
“C’è bisogno di sindacato, c’è bisogno di Cgil”
7 mag. 2025 – Di origini calabresi, 28 anni ancora per 2 settimane, due lauree conseguite all’Università degli Studi di Milano, una in Scienze politiche e l’altra in Scienze storiche (con uno specifico interesse per la storia contemporanea e il pensiero politico, si è occupato di neofascismi), Pietro Scalzo è stato nominato, sotto le elezioni Rsu da poco chiuse, coordinatore regionale Fp Cgil Lombardia per il Ministero della Cultura.
Si definisce innanzitutto un “militante nella Cgil”, avendo appreso il senso della militanza già nell’organizzazione studentesca Link, con “l’idea dell’andare avanti insieme e quindi della centralità del luogo in cui si spende gran parte della propria vita, di un ambiente che non solo ti difende, ma in cui si vive una realtà collettiva”.
E lavora alla Pinacoteca di Brera, in particolare come assistente al pubblico, alla fruizione, accoglienza e vigilanza alla Biblioteca Nazionale Braidense
Cosa ti ha motivato ad assumere questo ruolo sindacale oggi, in una fase così complessa per il mondo della cultura e del lavoro pubblico?
“Proprio il fatto che la fase sia così complessa, mi spinge a voler dare il mio contributo, insieme alle compagne e ai compagni della Cgil, per migliorare, per navigare in questo mare, volendo usare una forma un po’ poetica – risponde -. Le sfide sono tante, sia per quanto riguarda il lavoro pubblico, che in Italia subisce attacchi da ben prima che io entrassi nel mondo del lavoro e oggi sono sferrati a cadenza quasi quotidiana, sia per il mondo della cultura, un mondo meraviglioso ma che molto spesso ormai si trova ad essere gestito secondo logiche che sono diverse da quelle della valorizzazione. E quando parlo di valorizzazione, la intendo del patrimonio e soprattutto delle competenze delle persone che animano questo settore – specifica -. Quindi c’è bisogno di sindacato, c’è bisogno di Cgil. Io nel mio piccolo ho provato a farmi avanti e sono felice che poi si sia pensato a me per questo ruolo. Spero di riuscire a ricoprirlo in una maniera degna”, aggiunge.
Quali sono i problemi principali per chi lavora per il Ministero della Cultura?
“Il primo è che si lavora costantemente in sotto organico. È un dato di fatto, sotto gli occhi di tutte e tutti, ma che viene sempre più accettato come se fosse la normalità. E questa normalità apre spazio a forme contrattuali precarie, che non offrono le stesse garanzie del contratto a tempo indeterminato. Contratti dove le persone ricoprono ruoli fondamentali, con grandi competenze, ma con retribuzioni inferiori rispetto ai colleghi strutturati. Tutto questo è il frutto di un disinvestimento costante nella cultura e nell’impegno pubblico – considera Scalzo -. Il secondo tema è quello stipendiale, questione enorme. Ci portiamo dietro la narrazione tossica dell’impiegato pubblico come privilegiato. Certo, abbiamo delle tutele, che sono frutto di conquiste collettive, ma oggi la battaglia per stipendi giusti va condotta insieme a tutte le categorie delle lavoratrici e lavoratori, pubblici e privati. Ciò è evidente non solo a Milano, dove il costo della vita è altissimo, ma anche in territori dove il potere d’acquisto si è comunque eroso. Parliamo di una battaglia di dignità: riuscire a garantire una vita dignitosa, senza ritrovarsi ogni mese con l’acqua alla gola, alle persone che fanno andare avanti questo Stato e il settore della cultura”.
Quali sono i tuoi obiettivi prioritari da coordinatore regionale Fp Cgil?
“Proseguire il lavoro insieme alle compagne e ai compagni che stanno facendo con me questo cammino per consolidare la forza della Cgil, non solo dal punto di vista dei risultati elettorali delle Rsu ma anche per la capacità di essere riferimento per le lavoratrici e i lavoratori nei posti di lavoro. Il risultato positivo delle Rsu, infatti, è stato un primo passo ma, a volte, è più facile muovere il primo passo che continuare a camminare – afferma -. Adesso devo continuare a camminare per continuare a essere, in questo settore, un punto di riferimento a cui i colleghi e le colleghe possano guardare con fiducia, sapendo che saremo in grado di difenderne gli interessi e di rappresentarli”.
Rispetto ai referendum dell’8 e 9 giugno prossimi?
“Penso che sia la tornata elettorale più importante degli ultimi – quantomeno – 14 anni in Italia, dagli ultimi quesiti referendari sull’acqua pubblica e il nucleare. Sono referendum di valenza politica, e lo diciamo con fierezza, perché bisogna dare un segnale a chi continua ad attaccare il mondo del lavoro. E possono essere l’inizio di una rinnovata stagione di protagonismo del lavoro, con l’obiettivo tenacemente perseguito di riportarlo, con la persona, al centro”.