
Ferraccio (Fp Cgil): “Chiediamo rispetto e un’Amministrazione moderna, che valorizzi chi ogni giorno garantisce i servizi dello Stato”
15 ott. 2025 – Un’ora di sciopero e un presidio in Largo 11 Settembre, poi l’assemblea regionale, in presenza e online, con collegamenti da tutte le Prefetture e Questure lombarde: è questa la fotografia della mobilitazione di oggi, 15 ottobre, promossa dalla Rsu della Prefettura di Milano insieme a Fp Cgil, Uilpa e Confsal Unsa.
Una giornata intensa, che ha dato voce al disagio crescente del personale civile del Ministero dell’Interno e ha segnato un passaggio importante nella vertenza aperta in tutta la regione e nel Paese.
Facciamo il punto con Andrea Ferraccio, sindacalista della Fp Cgil milanese e coordinatore della categoria lombarda.
Ricapitoliamo, come nasce questa vertenza del personale del Ministero dell’Interno in Lombardia?
“Gli uffici del Ministero dell’Interno, dalle Prefetture alle Questure fino alle Commissioni territoriali, vivono una crisi strutturale: mancano lavoratrici e lavoratori, aumentano i carichi, i salari reali scendono e le prospettive sono nulle. A Milano, in dieci anni, abbiamo perso quasi duecento operatrici e operatori. A Monza l’organico è sotto il 50%. Ma la situazione è pressoché generalizzata e compromette la qualità del servizio e la dignità di chi lavora”.
Quali sono le cause principali della carenza di organici?
“Le politiche di assunzione si sono rivelate inefficaci. Per Milano e Monza era previsto l’arrivo di decine di assistenti, ma hanno accettato solo in due per sede e neppure è certo che prenderanno servizio. Le sedi lombarde non sono attrattive: il costo della vita è altissimo e non esiste alcun sostegno abitativo. A Milano un affitto può erodere oltre il 60% dello stipendio, e un buono pasto da 7 euro è sufficiente solo per la colazione”.
Oltre al tema economico, avete posto anche la questione del lavoro agile. Perché è così importante?
“Perché è una questione di civiltà e fiducia. I vertici della Prefettura si oppongono per motivi culturali, come se lavorare da casa significasse non lavorare. È una mentalità antiquata. Il lavoro agile, nel piano strategico triennale del Ministero dell’Interno è individuato come una delle leve per l’aumento della produttività. Quindi è uno strumento per l’efficienza e l’organizzazione, oltre che per eventualmente migliorare la qualità della vita. Non si tratta di un privilegio, ma di una forma moderna di lavoro pubblico – risponde Ferraccio -. Entro questo mese il Ministero dell’Interno dovrebbe emanare un nuovo regolamento che obbligherà i dirigenti a motivare ogni diniego allo smart working. Inoltre, entro fine anno arriverà un nuovo contratto integrativo, che costringerà a rivedere tutti gli accordi locali. È un passo avanti importante, ma dovremo vigilare sulla sua applicazione concreta”.
Come si è espressa la mobilitazione in Lombardia?
“Con un’unità straordinaria. A Milano si è tenuto il primo sciopero nella storia della Prefettura. Sono scesi in piazza lavoratori e lavoratrici che lavorano da venti, anche trent’anni in Prefettura, e di difficoltà ne hanno viste tante, di Prefetti ne hanno visti tanti. E se è la prima volta che scioperano bisogna farsi una domanda – incalza -. Dalla Prefettura hanno comunicato al Ministero 93 aderenti su 175 dipendenti; nel conteggio del personale hanno contato le Commissioni territoriali che non potevano aderire e, pertanto, siamo a circa due su tre che hanno scioperato. L’adesione è stata oltre le aspettative più rosee – riferisce soddisfatto -. Lo sciopero è stato accompagnato da un presidio molto partecipato e poi da un’assemblea regionale in presenza e da remoto. Tutta la Lombardia si è collegata: Prefetture, Questure, Commissioni territoriali, Polizia stradale. Il messaggio è chiaro e la protesta non è solo locale, è nazionale”.
Qual è oggi il rapporto con l’Amministrazione?
“Purtroppo è ai minimi termini. Manca ascolto, manca rispetto. Durante gli incontri veniamo spesso interrotti, come se la nostra voce desse fastidio. I dirigenti vivono in una realtà parallela, lontana dai problemi concreti delle persone. Non si può dirigere un’amministrazione pubblica senza fiducia e senza conoscenza del lavoro reale”.
E ora quali saranno i prossimi passi?
“La mobilitazione prosegue. Terremo aperto lo stato di agitazione e stiamo valutando un secondo sciopero, questa volta di due ore, e un presidio a Roma se il Ministero continuerà a ignorare le nostre richieste. Le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 saranno un banco di prova: la Prefettura di Milano dovrà gestire l’accoglienza di migliaia di agenti, ma nessuno ha previsto personale aggiuntivo. Noi useremo anche questo tema per chiedere risorse e pianificazione. La forza delle lavoratrici e dei lavoratori è nella partecipazione – aggiunge -. Questa vertenza l’abbiamo costruita insieme, con coraggio e determinazione. Non chiediamo privilegi, ma rispetto, condizioni di lavoro giuste. È così che si difende la qualità dei servizi pubblici e si restituisce valore al lavoro delle persone. Anche per questo – conclude il sindacalista – come Fp Cgil parteciperemo con determinazione alla manifestazione nazionale confederale del 25 ottobre, a Roma, ‘Democrazia al lavoro’”.