3 Jul 2024
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SOS medicina di prossimità

La Fp Cgil Bergamo, con il Confederale e la categoria regionale, rilancia l’allarme sulle carenze di medici nella medicina di base, in particolare nella continuità assistenziale. Con un effetto domino su tutta la sanità pubblica

16 giu. 2023 – Se mancano i medici di medicina generale le persone vanno o dai medici della continuità assistenziale o direttamente al pronto soccorso. E siccome nel territorio bergamasco mancano i primi due, in particolar modo i secondi, le (ex) guardie mediche, ecco che nelle unità ospedaliere dell’emergenza-urgenza si scoppia e, tra il personale, già risicato, c’è chi decide di andarsene altrove.

Fp Cgil Bergamo, Camera del Lavoro e categoria regionale hanno avviato una campagna di sensibilizzazione su questo tema, con focus, per i vuoti allarmanti, sulla continuità assistenziale.

“Come sotto l’emergenza pandemica, la nostra provincia e la Lombardia sono sotto scacco, non avendo le difese per fare fronte a tutti i fabbisogni di salute espressi. Ma oggi la situazione è tanto più grave perché quell’esperienza sarebbe dovuta servire a rafforzare la sanità pubblica ospedaliera e territoriale, con i medici di medicina generale, la continuità assistenziale, i consultori e i distretti”, afferma Giorgio Locatelli, segretario generale della Fp Cgil Bergamo.

Qualche numero? “La carenza di guardie mediche attualmente è di circa l’84,7%. Dovrebbero essere circa 203 e invece i contratti attivi sono 31. Ats, l’Agenzia di tutela della salute, ne ha pronti altri 7 e conta di averne una ulteriore decina entro breve. Si arriverebbe a una carenza del 76,3%. Di certo non ha aiutato la decisione dell’Ats, dopo due mesi di proroga dei contratti scaduti, accettata dai medici della continuità assistenziale), di portare, lo scorso maggio, il lavoro settimanale a 24 ore, tagliando i contratti a 12 e 36 ore, oltre che i ‘reperibili’ (da attivare cioè al bisogno). Chi lavora nella continuità assistenziale difficilmente lo fa in modo esclusivo e questo irrigidimento ha fatto allontanare molti medici, quando sono già ai minimi storici – specifica il dirigente sindacale -. Di necessità, ora, l’Ats ha deciso di tornare sui suoi passi e di reintrodurli”.

Come si fa a garantire il diritto alla salute? “Regione Lombardia, spingendo sempre di più le strutture private, lo rende esigibile ai cittadini che possono permettersi di pagare. Quindi, nei fatti, non è più un diritto ma diventa una mera prestazione, un bene sul mercato”.

La salute non è una merce, sta dicendo la Cgil in Lombardia, in vista della manifestazione nazionale del prossimo 24 giugno a Roma in difesa del Servizio sanitario nazionale. “Saremo in tante e tanti e invitiamo alla massima partecipazione possibile. Ricordando che la salute deve esserci anche per chi ci cura, altrimenti come facciamo? I medici di famiglia sono allo stremo, le guardie mediche che restano sono encomiabili per gli sforzi che stanno sostenendo ma chissà per quanto terranno ancora. Negli ospedali il personale, ai vari livelli, è sotto stress per i carichi di lavoro e i ritmi estenuanti, oltre che frustrato per le legittime lamentele (quando va bene) di un’utenza in cronica lista d’attesa. Le condizioni di chi lavora per la salute delle cittadine e dei cittadini sono spesso simili e portano a una contrazione della propria vita personale che non è tollerabile – sostiene il segretario generale -. Da qui l’urgenza di un massiccio piano occupazionale, ma aggiungo anche motivazionale, per lavorare in questi servizi fondamentali”.

Dal canto loro, Paola Nardis, coordinatrice provinciale medici di medicina generale della Fp Cgil, e Giorgio Barbieri, il corrispettivo regionale, parlano da sindacalisti e insieme da professionisti sul campo: “I medici in Italia sono più della media europea ma troppi vanno nel privato puro. E dalle scuole di formazione escono troppo pochi medici di medicina generale. È stato un errore, e continua a esserlo, disinvestire sulla sanità territoriale. Nonostante le indicazioni del piano di ripresa europeo, che nei fatti restano solo un intento. In Lombardia – specificano – questo errore è una precisa direzione, tutta a favore del privato. Le case della comunità, ad esempio, quando ci sono, non hanno personale, sono scatole vuote. Stiamo pagando, le persone stanno pagando, un prezzo salato per tutto questo”.

Nello specifico, rispetto alla medicina di base? “La nostra regione è al penultimo posto in Italia (ripetiamo, la Lombardia è penultima in Italia!), nel rapporto tra numero di medici di medicina generale e assistiti. La continuità assistenziale non va meglio, con i suoi 10 medici per 100mila abitanti, visto che la media nazionale ne vede 18 – rispondono Nardis e Barbieri -. Sul territorio bergamasco, dove anche la conformazione montana rende più complicato portare assistenza, e a maggior ragione con un servizio di guardia medica ormai quasi azzerato, stiamo passando dal rischio al pericolo per la salute di tutte e tutti. Bisogna assolutamente cambiare passo su tanti fronti, anche rendendo il nostro lavoro meno burocratico attraverso il supporto di personale amministrativo. Questo libera tempo per assistere chi sta male. Inoltre – aggiungono – bisogna tornare a incentivare a svolgere questa professione, una delle più belle che ci siano, rendendola attrattiva per i giovani medici sia nella dimensione di un lavoro di rete, di squadra, con tutto il sistema sanitario, sia attraverso agevolazioni economiche, ad esempio sugli affitti. E questo vale tra le valli e nelle città della nostra regione”.