
Intervista a Nadia Lazzaroni, segretaria Fp Cgil Brescia
28 feb. 2025 – Dopo il convegno organizzato dalla Fp Cgil di Brescia e dalla Camera del Lavoro agli Spedali Civili, incentrato sulla conciliazione tra vita privata e lavoro nel settore sanitario, abbiamo intervistato Nadia Lazzaroni, segretaria della Fp Cgil di Brescia, per fare il punto sulle problematiche trattate
Partiamo dal titolo del convegno: “Il valore del tempo”. Che cosa significa conciliare vita e lavoro in un ospedale e quali sono le principali difficoltà che incontrano le lavoratrici e i lavoratori in corsia?
“Il concetto di conciliazione tra vita e lavoro in ospedale non è più solo una questione di benessere individuale, ma una vera e propria necessità organizzativa. Le donne, che nel settore sanitario rappresentano una percentuale schiacciante – al nostro ospedale, gli Spedali Civili di Brescia, parliamo di 5.300 donne su 7.000 dipendenti – sono spesso costrette a bilanciare le loro responsabilità professionali con quelle familiari. Questo doppio fardello è sempre stato un ostacolo per la realizzazione di politiche efficaci di conciliazione. Inoltre, la presenza crescente di donne over 50, molte delle quali in situazione di precarietà o con figli piccoli, aggrava ulteriormente la difficoltà di gestire un orario di lavoro che è sempre più pesante e sfidante”, risponde Lazzaroni.
Che ruolo hanno le politiche di conciliazione in ospedale, considerando la realtà che si vive ogni giorno?
“L’Ospedale Civile è femmina. Questa affermazione non è una provocazione, ma una realtà, come dicevo prima. Gli Spedali Civili di Brescia hanno circa 7.000 dipendenti, di cui 5.300 sono donne. La difficoltà di conciliazione si intensifica con l’età media alta e con la necessità di garantire cure h24. Le politiche di conciliazione devono fare i conti con strutture ancora troppo rigide. Ad esempio, i congedi parentali, sebbene previsti, sono troppo limitati e le strutture per l’assistenza ai bambini non sono ancora adeguate. Oggi assistiamo a un’ulteriore difficoltà: i parcheggi degli ospedali diventano luoghi dove i bambini vengono trasferiti da una macchina all’altra mentre i genitori sono in turno. L’ospedale deve diventare un ambiente che non solo curi, ma che rispetti e supporti chi vi lavora. Serve un’infrastruttura che risponda alle esigenze familiari delle lavoratrici, inclusi asili nido o strutture di accoglienza che consentano una gestione più serena del lavoro e della famiglia”.
Quali soluzioni concrete propone la Cgil per migliorare questa situazione e rendere più inclusiva l’organizzazione del lavoro in ospedale?
“Innanzitutto, è essenziale che si modifichi il sistema degli orari di lavoro, che al momento non è adeguato alle necessità reali delle lavoratrici e dei lavoratori. Proponiamo una gradualità nel rientro dopo la gravidanza, che eviti frustrazione e insoddisfazione per chi si trova a dover gestire il ritorno al lavoro dopo una lunga assenza. Un’altra misura fondamentale riguarda la possibilità per tutti coloro che hanno carichi familiari pesanti – che si tratti di figli o genitori anziani – di avere accesso a forme di lavoro part-time, che permettano di ridistribuire il proprio tempo senza dover rinunciare al lavoro stesso. Chiediamo anche che venga rivisitato il concetto di pianta organica, che oggi non risponde alle reali esigenze delle strutture sanitarie, come il nostro ospedale, che deve garantire servizi sulle 24 ore. È necessario pensare anche a soluzioni che includano la possibilità di accesso a strumenti di supporto per la cura dei figli, come i congedi parentali estesi e le strutture adeguate ad accogliere i bambini”.
Qual è, quindi, il ruolo del sindacato in questo processo di cambiamento?
“Il suo compito è cruciale: essere la voce di chi, ogni giorno, lotta per conciliare la propria vita con il lavoro. Delegate e delegati sindacali sono, infatti, le persone che ascoltano le necessità di colleghe e colleghi e che si espongono per difendere i diritti di tutti. Il nostro obiettivo non è solo denunciare le criticità, ma anche proporre soluzioni concrete che rispondano alle singole esigenze, senza lasciare indietro nessuno, a partire dalle donne, spesso penalizzate nel lavoro di cura. Abbiamo bisogno di un cambiamento radicale, che renda il settore sanitario più umano, più equo e più attento alle persone.”
È servito il Piano nazionale di ripresa e resilienza?
“Purtroppo, il Pnrr, pur avendo rappresentato un’occasione importante per investire nel settore sanitario e migliorare le politiche di conciliazione, non ha prodotto risultati significativi. C’è una resistenza culturale che ancora considera la conciliazione un problema ‘femminile’ o, peggio, ‘personale’, piuttosto che un diritto collettivo. Inoltre, le lavoratrici precarie, che non hanno accesso alle stesse tutele e diritti delle lavoratrici con contratto stabile, sono le più penalizzate. Se vogliamo veramente cambiare le cose, è necessario che la politica ascolti le esigenze reali del personale e metta in campo soluzioni strutturate, che non siano solo promesse, ma azioni concrete”.
Il lavoro sanitario è in crisi, prospettive di futuro?
“Il futuro dipenderà dalla capacità di creare modelli organizzativi più inclusivi, che rispondano alle esigenze di tutte le lavoratrici e i lavoratori della sanità, ma anche dei pazienti, sempre più anziani e con bisogni complessi. La sfida più grande è quella di costruire un sistema che non solo migliori la qualità del lavoro, ma che rafforzi anche la qualità dell’assistenza sanitaria. In questo senso, il sindacato continuerà a essere un attore fondamentale, portando avanti battaglie per un sistema sanitario pubblico più forte, più equo e più umano. La Fp Cgil è con tenacia in prima fila in questo percorso”, chiude Lazzaroni.
Alcuni scatti fotografici del convegno