Dopo la decisione della Giunta Rapinese di chiudere due asili nido di quartiere, si alza l’asticella della lotta sindacale. Macrì (Fp Cgil): “Nella storia della nostra città i servizi pubblici 0-3 anni sono un’eccellenza da preservare e le lavoratrici e i lavoratori si sentono parte di questa storia”
19 mar. 2024 – Indetto lo stato di agitazione unitario delle lavoratrici e dei lavoratori degli asili nido comunali di Como.
“Ieri sera abbiamo organizzato un’assemblea con le educatrici, le cuoche, il personale ausiliario dei nidi. C’erano una sessantina di lavoratrici e lavoratori e all’unanimità hanno deciso di alzare il livello della protesta nei confronti dell’amministrazione che vuole chiudere i nidi di via Passeri e di Monte Olimpino”, racconta Stefania Macrì, segretaria della Fp Cgil comasca.
Perché queste chiusure? “Il sindaco Alessandro Rapinese ha in mente una riorganizzazione, una razionalizzazione dei servizi per cui si aumentano i posti a parità di costi. Ma non è esattamente così che funziona – risponde Macrì – e ce lo hanno ricordato le lavoratrici e i lavoratori nell’assemblea di lunedì 18 marzo. I nidi pubblici, a Como, erano un fiore all’occhiello della città, servizi all’avanguardia, a gestione capillare, che hanno fatto scuola insieme a quelli dell’Emilia Romagna, con cui c’è stata un’influenza sinergica reciproca. La storia dei nidi pubblici comaschi, durata 40 anni, ha dato molto alla nostra comunità, e il personale si sente parte di questa storia”.
Cosa servirebbe per cambiare passo? “Già solo assumere 5 figure educatrici consentirebbe di tenere aperti i due plessi di quartiere per il servizio pubblico 0-3 anni, evitando accorpamenti che interrompono la prossimità e la continuità educativa per le bambine e i bambini – considera la sindacalista -. Con lo stato di agitazione, rivendichiamo anche di assumere personale ausiliario e di cuoche per rafforzare complessivamente il servizio pubblico dei nidi e a maggior ragione potendolo fare con lo sblocco delle assunzioni avvenuto nel 2016”.