21 Nov 2024
HomePubblicazioneVerso lo sciopero Aiop e Aris Sanità Privata e Rsa/Cdr / Il messaggio forte dalla Lombardia

Verso lo sciopero Aiop e Aris Sanità Privata e Rsa/Cdr / Il messaggio forte dalla Lombardia

attivo unitario 11luglio 2024 Sanità Privata Aiop Aris Rsa

Oggi l’attivo unitario regionale alla Sala Gregorianum di Milano. Il segretario Fp Cgil regionale Catello Tramparulo: “Le risorse per rinnovare i contratti ci sono. Anche a Regione chiederemo conto”. La segretaria Fp Cgil nazionale Barbara Francavilla: “Percorso lungo. La lotta prosegue anche dopo lo sciopero. Ma se abbiamo le persone con noi, possiamo scalare le montagne”

11 lug. 2024 – “Il 40% della sanità, in Lombardia, è erogata da privati. Su 204 ospedali, 104 sono privati accreditati. Sugli oltre 36mila posti letto disponibili, circa 15mila sono di ospedali privati. Per non parlare di tutto il sistema del socio sanitario e della riabilitazione che è monopolio del privato. Dalla Lombardia oggi deve partire un segnale forte”. Catello Tramparulo, segretario della Fp Cgil Lombardia, ha dato la carica, insieme alle delegate e ai delegati di Cgil Cisl Uil oggi intervenuti all’Attivo unitario regionale (organizzato alla Sala Gregorianum di Milano) rispetto allo sciopero del prossimo settembre che rivendica rinnovi contrattuali dignitosi per le lavoratrici e i lavoratori della Sanità Privata, delle Rsa e dei Centri di Riabilitazione in capo alle parti datoriali Aiop e Aris.

La spesa che lo Stato e che il Sistema sanitario regionale ha destinato ai privati è cresciuta. E dove sono finite tutte queste risorse? – chiede Tramparulo -. Perché oggi non ci sono risorse per rinnovare il contratto, per cui c’è bisogno che ne metta lo Stato. È inaccettabile!”.

Ma le risorse mancano davvero? “Non è vero. In Italia, nel 2022, 40 miliardi sono stati spesi dai cittadini per pagarsi direttamente le prestazioni – rimarca il segretario della Fp Cgil Lombardia -. E sempre i dati ci dicono che le risorse ci sono eccome! – esclama Tramparulo, guardando a quanto destinato dal governo con il decreto legge per abbattere le liste d’attesa, peraltro bocciato dalle stesse Regioni.

In Lombardia, poi, sanità pubblica e sanità privata sono ormai equivalenti, come ha voluto a suon di riforme la Regione. “Ma mentre nel pubblico ci sono regole che devono essere perseguite, il privato fa quello che vuole, si permette di non rinnovare i contratti – considera Tramparulo -. Se pubblico e privato sono equivalenti noi dovremmo chiedere, già da settembre, a Regione Lombardia di chiamare alla responsabilità questi soggetti. Parliamo di mega gruppi industriali”.

Allora è necessario “alzare il livello dello scontro”, anche con Regione Lombardia che fa spallucce ai reclami delle categorie confederali (vedi il caso “vergognoso” dello scippo contrattuale operato nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Associazione La Nostra Famiglia).

“Il rapporto ‘malato’ in questa Regione è tra il pubblico e il privato – rimarca il sindacalista -. E noi non possiamo consentire che il governo regionale – eletto dai cittadini – declini la propria responsabilità”, dando mano libera ai privati.

Così Tramparulo anticipa che, per lo sciopero di settembre, ci sarà un presidio unitario proprio sotto la Regione. “Lì è il nodo da sciogliere, innanzitutto un nodo politico. Quindi prepariamoci alla lotta”.

Gli interventi, per la Fp Cgil, sono stati quelli della delegata milanese Susanna Calti, lavoratrice di Multimedica e del delegato lecchese Fabio Incerti, operatore della Nostra Famiglia.

Le lavoratrici e i lavoratori dal palco hanno sottolineato la rabbia e la frustrazione nel vedere calpestati e negati i loro diritti, le difficili e pesanti condizioni organizzative anche per le carenze di personale, una grande stanchezza, paghe misere. E ancora, i ricatti dei datori di lavoro che fanno leva sui sensi di colpa del personale, mettendo in contrapposizione i diritti del lavoro e quelli del paziente. Le varie vessazioni, il mancato riconoscimento – a tutti i livelli – del valore professionale erogato.

Nelle sue conclusioni, la segretaria nazionale della Fp Cgil, Barbara Francavilla, è stata chiara: la lotta continuerà anche dopo lo sciopero del 23 settembre. Ringraziando chi intervenuto, afferma: “Il dissenso va raccontato, la condizione è disgraziata – sottolinea -. Ma serve anche un cambio di approccio. Il bene al paziente viene sempre prima e noi lo garantiamo comunque – dice, avendo sulle spalle un lavoro da infermiera -. Ma abbiamo la necessità di creare consapevolezza, nelle persone che vengono da noi, che quello che noi diamo è qualità e quella qualità è sulla nostra pelle, in condizioni che sono i-na-cce-tta-bili”, scandisce. Esortando quindi a costruire insieme dei percorsi.

La strada per i rinnovi contrattuali è lunga e in salita ma “se abbiamo le persone con noi, possiamo scalare le montagne”, sprona Francavilla.

Ricordando poi che, in Sanità Privata, i contratti sono passati da tre a uno (oltre a quelli di Aris e Aiop c’era anche quello della Don Gnocchi) in tre anni e con tre scioperi, e che gli accordi ponte siglati con Aiop e Aris per le Rsa/Cdr non sono contratti ma un “ponte”, appunto, per arrivare, come da impegni presi e finora disattesi dalle parti datoriali, a un unico contratto di settore.

Peraltro, oltre a strutture che non sono associate ad Aris e Aiop ma ne applicano i contratti (vedi la Nostra Famiglia che applica Aris), ce ne sono altre che da Aris e Aiop se ne vanno e applicano altri contratti. Sono ben 48, attualmente, i contratti del settore, e dunque per una stessa mansione, le lavoratrici e i lavoratori hanno salari e diritti differenti.

Francavilla è, invece, per “fare la differenza”, per continuare a farla, catalizzando la rabbia e sviluppando “consapevolezza” sulle questioni in campo, sia tra le operatrici e gli operatori, sia con l’utenza e anche con le istituzioni. Nello sciopero di settembre sono coinvolti circa 500mila lavoratrici e lavoratori. “Nella sanità pubblica sono 620mila. Quindi non è che siamo una cosa piccola – rileva la dirigente della Fp Cgil -. E noi non abbiamo paura, non l’abbiamo mai avuta, soprattutto nei luoghi di lavoro”.