Creston (Fp Cgil): “La sperimentazione unilaterale di Regione non riqualifica il sistema nel suo complesso ma rischia, al contrario, di abbassarne la qualità se l’Operatore socio sanitario con formazione complementare non andrà ad integrarsi con le funzioni infermieristiche bensì a sostituirle”
2 ago. 2022 – Nel settore socio sanitario, Regione Lombardia avvia la sperimentazione dell’operatore socio sanitario con formazione complementare ma i sindacati puntano i piedi. Perché? Ne parliamo con Gilberto Creston, segretario Fp Cgil Lombardia.
“L’Oss ha un percorso formativo di mille ore (in via di ridefinizione da parte del Ministero della Salute) e dal 2003, come prevede un accordo tra Stato e Regioni, può avere una formazione complementare in assistenza sanitaria. Anche se non c’è una perfetta corrispondenza tra questi percorsi formativi complementari e le attribuzioni aggiuntive nella sfera sanitaria, è prevedibile che la loro finalità sia di arricchire le competenze dell’Oss nel contesto sanitario. Quindi di migliorarle e di qualificare la figura professionale” racconta il dirigente sindacale.
Qual è il problema? “Dopo ben 18 anni, Regione Lombardia ha deciso di attivare questa formazione complementare, muovendosi sulle orme del Veneto. Perché non lo ha fatto prima? La risposta è semplice: prima non c’era un’emergenza infermieristica e soprattutto non c’era nel settore socio sanitario”.
La carenza di personale infermieristico è un dato reale. “Se mancano gli infermieri bisogna adoperarsi ai vari livelli per trovarli, assumerli, valorizzarli. Regione vuole rispondere alla carenza di infermieri in determinati contesti, quelli dei servizi socio sanitari dove c’è una vera e propria emergenza (rispetto alla, pur pesante, situazione nel settore sanitario) strumentalizzando la figura degli Oss attraverso un percorso sperimentale di formazione complementare nel socio sanitario, appunto, lasciando peraltro alla discrezionalità delle aziende chi farvi partecipare. Da ciò ne deriva non una riqualificazione del sistema nel suo complesso ma, al contrario, il rischio di un calo di qualità se, come prevedibile, l’Oss con formazione complementare non andrà ad integrarsi con le funzioni infermieristiche bensì a sostituirle” evidenzia Creston.
A livello unitario avete quindi contrastato questa linea regionale. “Certo, altri potevano essere i provvedimenti per rispondere alle emergenze ma Regione non ha voluto ascoltare le proposte delle organizzazioni sindacali confederali e di noi, Funzione Pubblica Cgil. Regione Lombardia ha deliberato senza preoccuparsi delle conseguenze sul personale interessato, sia di carattere contrattuale ed economico (oggi nessun contratto nazionale prevede la figura dell’operatore socio sanitario con formazione complementare) sia rispetto all’accesso ai corsi, lasciando le lavoratrici e i lavoratori in balia delle scelte unilaterali di ogni singola azienda. Questo scaricabarile è sbagliato – incalza il dirigente sindacale – e ci impegneremo nei confronti delle aziende e delle loro associazioni per evitare discriminazioni tra lavoratori e per ottenere i giusti riconoscimenti economici e contrattuali”.
La figura e il profilo professionale dell’Oss risale al 22 febbraio 2001 e il suo ruolo nel socio sanitario è stato sancito vent’anni dopo, con la legge 106/2021. “E finalmente, direi – aggiunge Creston -. Nel sistema sanitario della nostra Regione l’Oss ha completamente sostituito la figura dell’Ota, l’operatore tecnico ausiliario, mentre nel sistema socio sanitario (Rsa e strutture della rete diurna territoriale) l’Oss è andato a integrare la figura dell’Asa, l’ausiliario socio assistenziale. Molti Asa sono in possesso del titolo di Oss ma non possono esercitare quella professione. Per le aziende del settore è un bel risparmio in termini di costo del lavoro!”.
Quindi? “Se davvero l’obiettivo era di qualificare sempre più il sistema, migliorandone la qualità anche attraverso la formazione delle operatrici e degli operatori, allora bisognava intervenire prima, riqualificando tutto il personale Asa in Oss e attivando la formazione complementare. Ovviamente questo avrebbe comportato costi per investire nella formazione e per riqualificare anche contrattualmente le figure interessate, come noi invece rivendichiamo”.