L’iniziativa dà continuità alla mobilitazione delle ultime settimane e rilancia l’impegno della Cgil su tutti i temi che l’hanno vista protagonista nelle piazze e nei luoghi di lavoro: salari, sanità pubblica, giustizia fiscale, istruzione, pensioni, precarietà, politiche industriali e del terziario.
Negli ultimi anni i prezzi sono saliti molto più in fretta degli stipendi. L’inflazione ha superato il 20% dal 2021, mentre i salari non hanno recuperato il potere d’acquisto perso. Si guadagna uguale ma si riesce a far meno fronte alle necessità. A questo si aggiunge una tassa subdola: il fiscal drag, o drenaggio fiscale.
Il drenaggio fiscale succede quando le tasse non si muovono ma i prezzi sì. L’Irpef – cioè l’imposta sul reddito delle persone fisiche – resta ferma, mentre l’inflazione impenna. Così una parte del reddito finisce in uno scaglione più alto e si pagano più tasse, anche se lo stipendio reale è sempre lo stesso. È come se lo Stato, invece di difendere chi lavora dal caro vita, si prendesse una fetta di quell’aumento. Una tassa invisibile che negli ultimi tre anni ha tolto ai redditi da lavoro tra 700 e oltre 3.000 euro, cancellando i piccoli vantaggi ottenuti con riduzioni fiscali e sconti sui contributi.
La nuova Legge di Bilancio, ancora in discussione, promette qualche ritocco: un piccolo taglio all’Irpef, che passa dal 35 al 33% per i redditi medi, e una tassazione ridotta al 5% sugli aumenti contrattuali per i redditi più bassi. Ma l’effetto è minimo: poche centinaia di euro a fronte di perdite molto più alte. Per la Cgil non è questione di percentuali, ma di giustizia: bisogna restituire ciò che è stato tolto e impedire che questa tassa silenziosa continui a erodere stipendi e pensioni, aggiornando automaticamente fasce e detrazioni all’inflazione.
Ma la manovra non pesa solo sui redditi. Pesa anche sulla vita quotidiana delle persone, attraverso i servizi pubblici.
Sanità, scuola, assistenza, casa, funzioni centrali e locali, terzo settore, Rsa, igiene ambientale, vigili del fuoco e polizia penitenziaria: tutto ciò che tiene in piedi le comunità. La Cgil parla di definanziamento: il fondo sanitario nazionale passerà dal 6,15% del PIL nel 2026 al 5,93% nel 2028, toccando il livello più basso di sempre.
Meno fondi vuol dire ospedali con meno personale, uffici pubblici in affanno e servizi sociali ridotti. Per chi lavora nei servizi pubblici significa turni massacranti, carichi insostenibili e stipendi bassi. Per cittadine e cittadini, tempi più lunghi per cure, documenti e assistenza, servizi educativi all’infanzia più fragili. Quando lo Stato spende meno nei servizi pubblici, non risparmia: sposta il peso sulle persone, su chi lavora e su chi ha bisogno.
Per questo, insieme alla restituzione del drenaggio fiscale e a un vero e dignitoso rinnovo dei contratti, il sindacato chiede più risorse per sanità e welfare locale, oltre che per la sicurezza sul lavoro, per politiche industriali che creino occupazione stabile e di qualità e per un cambio di priorità che sposti fondi dal riarmo alla vita concreta delle persone.
L’assemblea “Democrazia al Lavoro”, dopo la manifestazione del 25 ottobre a Roma, è una nuova tappa della mobilitazione Cgil per decidere le iniziative utili a cambiare la Legge di Bilancio e costruire una stagione di giustizia sociale, con il lavoro – pubblico e privato – e le persone al centro.
- Si può seguire la diretta su Collettiva.it, cliccando il link: https://www.collettiva.it/copertine/lavoro/democrazia-al-lavoro-la-diretta-uup67rhg