Dall’assemblea della Fp Cgil il confronto sulle problematiche e l’appello alle autorità competenti a “intraprendere decisioni tempestive e mirate per affrontarle”
25 ott. 2024 – Nel territorio bresciano ci sono circa 4.000 persone in esecuzione penale, rispetto alle circa 600 persone presenti nei tre istituti penitenziari di competenza. Le lavoratrici e i lavoratori dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (Uepe) devono rispondere per legge a un incarico professionale di sostegno al reinserimento e controllo del corretto svolgimento delle misure di comunità e messa alla prova.
L’Uepe di Brescia conta 16 assistenti sociali, 7 operatori amministrativi e 8 agenti di polizia penitenziaria, con un carico di circa 200 casi a testa. Inoltre, ci sono 5 assistenti sociali distaccati presso altre sedi, il cui rientro non è ancora previsto. In questo contesto, l’arrivo di 15 nuovi assistenti sociali, previsto tra dicembre e gennaio, potrà migliorare di poco la situazione attuale.
Giovedì 24 ottobre, la Fp Cgil, con la segretaria provinciale Paola Cottali e la coordinatrice regionale Barbara Campagna, ha organizzato un’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Uepe.
Tra i temi affrontati, il mandato professionale, sempre più importante dati i tempi di difficoltà sociale che stiamo attraversando, e il maggior carico di lavoro che le norme, come la legge Cartabia, stanno determinando.
Si è discusso anche della scarsità di spazio per gli uffici, sollevando interrogativi su dove verrà assegnato il nuovo personale e su come si potranno svolgere colloqui senza compromettere la privacy dell’utenza e la serenità delle lavoratrici e lavoratori.
Tutti gli uffici pubblici sono il luogo di accoglienza del cittadino e devono garantire un’immagine decorosa dello Stato sia sotto il profilo dell’agibilità sia sotto il profilo della sicurezza per tutti.
Sostiene Paola Cottali, segretaria della Fp Cgil bresciana: “Queste lavoratrici e lavoratori esercitano una professione difficile, articolata e programmata, intensificata dai tempi che stiamo vivendo, e ci domandiamo come possano esprimere la loro alta professionalità sociale senza risorse o luoghi idonei ad esercitarla”.
Burocrazia, lentezza e rassegnazione rischiano di danneggiare non solo il servizio sociale penitenziario, ma la società tutta, considerando che l’intervento sociale sulla persona, nei fatti, non è più prioritario a causa di tutte le incombenze burocratiche che gravano sugli assistenti sociali, in primis l’informatizzazione e registrazione di ogni azione da parte di questi operatori, con reti spesso rallentate ed evidentemente inadeguate al corposo carico di dati da inserire nel tempo.
“Quanto succede in questo territorio è visibile in tutte le strutture lombarde, gravate soprattutto da pesanti carichi di lavoro causati da leggi concentrate sul carcere, ma anche di strutture inadeguate, reti informatiche insufficienti e mancanza di personale per l’attività informatica a carico degli operatori sociali -, afferma Barbara Campagna della Fp Cgil Lombardia –. Ogni assistente sociale sta svolgendo un intervento di salvaguardia sociale, ma di fronte a tale sproporzione fra organico e utenti, fra mandato professionale e richiesta istituzionale, il benessere psicofisico delle lavoratrici e dei lavoratori, che comunque continuano ad agire, è messo a dura prova”.
La Fp Cgil Brescia e della Lombardia richiedono alle autorità competenti di “intraprendere decisioni tempestive e mirate per affrontare le problematiche attuali e garantire il supporto necessario a imputati, condannati e alle loro famiglie, per migliorare le condizioni di lavoro del personale e promuovere una vera sicurezza sociale, fatta di prevenzione, inserimento sociale e non di repressione. Anche da queste realtà operative – proseguono Cottali e Campagna – dipende la sicurezza collettiva, anche da loro si misura uno stato democratico che profila scenari futuri di integrazione o di emarginazione”.