Al suo fianco due vice coordinatori: Salvatore Castelli e Bruno Pompeo. “La nostra categoria vuole rilanciare la propria azione nelle carceri lombarde. Ripartiamo da qui, in continuità con l’ottimo lavoro svolto in questi anni ma con un maggiore investimento di presenza al fianco della Polizia Penitenziaria”, afferma il segretario regionale Dino Pusceddu
31 mag. 2023 – Calogero Lo Presti, 56 anni, sovrintendente al carcere Verziano di Brescia, è stato riconfermato coordinatore della Polizia Penitenziaria per la Fp Cgil Lombardia. Ad affiancarlo nel coordinamento regionale sono stati nominati Salvatore Castelli, 53 anni, sostituto commissario al carcere di Busto Arsizio, e Bruno Pompeo, 47 anni, assistente capo coordinatore della Polizia Penitenziaria al carcere di Bollate. La decisione è stata presa all’attivo regionale delle delegate e dei delegati, a cui ha partecipato il coordinatore nazionale Fp Cgil Polizia Penitenziaria, Mirko Manna.
Quali sono le priorità della fase che si apre? “Purtroppo restano, in generale, sempre gli stessi temi, e questo la dice lunga su come il sistema carcerario venga considerato nel nostro Paese. In Lombardia siamo primi per sovraffollamento detentivo, c’è una carenza cronica di personale, specie di sottufficiali e particolarmente a Pavia e Brescia. Così si lavora anche svolgendo mansioni superiori, senza essere riconosciute, o inferiori, quando il ruolo è un altro. I carichi di lavoro sono eccessivi e lo stress è altissimo. Così per noi resta prioritario sollecitare l’Amministrazione e la politica perché si prendano seri provvedimenti”, risponde Lo Presti.
Ma perché le nuove assunzioni non sono sufficienti? “Sono scelte politiche, in tanti vorrebbero arruolarsi. I tagli alla legge Madia hanno falcidiato il Corpo, passato da 47mila a 34mila unità e con forse neanche 20mila agenti di fatto nelle carceri. E il reclutamento non colma le fuoriuscite pensionistiche”.
Di aggressioni invece ce n’è. “Sono in aumento e continuano gli atti di autolesionismo e i tentativi di suicidio da parte delle persone detenute, che spesso sventiamo per il rotto della cuffia. Inoltre le carceri mutano come la società e rispetto a trent’anni fa sono aumentati gli stranieri che devono scontare una pena: le differenze culturali, religiose, linguistiche, in un contesto di convivenza forzata e in spazi non adeguati possono degenerare in modo pericoloso”, considera il sindacalista. Riportando un esempio singolare rispetto alla gestione del gap linguistico con i detenuti. “L’Amministrazione organizza un corso di arabo, magari di 5 ore in 3 mesi. A parte che, progettato in questi termini, s’impara ben poco, ma la Polizia Penitenziaria che lavora nelle sezioni non può farlo, in ragione delle carenze di organico, e così ci mandano quelli che stanno in ufficio. Assurdo”.
Tra le istanze emergenziali, c’è quella sulle persone detenute con problemi di salute mentale. “È questione complessa ma non è possibile che queste persone siano gestite dalla Polizia Penitenziaria: non sono di nostra competenza né veniamo preparati per questo – sottolinea -. Il carcere non è il luogo adatto per loro, sarebbero le Rems, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Ma quella di Castiglione delle Stiviere è satura e nelle altre è lunga la lista delle prenotazioni dei Magistrati di sorveglianza”.
Poi c’è il problema delle condizioni strutturali delle carceri. “Molto spesso non sono adeguate né manutenute. Non assegnano i fondi. Salute e sicurezza sono basilari per chi vive e lavora dentro gli istituti. Non va bene, ad esempio, che nel box degli agenti ci siano i quadri elettrici, le onde elettromagnetiche potrebbero essere nocive. Non abbiamo dati certi, il documento di valutazione dei rischi non viene condiviso con le organizzazioni sindacali”, afferma Lo Presti.
Malattie professionali? “Ci sono gli infortuni dovuti all’impennata di aggressioni, con i colpi presi soprattutto al volto e agli arti. Anche perché la Polizia Penitenziaria si difende, non attacca. Preferiamo il pronto soccorso alla denuncia in Procura: con il sistema di videosorveglianza rischiamo tantissimo”.
Salvatore Castelli, delegato Fp Cgil Varese, da componente del neo coordinamento regionale dichiara: “Continueremo a lottare per migliorare le condizioni e i carichi di lavoro del personale, per colmare le carenze degli organici, per rimettere in sesto gli istituti, in deficit strutturali e igienico-sanitari, che vanno messi a prova di salute e sicurezza e resi compatibili con l’effettiva capienza detentiva. Sono contento per questo nuovo incarico – dice -, lavorare in tre, in raccordo con il segretario Dino Pusceddu, ci renderà anche più incisivi”.
A lui si aggiunge il terzo componente, Bruno Pompeo, delegato Fp Cgil Milano, con il suo particolare punto di vista, lavorando nel “cuore del carcere a livello giudiziario”, all’Ufficio Matricola. “L’organizzazione del lavoro è un tema fondamentale e le assunzioni servono perché ogni agente svolga i compiti inerenti al proprio ruolo. C’è una grande carenza, ad esempio, di agenti assistenti. Credo che occorra anche – prosegue – una valorizzazione e un riconoscimento della Polizia Penitenziaria che non viene né difesa né considerata allo stesso modo delle altre Forze dell’ordine. Lavoreremo insieme anche per questo”.
Per Dino Pusceddu, segretario Fp Cgil Lombardia, “Con la riconferma di Calogero come coordinatore regionale e la nomina di Salvatore e Bruno come vice coordinatori, la nostra categoria vuole rilanciare la propria azione nelle carceri lombarde. Le lavoratrici e i lavoratori della Polizia Penitenziaria svolgono un lavoro difficile e troppo spesso rischioso: dobbiamo garantire loro di lavorare in sicurezza e che siano coadiuvati da figure essenziali come educatori, assistenti sociali, mediatori, amministrativi e personale sanitario, troppo spesso anche loro in numero insufficiente. Negli istituti penitenziari deve essere possibile svolgere il compito costituzionale di rieducazione della popolazione carceraria che, per la scarsità di personale e il sovraffollamento, è di rado fattibile. Con la tensione che, viceversa, sale – considera il dirigente sindacale -. La Fp Cgil, rappresentando la gran parte delle lavoratrici e dei lavoratori che svolgono le proprie attività nelle carceri, ha il compito di far parlare mondi che, pur lavorando dentro le stesse mura, spesso non dialogano. Ripartiamo da qui, in continuità con l’ottimo lavoro svolto in questi anni ma con un maggiore investimento di presenza al fianco della Polizia Penitenziaria”.