2022 negli enti locali sono rimasti sostanzialmente livellati all’inflazione, al 13%, per cui di fatto non hanno avuto incrementi – risponde Vecchi -. La vita costa cara, si lavora troppo e pure senza la certezza di avere un affiancamento e la formazione che serve, le misure di conciliazione vita-lavoro sono inadeguate, le possibilità di carriera scarse: per questo chi vince un concorso spesso rinuncia all’assunzione e guarda altrove, oppure si dimette presto”.
Ma nelle Pa non ci sono state evoluzioni positive? “Negli 8 anni considerati, le amministrazioni locali (che vanno dai Comuni alle Comunità montane, alla Provincia e alla Camera di Commercio, ecc.) hanno perso 162 lavoratrici e lavoratori (da 6.448 a 6.286), un patrimonio professionale che non ha trovato adeguato ricambio. Ed è preoccupante sapere che, nei prossimi dieci anni, andrà in pensione almeno un terzo dei dipendenti – rileva la sindacalista -. Per le carenze di personale ha avuto il suo peso il blocco, dal 2009 al 2020, delle assunzioni, e il concomitante salire dell’età media dei dipendenti, con il 46% delle lavoratrici e dei lavoratori dai 55 anni in su. Certo, poi c’è stato un allentamento normativo e il portale unico INPA ha semplificato la ricerca dei concorsi e mobilità tra enti, ma ormai i danni erano stati fatti e il fenomeno di ‘esodo’ dalle Pa, oltre che tra i suoi diversi enti e comparti preoccupa”.
Una via per invertire la rotta? “Fare tornare attrattivi gli enti locali come posto di lavoro non è solo una sfida ma anche una necessità, se vogliamo salvaguardare i servizi pubblici come bene della collettività. Uno degli aspetti centrali è l’organizzazione del lavoro e, quindi, il benessere organizzativo delle lavoratrici e dei lavoratori. E valorizzarli, perché appunto, rappresentano un valore pubblico che deve ritrovare tutta la sua dignità – afferma Vecchi -. Se il contratto nazionale può colmare la disparità di trattamento tra enti locali e altri comparti pubblici, la contrattazione decentrata potrebbe intervenire sul piano retributivo se non ci fosse il tetto normativo al fondo del salario accessorio che ingessa i possibili stanziamenti degli enti locali e scarica di fatto sul bilancio degli enti il problema”.