
Trevisani (Fp Cgil): l’accesso libero agli sportelli deciso in via unilaterale dall’amministrazione non tiene conto delle condizioni di sicurezza e mortifica un’esperienza innovativa e di grande valore data dalle lavoratrici e dai lavoratori, anche in smart working
14 ott. 2021 – “L’Inps vuole procedere a un’ennesima riorganizzazione, in un momento in cui si stanno ancora erogando a cittadine e cittadini prestazioni legate alla pandemia e a fronte di una pesante carenza di personale. Le assunzioni del 2019 sono infatti state neutralizzate dai pensionamenti, al punto che i livelli degli organici sono inferiori a quelli del 2018. Siamo sotto i 25mila dipendenti complessivi”. Antonella Trevisani, coordinatrice Fp Cgil, spiega che ogni 4-5 anni l’istituto nazionale della previdenza sociale procede a un riassetto interno “con la bandiera di migliorare i servizi. Ogni linea di servizio gestisce una tipologia di prestazione, ad esempio pensioni, invalidità civile e così via. Ora molte di queste vengono accorpate in un’unica unità organizzativa”.
Non è positivo? “In questa fase, una riorganizzazione è incompatibile con il contesto” risponde Trevisani. Per aggiungere subito dopo che “l’amministrazione, in modo unilaterale, ha deciso per l’accesso libero agli sportelli delle sedi, come se l’Inps non avesse più dato informazioni ai cittadini. Invece, dopo l’arrivo del Covid, i servizi sono stati garantiti con qualità anche in smart working, e con un aggravio dei carichi di lavoro. Le operatrici e gli operatori dell’istituto hanno lavorato prodotti nuovi in quantità enorme, dalle casse integrazione ai vari bonus. Una mole di lavoro pari a 3-4 anni messi insieme e che si è sommata alle erogazioni ordinarie. Da fine marzo 2020 – continua la sindacalista – l’Inps ha assicurato le informazioni attraverso i centralini e, da luglio, anche l’accesso fisico attraverso le prenotazioni, iniziando la prassi dei contatti telefonici. Insomma, i dipendenti dell’istituto sono stati impegnati in modo assiduo e capillare per rispondere alle esigenze delle persone. Ma tutto questo non è stato valorizzato”.
In che senso? “Da un lato, l’amministrazione non ha lanciato un’adeguata campagna di comunicazione sulle prestazioni erogate. Dall’altro, al primo richiamo del Ministro Brunetta riapre gli sportelli, come se finora fossero stati bloccati. Questo mortifica le lavoratrici e i lavoratori che, ribadisco, in modalità agile hanno operato oltre l’orario di lavoro e senza guardare alle giornate festive, soprattutto sotto il primo lockdown. Peraltro, questo comportamento rischia di risultare in contrasto con quanto prevedono i Protocolli sulla sicurezza e non tutte le sedi dell’istituto sono in grado di svolgere le attività con questa tutela”.
Trevisani paventa inoltre rischi di assembramento e di ordine pubblico, considerato il clima sociale. “Ma l’amministrazione sembra attratta dal canto delle sirene di Brunetta sullo smart working. Quando oltre il 90% (con punte fino al 98%) del personale dell’Inps ha lavorato così, grazie a un’architettura informatica che lo ha consentito. Pure questo aspetto è stato dimenticato, per preferire il lavoro in presenza indiscriminato, perché così i dipendenti possono prendersi un panino e un caffè al bar. Prima ci accusavano di queste pause da fannulloni, ora sono necessarie al rilancio economico. Di certo siamo di fronte a un tema – ragiona Trevisani –. L’arrivo dello smart working ridisegnerà le mappe dei consumi ma questo non può essere un elemento determinante per sminuire la portata di una modalità lavorativa che ha portato innovazione e benefici. Naturalmente bisogna distinguere tra chi può garantire le prestazioni e chi non ha gli strumenti per farlo”.
In tutto ciò, la Lombardia? “È una delle regioni, tra quelle del Nord, che più soffre per le carenze di organico. L’età media delle lavoratrici e dei lavoratori è alta. Nonostante nel 2019 ci siano state quasi 600 nuove assunzioni, i pensionamenti, tra il 2020 e il 2021, sono stati molti di più. Va anche detto – prosegue Trevisani – che la Lombardia è stata apripista sullo sportello con prenotazione nel 2017, già prima del Covid, e che questa sperimentazione, condivisa con le organizzazioni sindacali, è stata poi esportata anche nelle altre sedi italiane. In questo periodo, nella nostra regione l’istituto ha organizzato lo sportello virtuale che consente videochiamate tra cittadini e operatori o consulenti. Insomma, il nostro non è solo un bel potenziale ma anche fattivamente siamo al fianco delle cittadine e dei cittadini. Noi rivendichiamo di poterlo fare sempre meglio, con condizioni di lavoro all’altezza del ruolo e nel rispetto della professionalità di chi vi opera”.