L’intervento di Loredana Carli, assistente sociale del Comune di Milano, all’assemblea Fp Cgil Lombardia del 18 ottobre
24 ott. 2024 – La professione dell’assistente sociale è riconosciuta “come una professione ad elevata qualifica, anche se poi l’aspetto retributivo non corrisponde al riconoscimento di questa elevata qualifica. Probabilmente, la battaglia a livello di valorizzazione economica dovrà essere fatta più a livello sindacale”.
Così Loredana Carli che lavora in un servizio sociale territoriale del Comune di Milano ed è delegata Rsu per la Fp Cgil, all’assemblea organizzata dalla categoria regionale lo scorso 18 ottobre, approfittando della presenza della Presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali di Regione Lombardia, Manuela Zaltieri, e della Consigliera nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali, Laura Paradiso e, pertanto, cogliendo le stesse istanze di valorizzazione professionale per cui si impegna l’Ordine.
Un secondo punto toccato da Carli riguarda la presenza di due albi: “un albo A e un albo B”. Molte colleghe sono rientrate giustamente e in automatico nell’albo A grazie a una sanatoria che ha riconosciuto i loro anni di esperienza professionale. “Sono anche dell’idea che valga più la pratica della grammatica. Quindi anche persone che hanno conseguito quello che era allora il DUP (diploma universitario professionale – ndr) ma che hanno una marea di anni di esperienza” è corretto siano equiparate a chi ha una laurea magistrale.
Tuttavia, per chi non è rientrato in questa sanatoria, la situazione è diversa. Bisogna sostenere un ulteriore esame di Stato per entrare nell’albo A, con un costo che si aggira intorno ai 500 euro. “Questa cosa, secondo me, è un po’ discutibile rispetto al fatto che siamo una professione a elevata qualifica, con una retribuzione molto discutibile, e che però deve sostenere due esami di Stato per rientrare nell’albo A, con appunto dei costi che non sono proprio bassi”, rileva.
Un altro tema posto dalla delegata è “il ruolo dell’Ordine quando ci sono delle denunce da parte del cittadino”. È importante che l’Ordine garantisca che i professionisti svolgano la loro attività in modo corretto, tuttavia “ci sono molte situazioni dove colleghe che hanno ricevuto delle denunce sono entrate in uno stato di ansia non tanto per la denuncia da parte del cittadino ma per l’inquisitoria che è scattata da parte dell’Ordine”. Carli chiede pertanto all’Ordine, rispettandone il ruolo di supervisione, una riflessione su questo aspetto, che mette sotto pressione le assistenti sociali più del “dover raccogliere tutte le memorie per dimostrare che quello che si è fatto lo si è fatto correttamente o, se si è compiuto un errore, lo si è compiuto in maniera assolutamente non volontaria”.
Inoltre c’è il codice deontologico che “ci restituisce il diritto a sbagliare perché, prima di essere professionisti, siamo esseri umani, quindi, come dire, non siamo Dio in terra”.