
Intervista a Nadia Lazzaroni, segretaria Fp Cgil Brescia
16 luglio 2025 – Servizi al collasso, personale allo stremo, cittadine e cittadini senza risposte. Nella provincia di Brescia, la crisi dei servizi sanitari e socio-sanitari si sente forte, anche di più in estate. Ne abbiamo parlato con Nadia Lazzaroni, segretaria della Fp Cgil territoriale, che nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme via social.
Hai definito questa un’estate “infuocata” non solo per il caldo. Che succede nei servizi sanitari e socio-sanitari bresciani, pubblici e privati?
“La situazione è estremamente critica. Come in molte altre realtà, anche a Brescia è difficile garantire alle lavoratrici e ai lavoratori le ferie estive previste dai contratti. Nel pubblico si devono assicurare 15 giorni effettivi (che diventano poco più di 20 con i riposi). Nel privato e nei contratti del socio-sanitario, che sono meno favorevoli, si parla invece di 15 giorni di calendario.
Il problema è che, per permettere a chi lavora di andare in ferie tra giugno e settembre (e neppure questo può essere sempre garantito), chi resta in servizio deve coprire tutto il resto: malattie lunghe, aspettative, legge 104, carenze croniche, permessi. Così si saltano i riposi, aumentano i turni, si sforano i limiti contrattuali. Tutto ciò proprio nei mesi in cui la domanda di cura cresce: con le ondate di calore, persone anziane e fragili rischiano la vita per disidratazione e le persone oncologiche o con patologie croniche non hanno stagionalità, purtroppo. Intanto, nelle località turistiche della nostra provincia – dal Garda a Ponte di Legno – arrivano migliaia di persone in più”.
Come vengono riorganizzati i servizi?
“Si chiude, si accorpa, si sospende. È accaduto al Civile di Brescia e in molti altri enti pubblici e privati. Solo per fare qualche esempio: l’Oncologia del Civile ha chiuso, trasferendo i pazienti in Radioterapia. In Ortopedia e Cardiologia sono stati dimezzati i posti letto. Alla Asst Garda, in alcuni periodi, si chiudono fino a 44 posti letto. E tutto questo perché il personale in servizio non basta a coprire i turni mentre si cerca – doverosamente e necessariamente – di far fare le ferie. Anche nel privato saltano i turni regolari e, in estate, la matrice di turno può diventare una roulette: alcuni si inventano ferie blindate, altri non le confermano se non all’ultimo secondo… Insomma, anche d’estate, la vita dei sanitari è tenuta in scacco dalla precarietà del sistema e dalle carenze croniche di personale”.
Carenze di organico, dimissioni, contratti deboli. Di chi è la responsabilità? E che ruolo giocano gli appalti?
“Le responsabilità sono politiche e strutturali. Paghiamo anni di tagli, di investimenti mancati o sbagliati (atti a remunerare le prestazioni e non la presa in carico), con intenti di privatizzazioni striscianti.
Gli appalti sono solo la punta dell’iceberg: peggiorano le condizioni di lavoro, frammentano il fronte , aumentano la precarietà, colpiscono soprattutto donne e giovani – evidenzia Lazzaroni -. Oltre l’80% di chi lavora nel socio-sanitario è donna. E moltissimi giovani trovano solo impieghi precari e sottopagati.
Dall’altra parte ci sono le professioniste e i professionisti della salute: davanti a contratti che non riconoscono dignità salariale – come quello della Sanità pubblica, firmato senza la Fp Cgil, che recupera solo il 6% a fronte di un’inflazione del 18% – sempre più persone scelgono la libera professione.
Con il regime forfettario agevolato, il confronto con l’assunzione pubblica è impietoso. E così capita che il personale interno assunto debba coprire i ‘buchi’ lasciati da chi vende a ore o a giornate la propria professionalità”.
Le conseguenze per le persone che hanno bisogno di cura?
“Il rischio è la mercificazione della cura che diventa solo una serie di prestazioni, andando a ledere i fondamenti di un’adeguata presa in carico della persona che dovrebbe basarsi sul lavoro in equipe e sull’approccio multidisciplinare. Al letto del paziente arriva: personale assunto dall’ente, lavoratori e lavoratrici delle pulizie con contratti da cooperative del commercio, barellisti da agenzie interinali, liberi professionisti. Cos’altro manca?”.
Parliamo di medicina territoriale. La Fp Cgil chiede prossimità, qualità e sicurezza.
“Oggi rischiamo che la medicina di prossimità diventi solo una scatola vuota. O peggio, un’occasione per appetiti economici di privati e assicurazioni. Manca una visione, un sistema integrato. Un modello che metta davvero al centro la persona e chi la cura. Vogliamo un Servizio Sanitario Nazionale pubblico, efficiente, accessibile. Serve un confronto serio con le organizzazioni sindacali più rappresentative, più investimenti che permettano di adeguare gli stipendi agli standard europei e di rendere equo il trattamento con un contratto di filiera per incentivare lavoratrici e lavoratori a restare nel Servizio Sanitario Nazionale. Solo così si trattengono competenze inestimabili, si evita la fuga, si valorizza davvero chi ogni giorno tiene in piedi la sanità.
Non siamo stufi di ripeterlo e non lo saremo mai! – incalza Lazzaroni -. Riteniamo che la nostra Costituzione debba anche oggi orientare le disorientate istituzioni e noi saremo a fianco di lavoratrici e lavoratori che non possono e non devono portare sulle loro spalle la responsabilità collettiva della cura – rimarca -. Basta con gli interventi tampone, senza visione d’insieme! E va finalmente riconosciuto il valore economico e sociale della cura, contrastando una deriva privatistica che penalizza le persone più fragili e le lavoratrici e i lavoratori”.