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Dal coordinamento nazionale della Fp Cgil Nazionale l’appello di Giuseppe Borgosano: “Accettare compromessi al ribasso significa considerarci di Serie B, in un’Italia che gioca al ribasso”
17 feb. 2025 – “Non siamo macchinari, ma persone con sogni e speranze”. Così Giuseppe Borgosano, operatore socio sanitario presso l’Asst Nord a Milano, al coordinamento Oss della Fp Cgil Nazionale, in diretta Facebook, dal titolo “Gli Oss nel ccnl della Sanità Pubblica. Valorizzati o dimenticati?”.
Borgosano ha espresso con passione e risolutezza il proprio disappunto riguardo alla percezione dei lavoratori e delle lavoratrici da parte di chi li governa. Criticando aspramente chi vede gli operatori socio sanitari come semplici “macchinari, numeri, matricole”, ignorando le loro condizioni, rispetto a un lavoro che non logora solo fisicamente (“ci si rompe la schiena”), ma anche emotivamente (“ci si rompe il cuore, la testa”, tra gli altri).
Una lettera accorata al pronto soccorso*
Il lavoratore ha condiviso una lettera scritta in occasione del suo nuovo impegno sindacale a tempo pieno per le Rsu e dedicata al suo amato pronto soccorso. In essa, Borgosano racconta il distacco dalle “corsie segnate dal tempo, dalle notti insogni a lottare contro le malattie”. Del suo “pezzo di cuore” lasciato in un luogo che lo ha profondamente cambiato.
Ricordando colleghi e colleghe, li ha descritti come uomini e donne con le loro vite e difficoltà, spesso nascoste dietro ai pensieri che mettono da parte ogni volta che timbrano l’entrata. Ha rievocato le corse sul linoleum, le confidenze, le tazze di caffè condivise per restare svegli, le parolacce e gli insulti, ma anche i ringraziamenti e i sorrisi, che hanno trasformato il team in “una strana e pazza famiglia”.
L’Oss ha spiegato di aver scelto di diventare sindacalista per “essere lì nelle trattative a ricordare chi siete” e ha motivato il mancato accordo per il rinnovo contrattuale sostenendo che firmare sarebbe stato “come non aver capito la difficoltà di chi lavora per mantenere in piedi un sistema che ogni giorno si accartoccia su sé stesso”.
Un appello alla dignità
Borgosano ha ribadito con forza che accettare compromessi al ribasso significherebbe considerare i lavoratori e le lavoratrici “di Serie B, in un’Italia che gioca a ribasso”. E ha concluso la lettera promettendo di portare la loro voce nelle piazze e chiedendo pure scusa “per chi da una scrivania decide le vostre vite e il vostro valore”, perché “non sanno chi siete”.
L’importanza dell’emozione nel lavoro sindacale
Borgosano ha anche evidenziato come il sindacato debba portare avanti le emozioni dei lavoratori e delle lavoratrici, spesso dimenticate da chi prende decisioni. “Il nostro lavoro è fatto di emozioni” ha detto, aggiungendo che “questi contratti al ribasso, queste delusioni che abbiamo nel cuore ci stanno togliendo l’emozione e tolta l’emozione dal nostro lavoro, questo perde il suo significato reale”. Pertanto, la sua promessa è che lotterà per far sentire questa emozione a chi siede dietro una scrivania e decide il futuro degli Oss.
La necessità di “amarsi”
Il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze dell’operatore socio-sanitario restano, naturalmente, fondamentali. Ricordando le difficoltà incontrate agli inizi della professione, Borgosano ha sottolineato come le competenze degli OSS fossero spesso sconosciute o sottovalutate. “Io mi ricordo quando sono nato come Oss, mi chiedevano che lavoro fai? L’Oss. E cos’è?”. Da qui l’appello all’orgoglio e alla consapevolezza del proprio valore: “Siamo noi Oss che per primi dobbiamo amarci, ricordiamocelo, perché spesso io incontro Oss che vorrebbero essere infermieri o Oss che si spacciano per infermieri. Dobbiamo imparare ad amarci noi. Prima di tutto, non per forza dobbiamo diventare un infermiere. Noi siamo Oss. Punto”.
* Di seguito la lettera di Borgosano:
“Caro pronto soccorso, oggi la mia strada mi porta lontano da te, lontano dalle corsie segnate dal tempo, lontano dalle notti insonni a lottare contro le malattie. Lascio un pezzo di cuore in un luogo che senza accorgermene mi ha cambiato e forse anche lui un po’lo è. Il mio cuore rimarrà lì, con i miei colleghi, nelle loro divise verdi illuminate dalla luce dei neon. Quante avventure insieme! Abbiamo combattuto la stanchezza, la rabbia, affrontando spesso l’ignoto, anche quando il mondo si fermava. Se solo potessi raccontare chi siete, quanto grande sia il vostro cuore, se solo chi decide comprendesse che dentro quelle pantofole ci sono uomini e donne con le loro vite, le loro difficoltà, spesso nascoste dietro pensieri che, ogni volta che timbriamo un’entrata, lasciamo da parte per gestire la vita degli altri. Quante giornate passate a correre su linoleum, stanchi e sfiniti, scambiandoci confessioni e perplessità. Quante tazze di caffè abbiamo bevuto, cercando di rimanere svegli. Parolacce e insulti, ma anche ringraziamenti e sorrisi, abbiamo imparato a gestire. Siamo diventati una strana e pazza famiglia. Mi mancherà quel pronto soccorso affollato, le voci, le follie che ci accompagnano ogni giorno.
Ho scelto questa strada perché amo profondamente il mio lavoro e le persone con cui ho condiviso ogni giorno, portando avanti un sistema che, troppo spesso, si dimentica di noi e delle nostre vite. Ho scelto di diventare sindacalista perché voglio essere lì, nelle trattative, a ricordare chi siete e che nessun aumento o miglioramento potrà mai rendere giustizia al vostro valore. Vi dico io perché non abbiamo firmato quel contratto: in quell’inchiostro c’è tutto il sudore, la fatica e la stanchezza dei miei colleghi, conosciuti e sconosciuti. Firmare sarebbe stato come non aver imparato nulla in questi 17 anni, come non aver capito le difficoltà di chi lavora per mantenere in piedi un sistema che, ogni giorno, si accartoccia su se stesso. Dire che avete lavorato per accettare quattro spicci è un insulto alla vostra dignità, alle vostre fatiche. Accettare ancora una volta un compromesso a vostre spese sminuendo la vostra professionalità sarebbe accettare che veniate considerati lavoratori di serie b in un italia che gioca al ripasso. Cari colleghi, vi prometto che ci sarò; ci sarò in tutte le piazze stringerò tra le mani la mia bandiera e urlerò più forte, perché nella mia voce ci sarà anche la vostra. Vi chiedo scusa, se posso, per chi, da dietro un vetro, decide delle vostre vite e del vostro valore. Vi chiedo scusa perché non sanno chi siete. Firmo questa lettera con la stessa convinzione che la strada proposta non basti più. Firmo questa lettera perché io so chi siete. Grazie a Ilaria, Andrea, Simone, Enrico, Sasà, Cosmin, Ciro, Chiara m., Marika, Silvia, Antonio, Cristina, Mattia, Alessandra, Gabrio, Ezio, Manu, Rosa, Nicola, Antonio, Federica, Francesca, Annamaria, Chiara C, Francesco, Ecaterina, Noemi, Milena, Rosalia, Giuseppe, Zhaneta Umberto, Gaetano, Gabriele, Alessio, Marco, Filippo, Adriana, Edmonda, Aster, Tiziana, Silvia. E per l’ultima ma non meno importante la mia caposala Ilaria. E a tutti i lavoratori di cui non conosco il nome. Per qualcuno solo nomi su un foglio bianco…per me e CGIL il vero testo di un contratto. Grazie colleghi, sempre e per sempre, un OSS fiero di noi”.