L’intervento di Federica Traspadini, coordinatrice regionale assistenti sociali del Ssn all’assemblea Fp Cgil Lombardia del 18 ottobre
24 ott. 2024 – Federica Traspadini, di recente nominata coordinatrice Fp Cgil Lombardia degli assistenti sociali del Ssn, ha sempre lavorato nella sanità pubblica, in vari servizi, passando dal consultorio al servizio dipendenze alla vigilanza, con anche “un po’ di ore prestate alla psichiatria”, e da poco, “dopo un periodo divisa a metà tra due servizi”, opera al Pua, il punto unico di accesso della Casa di Comunità di Crema.
A fronte della sua esperienza, il primo tema che pone è quello delle carenze di personale, a causa delle quali le operatrici e gli operatori, si assumono “anche il compito di rispondere alle esigenze dei nuovi servizi che nel frattempo sono partiti”.
Ma subito dopo evidenzia l’importanza del suo ruolo come delegata Rsu della Fp Cgil Cremona, iniziato tre anni fa. “L’impegno come Rsu è sicuramente uno stimolo anche ad approfondire degli aspetti della propria professione e cercare di farne valere la specificità nell’ambito di lavoro”. A partire dai tavoli di trattativa aziendale dove, ad esempio in merito ai bandi per posizioni di coordinamento, per posizioni organizzative, bisogna non precludere ma aprire alla possibilità di partecipare anche agli assistenti sociali, “perché altrimenti rimaniamo sempre tagliati fuori”.
Traspadini insiste sulla “specificità della nostra professione. Siamo una professione ordinistica, operiamo con un’autonomia tecnico-professionale non solo nelle fasi dell’intervento di prevenzione, sostegno e recupero a favore delle persone, delle famiglie e dei gruppi delle comunità, ma abbiamo anche compiti di gestione, concorriamo all’organizzazione e alla programmazione, possiamo esercitare attività di coordinamento e anche di direzione di servizi sociali. Questa è la nostra natura”.
Qual è il problema?
“Che c’è una pratica, una storia che non corrisponde a quello per cui noi siamo formati e nasciamo”.
Gli assistenti sociali sono nel Servizio sanitario nazionale da quando è stato istituito.
Facendo una “carrellata”, Traspadini cita il loro lavoro nelle Ats, “agenzie di governance territoriale per la tutela della salute, quindi con attività di programmazione, attività di vigilanza nelle strutture sociosanitarie, attività di promozione di reti territoriali”, negli Irccs, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nelle Asst, “in tutti i servizi di erogazione di attività di cura, di riabilitazione. Penso alle dipendenze, alla salute mentale, ai consultori. All’interno delle Asst ci occupiamo anche di collaborare alla costruzione dei Ppt, i piani per la programmazione territoriale – specifica la sindacalista -. Noi siamo presenti come elemento che assicura funzioni socio-sanitarie, quindi operando ai vari livelli: sociale, socio-sanitario e sanitario sono delle anime complementari dei servizi erogati”.
La salute è un termine ampio, è “anche una capacità di adattamento, una capacità di autogestirsi di fronte alle nuove sfide sociali”. E i determinanti sociali, che includono salute fisica e mentale, lo stile di vita e le “condizioni ambientali, lavorative, culturali, economiche in cui la persona si trova a vivere”, sono l’ambito “in cui il servizio sociale opera per sostenere il cittadino, per promuovere un cambiamento a livello della società”. Ma il servizio sociale è “come se non avesse voce”.
Il punto critico è il ruolo dell’assistente sociale anche nella Casa di comunità è lasciato ai margini, “non c’è una valorizzazione della nostra figura professionale”. Nemmeno è presente una sezione dedicata nella cartella informatizzata, il lavoro dell’assistente sociale del servizio sanitario non è rilevato . È incombenza di ogni lavoratrice o lavoratore tenersi dei report, relazionare il lavoro fatto, “altrimenti questa cosa non è contemplata”. E si orientano i cittadini ma facendo riferimento a risorse in capo ad altri.
D’altra parte, nei nuovi servizi come ad esempio i Pua delle Case di Comunità, è prevista la presenza dell’Assistente Sociale dei Comuni e Ambiti, si parla di valutazione multidimensionale integrata senza che siano definiti e normati i confini e le competenze in sovrapposizione con l’Assistente Sociale della sanità.
Traspadini mette in risalto la grave carenza di assistenti sociali, ci sono comuni scoperti dove il servizio sociale non c’è. “Anche in sanità abbiamo avuto un periodo di grave difficoltà perché eravamo sotto organico, quindi con carichi di lavoro dove facevi fatica a reggere – denuncia -. All’interno della Casa di comunità collaboriamo. Nessun dubbio sulla rete, sulla multiprofessionalità, sulla condivisione con altre professioni – rimarca -, ci mancherebbe altro. Ci confrontiamo e condividiamo anche con queste nuove figure, come ad esempio l’infermiere di famiglia e di comunità”.
La vera integrazione tra professionalità avviene però quando ognuna è adeguatamente valorizzata.
Un altro vulnus toccato da Traspadini è la possibilità, prevista dalla legge 251/2000, “anche se in forma provvisoria, di accedere alla direzione dei servizi sociali”. Possibilità che non ha mai sfiorato la Lombardia, rispetto ad altre regioni. E questo impatta sulla motivazione degli assistenti sociali, perché avere delle prospettive di carriera è sempre una leva importante. A maggior ragione se, con la laurea specialistica, ci si è iscritti anche a qualche master e però “si rimane sempre nello stesso livello”.
Peraltro, per l’assistente sociale, tra mondo universitario/formativo e mondo del lavoro “è presente una frattura”, mentre i primi dovrebbero offrire opportunità di evoluzione professionale, non limitarsi al conseguimento di crediti. Qui Traspadini riconosce l’impegno dell’Ordine nazionale e di quello regionale nel “creare tutte le connessioni possibili” per la valorizzazione professionale.
Ma questo impegno va affiancato anche alla lotta sindacale.
“Occorre che ci pensiamo di più come una comunità professionale che si muove a livelli diversi, che non sono una contrapposizione, sono la forza della nostra professione. L’invito che io faccio è che più siamo forti, più siamo uniti, più siamo in grado anche, con l’aiuto del sindacato, della Cgil, di dialogare con le istituzioni, di dialogare con le regioni, di dialogare con la parte politica. Se siamo tutti sfilacciati non è possibile, perché non riusciamo ad incidere, non riusciamo neanche a raccontare il valore della nostra professione. Questa è una sfida”, sottolinea. Da cogliere anche con “una comunicazione nuova, per far capire davvero la bellezza della nostra professione”.
Guardando poi alle elezioni Rsu del 2025 in ambito sanitario Traspadini afferma: “L’assistente sociale non deve avere paura di questo impegno a favore di una propria tutela e di una propria valorizzazione. Occorre essere presenti sui tavoli delle trattative aziendali”. L’appuntamento delle Rsu “è un’occasione anche di crescita, di acquisizione di informazioni. Ne va proprio della tutela nelle singole aziende del servizio sanitario regionale”.