Zecca (Fp Cgil Lombardia): “È urgente andare alle radici del fenomeno che, a mio avviso, sta soprattutto nella perdita del patto sociale tra cittadini e istituzioni, che include la relazione di fiducia tra il medico e il paziente”
3 ott. 2024 – “Le scuole di specializzazione per la medicina di emergenza urgenza vanno deserte, quindi la domanda che dobbiamo porci è: tra qualche anno chi farà questo lavoro?”. Così Bruno Zecca, medico di pronto soccorso e segretario Fp Cgil Lombardia Medici e Dirigenti Ssn, intervistato al programma tv “Buongiorno Regione”, in un servizio dedicato alle aggressioni continue al personale sanitario [dal minuto 14, mentre l’intervento di Zecca inizia dal min. 19,40 – ndr].
E da quest’ultimo punto partiamo.
“Questi fenomeni stanno aumentando in Lombardia come nel resto del Paese. Solo l’arrivo del Covid li ha temporaneamente stoppati ma erano già, purtroppo, da prima del 2019”, ci ribadisce.
Rispetto alle misure antiviolenza previste dal recente decreto legge 137/2024?
“Come ho già detto, non basta guardare il termometro che misura che la febbre alta, bisogna capire quali ne sono le cause. Il nostro servizio sanitario è malato, da tempo come Fp Cgil rivendichiamo che dobbiamo prendercene cura – risponde Zecca -. Dunque, poiché le aggressioni verso medici e infermieri stanno aumentando è urgente andare alle radici del fenomeno che, a mio avviso, sta soprattutto nella perdita del patto sociale tra cittadini e istituzioni, che include la relazione di fiducia tra il medico e il paziente: questo legame fondamentale si è spezzato e va ricostruito. Non credo che gli interventi previsti dal decreto legge dello scorso 1° ottobre possano contribuire a farlo, la mera logica securitaria non risolve i problemi della sanità”.
Trovata la causa, trovate le soluzioni?
“Di certo la carenza di medici e di professionalità sanitarie, a tutti i livelli, è uno dei temi cruciali cui far fronte. Gli ospedali presidiati dalle guardie ma senza personale non serviranno. Siamo in pochi, con sempre più carichi di lavoro, stanchezza, tensioni. Ed è un vero peccato che verso queste professioni stia crescendo il disinteresse, perché il nostro è un lavoro che sa dare grandi gratificazioni, com’è per ogni persona che rimettiamo in salute. Va da sé che, oltre che un peccato, questa carenza di operatrici e operatori è un’emergenza per la nostra regione e il nostro Paese, se non si agisce tempestivamente per invertire il trend. La sanità pubblica, con le sue lavoratrici e lavoratori, va messa nelle condizioni di lavorare in modo adeguato, in modo da tornare anche attrattiva per le nuove generazioni – prosegue Zecca -. Quindi serve una politica occupazionale mirata e un’organizzazione del lavoro più efficace che, con le nuove assunzioni, consenta anche una distribuzione ottimale dei carichi e una conciliazione migliore con i tempi della propria vita personale. Questo sarebbe già un ottimo punto di partenza per prevenire e contrastare il fenomeno delle aggressioni, insieme a un attento monitoraggio delle diverse situazioni e alla formazione”.