La categoria del quadrato rosso boccia l’intesa, definendola peggiorativa. Barbieri (Fp Cgil Medici Lombardia): “Un’intesa sbagliata e ipocrita”
13 feb. 2024 – Dalla padella alla brace. Ed è paradossale che lo sancisca un’intesa: l’Accordo collettivo nazionale (Acn) per la medicina generale 2019-2021 si traduce, per i medici di famiglia, in un “ponte” lastricato di tizzoni ardenti.
“È un accordo che appesantisce i carichi di lavoro, invece di migliorarne le condizioni. Si arriva addirittura a ribadire la responsabilità dei medici di medicina generale negli accessi impropri nei pronto soccorso dimenticando il vero problema delle liste di attesa per le prestazioni specialistiche”, denuncia la Fp Cgil Medici, che non ha siglato l’intesa.
Quali sono i punti critici dell’Acn 2019-2021? “Il primo è che peggiora le nostre condizioni aumentando ipocritamente il numero di pazienti che noi medici di medicina generale possiamo avere in carico, portando il rapporto ottimale da 1000 a 1200, estensibile fino a 1890 persone assistite. Faccio presente che in Lombardia molti medici superano già quota 2000, per via di quanti vanno in pensione, anche anticipata perché non reggono più questi crescenti carichi di lavoro e non si riesce a sostituirli”, risponde Giorgio Barbieri, coordinatore della Fp Cgil Medici di Medicina Generale Lombardia nonché componente del coordinamento nazionale.
Perché parli di ipocrisia? “Il nostro lavoro sta diventando sempre meno appetibile, ed è facile capirne i motivi, fonte di grande amarezza per chi si misura con dedizione in questa professione così bistrattata, sia dall’opinione pubblica che dallo Stato, che dovrebbe superare il rapporto di convenzione in libera professione e metterci a tutti gli effetti come organici al Servizio Sanitario Nazionale – premette Barbieri -. L’ipocrisia sta nell’aumentare a noi il numero di assistiti per dare l’idea di una presa in carico che si amplia senza però intervenire per rafforzarla davvero attraverso un numero adeguato di mediche e medici di medicina generale, se non pensando a far tornare negli ambulatori chi è già in pensione”, evidenzia il sindacalista.
Altri punti critici? “Nel Manifesto per la Medicina Generale, come Fp Cgil indichiamo qual è la strada migliore per tutelare questa professione, anche attraverso strumenti valorizzanti come una formazione specialistica universitaria, rilanciare la sanità pubblica territoriale e garantire la salute come diritto fondamentale per le persone. L’Acn non investe in questa direzione, unitaria e di sistema, ma frammenta e non innova il modello organizzativo, favorisce spinte regionalistiche e privatizzazioni – considera il medico sindacalista –. I medici di medicina generale restano liberi professionisti a quota capitaria, cioè pagati non per ora di lavoro ma a 3,5 euro lordi al mese per persona assistita. E quanto tempo dobbiamo garantire come copertura medica giornaliera? Ancora tre ore, quando ne facciamo almeno nove. Perché non renderlo ufficiale? Verrebbe da dire: quando la realtà supera la (pessima) fantasia… Se le fondamenta sono costruite in questo modo, non basta tutta la buona volontà di chi si dedica alla medicina generale con serietà e rispetto: il tempo per fare attività clinica viene schiacciato da un modello organizzativo sbagliato e dalla carenza di medici di medicina generale. Tutto ciò favorisce un clima di avversità generale nei nostri confronti”.
Stando su 2000 pazienti a 3,5 euro lorde a testa, viene fuori una bella cifretta, oltre a quanto prevede l’Acn per gli arretrati. “Un’impostazione del genere è svilente, sia per la nostra professione sia per le persone che a noi si rivolgono. Per quanto ci riguarda, non abbiamo ferie né malattia, paghiamo di tasca nostra sia chi ci sostituisce sia il personale di segreteria, oltre agli studi. Nell’Acn, poi, gli arretrati di 5 anni vengono restituiti solo in parte, meno di 4 euro lorde al giorno, risorse che erano già state programmate per far fronte all’inflazione e per l’indennità di vacanza contrattuale. Tra le altre perle di questo Acn c’è, per le colleghe in maternità, la possibilità di stare a casa, ma… lavorando in video-assistenza. È, questo, un avanzamento sul piano dei diritti? Non credo proprio. In più la tele-visita espone al rischio di incorrere in maggiori errori con i pazienti, mancando un contatto fisico diretto, con tutti i possibili risvolti del caso”.
Quindi? “Ribadisco, la strada è quella tracciata nel Manifesto della Fp Cgil Medici che vuole il medico di medicina generale come uno specialista, dirigente dei servizi e a presidio della salute collettiva, integrato nel Servizio Sanitario Nazionale e con un contratto nazionale di lavoro. Un medico che opera in un contesto organizzato, multiprofessionale e interprofessionale, e così anche valorizzante e motivante, con diritti e tutele, l’attività intrapresa. Un lavoro che continuo a ritenere, pur tra le sue difficoltà e amarezze, tra i più belli che ci siano”.