
Sturini (Fp Cgil): “Il malessere è forte e si sente”
4 lug. 2025 – Nella sanità pubblica pavese si consuma quello che potrebbe sembrare un paradosso ma è una disparità dovuta a scelte politiche e gestionali: mentre i reparti di medicina interna, avamposti cruciali per la gestione dei pazienti più complessi, arrancano tra organici insufficienti e turni pesanti, altre strutture, dalla minore intensità assistenziale, hanno più personale.
“Più lavoratrici e lavoratori ci sono, meglio è – chiarisce subito Patrizia Sturini della Fp Cgil Pavia – . Il problema è come vengono distribuite le risorse”.
Con lei facciamo il punto sulla situazione locale.
Qual è il quadro?
“È evidente: gli organici sono sbilanciati. Nei reparti di medicina interna, ad esempio, a Vigevano, ci sono 50 letti sempre pieni, ma solo 20 infermieri e 12 Oss. A Stradella, 25 letti e ancora meno personale: 10 unità infermieristiche e 13 operatrici e operatori sociosanitari. Anche se il tipo di assistenza richiesta e il numero di pazienti sono simili, il personale a disposizione cambia troppo da un ospedale all’altro. Questo vuol dire carichi di lavoro troppo alti, turni pesanti e troppa fatica per chi lavora. Non a caso aumentano le richieste di mobilità o le dimissioni: il malessere è forte e si sente – risponde la sindacalista -. Mentre negli Ospedali di Comunità, come quello di Mede, ci sono solo 7 letti (di cui 5 occupati), ma lavorano 6 infermieri e 9 Oss. Qui, per scelta della Regione, è previsto un tempo più alto da dedicare a ogni paziente. Al contrario, nei reparti come medicina e chirurgia, dove i pazienti sono più gravi e hanno bisogno di assistenza continua, il personale è di meno. E così anche il tempo per ciascuna e ciascuno si riduce, consumandosi tra mille incombenze. È normale, poi, che nessuno voglia andarci a lavorare?”.
Come si cerca di colmare queste lacune di personale?
“L’Asst, non riuscendo a garantire gli standard con personale assunto, pubblica bandi per liberi professionisti, pagandoli 40 euro l’ora. È una scelta costosa e ingiusta: si creano disparità evidenti tra chi lavora stabilmente nei reparti con stipendi più bassi e chi viene chiamato da fuori a condizioni migliori. Un divario – prosegue Sturini – che nemmeno l’ultimo rinnovo contrattuale ha saputo colmare con un dignitoso riconoscimento economico per le lavoratrici e i lavoratori della sanità pubblica, ragion per cui la Fp Cgil quel ccnl non l’ha firmato. Ogni giorno lavoratrici e lavoratori ci chiedono: perché queste ingiustizie nei numeri e nei salari? Un primo importante passo dovrebbe essere la ridistribuzione equa del personale all’interno delle strutture, per alleggerire il peso sui reparti più critici e garantire cure adeguate a tutti. Questo, insieme alla tutela salariale, alla valorizzazione e crescita professionale, alla conciliazione vita-lavoro, e quindi a un vero e dignitoso contratto nazionale, farebbe tutta la differenza. Oltre che far tornare attrattivo lavorare in questo basilare ambito”.