
Intervista a Nadia Lazzaroni, segretaria Fp Cgil Brescia
30 maggio 2025 – L’iniziativa pubblica “Curiamo il lavoro”, organizzata oggi dalla Fp Cgil e dalla Camera del Lavoro di Brescia, è stata occasione ulteriore di denuncia, ma anche di proposta, per riportare al centro le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori degli Spedali Civili e il diritto alla salute delle persone.
Davanti alla struttura ospedaliera, un gazebo rosso e un presidio aperto al personale della sanità pubblica, alle addette alle pulizie in appalto, al personale delle lavanderie assunto dalle cooperative, alla cittadinanza e alla stampa. Sono emerse le difficoltà del quotidiano: carenze di organici, standard obsoleti, pazienti sempre più complessi, frammentazione del lavoro che cancella tutele e dignità.
Nadia Lazzaroni, segretaria della Fp Cgil di Brescia, ha partecipato alla giornata di mobilitazione insieme a Francesco Bertoli, segretario generale della Camera del Lavoro, e a Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil, tornato a Brescia dopo l’iniziativa “Sanitari, curiamoci di noi”.
Come racconta Lazzaroni, i due dirigenti sindacali, nei loro interventi, hanno offerto una lettura complementare delle criticità emerse.
Bertoli ha denunciato come l’uso esteso degli appalti abbia smontato pezzo dopo pezzo un sistema che un tempo garantiva tutele e dignità.
Vannini ha parlato di una crisi strutturale: la sanità pubblica è sotto pressione, soffocata da tagli e riorganizzazioni che non tengono conto di chi la fa vivere ogni giorno. Serve una risposta corale, dentro e fuori gli ospedali.
Cosa ha significato per voi questa giornata?
“Ha significato che non siamo soli. Che la rabbia può diventare proposta. Che la dignità non si svende. E che nessuno può più ignorare la voce di chi cura – risponde Lazzaroni –. La cura si sta rompendo. E se si rompe il lavoro, si rompe tutto. Abbiamo voluto dare voce a chi troppo spesso non viene ascoltato: operatrici e operatori della sanità, tecnici, addette alle pulizie, personale delle cooperative, chi lavora nella sterilizzazione e nelle lavanderie. In tanti sono precari e sottopagati, tutte e tutti sono affaticati da carichi insostenibili e da una frammentazione che umilia il loro ruolo”.
Cosa significa, concretamente, “curare il lavoro”?
“Significa mettere al centro le persone, prima dei numeri. Non c’è qualità della cura se chi cura è costretto a correre, a supplire alla cronica mancanza di colleghi, a saltare riposi, a fronteggiare una domanda crescente con sempre meno risorse. Le lavoratrici e i lavoratori oggi hanno parlato della frustrazione di non riuscire a fare bene il proprio lavoro, della solitudine. Ma anche della bellezza della loro professione, della voglia di essere riconosciuti. Nessuno chiede miracoli. Chiedono contratti giusti. Organici adeguati. Possibilità di crescita. Benessere organizzativo. Conciliazione reale dei tempi di vita e di lavoro. In una parola: rispetto”.
E il Piano nazionale di ripresa e resilienza? Proprio oggi la Cgil ha chiesto al ministro Schillaci “più fatti”
“Il Pnrr rischia di passare da occasione a illusione. La Missione 6, quella sulla Salute, doveva rappresentare una svolta. Invece siamo qui a raccontare ritardi intollerabili, opere ferme, cantieri mai partiti. Case della Comunità e Ospedali di Comunità sono pochissimi. Gli stanziamenti spesi sono una minima parte. Questo progetto è, in sostanza, fermo. E chi ci rimette sono le persone e chi le assiste”.
Cosa chiedono la Cgil e la Funzione Pubblica?
“Assunzioni. Investimenti. Coraggio politico. Serve un cambio di rotta radicale: basta appalti al massimo ribasso, basta risparmiare sulla pelle di chi lavora. Vogliamo che la sanità pubblica torni a essere un diritto, non un affare per pochi. E aggiungo: tutto quello che abbiamo raccontato oggi – lavoro spezzettato, precarietà, carichi insostenibili, sicurezza negata – sta dentro i quesiti referendari. L’8 e 9 giugno votiamo Sì per dire che il lavoro deve tornare a essere stabile, tutelato, giusto”.