Dal caos nei servizi infermieristici alla denuncia della Fp Cgil: carenze di personale, contratti fermi e appalti mettono sotto pressione la qualità delle cure. La richiesta è netta: vietare l’esternalizzazione delle attività core anche nel privato accreditato
16 dic. 2025 – Hanno fatto clamore i gravi disservizi verificatisi tra il 6 e il 7 dicembre nei reparti ad alta intensità dell’ospedale San Raffaele, dove l’affidamento dei servizi infermieristici a una cooperativa esterna, Auxilium Care, con personale al primo giorno di servizio, privo delle competenze necessarie e con difficoltà linguistiche, ha causato errori tali da mettere a rischio i pazienti. Una situazione che ha portato alle dimissioni dell’amministratore unico, all’attivazione urgente di un’unità di crisi, all’apertura di un’inchiesta conoscitiva della Procura di Milano, senza ipotesi di reato né indagati, e parallelamente all’avvio di un’ispezione dell’Ats milanese su disposizione dell’assessore regionale al Welfare.
Per la Funzione Pubblica Cgil il punto non è solo accertare responsabilità individuali. Il problema riguarda l’impianto complessivo del sistema sanitario lombardo. Questa vicenda, infatti, non cade dal cielo.
“Quanto accaduto non ci meraviglia né ci sorprende. Per le carenze di personale, un contratto nazionale scaduto da 7 anni e le continue esternalizzazioni dei servizi, abbiamo aperto uno stato di agitazione fin dalla primavera, siamo stati due volte dal prefetto e abbiamo effettuato una giornata di sciopero il 31 ottobre. Insomma, non esattamente un fulmine a ciel sereno -, ha detto Alberto Motta, segretario generale della Fp Cgil Milano -. Il problema vero, in Lombardia come a Milano, è che sulle lavoratrici e sui lavoratori si scaricano tutti i problemi del settore e si continua, di privatizzazione in privatizzazione, ad alimentare il disastro. Il pubblico non ce la fa? C’è il privato. Il privato non ce la fa neppure lui? C’è la cooperativa e via così. Alla fine le cooperative arrivano spesso solo per garantire una copertura più formale che di servizio: professionisti non formati, pagati poco e male, buttati in prima linea”.
Una lettura che trova conferma anche nelle parole di Antonio Bagnaschi, per la categoria metropolitana, che sottolinea come la catena di privatizzazioni spinga “alla fuga professioniste e professionisti: sia dal pubblico, sottopagato, sia dal privato, con contratti scaduti da anni. Si lascia così spazio a cooperative chiamate a tappare i buchi, con personale non strutturato e non adeguatamente formato, con esiti purtroppo prevedibili”.
“Il caso San Raffaele rivela un punto che la Regione non può evitare: il modello lombardo presenta criticità profonde anche nelle strutture accreditate che ricevono una parte consistente dei finanziamenti pubblici -, ha dichiarato Sabrina Negri, segretaria Fp Cgil Lombardia -. Le falle nella qualità del personale, nell’organizzazione interna e nei controlli segnalano un problema di sistema. La Regione deve assumersi la responsabilità politica delle scelte fatte, rafforzare le verifiche su tutte le strutture accreditate e sostenere il rinnovo del contratto della sanità privata, indispensabile per garantire tenuta e continuità”.
Il tema è di sistema, appunto. Ed è per questo che segnali d’allarme arrivano anche da Bergamo, dove il ricorso a cooperative esterne per sopperire alla carenza di organico riguarda direttamente alcune strutture del Gruppo San Donato. Negli Istituti Ospedalieri Bergamaschi, infatti, il personale di alcune Unità Operative è stato affidato a soggetti esterni, dalla Riabilitazione/Post-Acuti del Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro alla Chirurgia del Policlinico San Marco di Zingonia.
“Quanto accaduto a Milano desta profondo sconcerto. È l’esito di un modello che, anziché rafforzare i reparti, scarica il problema su lavoratrici, lavoratori e pazienti. È la punta dell’iceberg di un sistema improntato a massimizzare gli utili, dove condizioni di lavoro e qualità delle cure divengono aspetti del tutto secondari -, sostiene Andrea Bettinelli della Fp Cgil orobica -. Anche in provincia di Bergamo stiamo assistendo all’affidamento in appalto del personale infermieristico di interi reparti ospedalieri delle cliniche private a società esterne. Una pratica estremamente preoccupante, che non risolve la carenza di organico. L’assistenza ospedaliera non può essere frammentata né affidata a logiche di mercato. La priorità deve essere l’assunzione stabile di personale dipendente, adeguatamente formato, retribuito e valorizzato, l’unica soluzione che garantisce qualità, continuità assistenziale e tutela dei pazienti”.
Anche la Fp Cgil Brescia, con la segretaria generale Nadia Lazzaroni, guarda con preoccupazione al contesto lombardo. “La crisi sanitaria che stiamo vivendo, con episodi come quelli al San Raffaele dove personale impreparato ha provocato errori sui farmaci e abbandono di reparti, è un monito che non possiamo ignorare -, commenta -. I camici bianchi non sono pedine intercambiabili: esperienza, formazione specifica, lavoro d’équipe e padronanza della lingua sono indispensabili”. Per la dirigente sindacale, il ricorso a cooperative e al lavoro frammentato comporta rischi strutturali e alimenta dumping contrattuale. “Servono assunzioni, équipes stabili, verifiche formative rigorose e salari adeguati. Senza investimenti pubblici e stabilizzazioni, questa crisi continuerà”.
“Riteniamo indispensabile che l’esternalizzazione delle attività core, ovvero le funzioni sanitarie essenziali direttamente legate alla cura, venga vietata anche nel settore privato accreditato, così come già stabilito per il sistema sanitario pubblico da una recente delibera della Regione Lombardia -, incalza infine la segretaria regionale Negri -. Garantire standard qualitativi elevati implica un’organizzazione stabile, competente e pienamente integrata all’interno delle strutture. Il diritto alla salute richiede lavoro stabile, qualità e responsabilità pubblica. Quando la Regione affida funzioni essenziali, deve garantirne qualità, controllo e responsabilità”.