L’intervento di Giuseppe Borgosano, Oss di pronto soccorso per la Asst Milano Nord e delegato Fp Cgil, all’Attivo delle Assemblee generali della FIOM-CGIL Lombardia. “Il diritto alle cure deve essere accessibile a tutti. Siamo professionisti al servizio della collettività. Collettività da proteggere… e di cui facciamo parte”
18 sett. 2024 – “Abbiamo subito anni di tagli, la chiusura di molti ospedali, pubblici mentre silenziosamente vedevamo nascere nuove cliniche private, pronte a spolpare chi in un momento di difficoltà e confusione dovute alla malattia non riusciva a trovare spazio nell’ospedale pubblico. II Ssn, sempre più imbottigliato in sé stesso e con sempre meno fondi, non riesce più a coprire il bisogno di cura della popolazione che, grazie al progresso scientifico sulla cura, si è spinta ad età maggiori creando un elevato numero di grandi anziani, bisognosi di prestazioni molto ravvicinate l’una dall’altra. Un altro colpo è arrivato dalle assicurazioni che punzecchiano i pazienti parlando di malasanità, comportamento che facilita un percorso di denunce, visto da molti come un’opportunità di guadagno; questa condotta ha contribuito ulteriormente ad impoverire le casse del Ssn, già misere, oltre a far perdere credibilità al servizio pubblico stesso”. Con queste parole Giuseppe Borgosano, operatore socio sanitario di pronto soccorso per la Asst Milano Nord, ha portato il punto di vista di un lavoratore pubblico all’Attivo delle Assemblee generali della FIOM-CGIL Lombardia tenutosi ieri alla Camera di Commercio di Brescia.
All’assemblea FIOM, oltre a discutere delle trattative per il contratto dell’industria metalmeccanica, si è parlato anche della legge di bilancio in dirittura d’arrivo e di risposte a supporto del mondo del lavoro e ai diritti delle persone che ancora non vengono date dal governo.
L’intervento del delegato della Fp Cgil Milano ha messo a fuoco le criticità della sanità pubblica, sempre più abbandonata a sé stessa senza adeguati investimenti e con personale in calo, mentre aumentano stanchezza, demotivazione e aggressioni subite.
La Lombardia poi, che ha dato i natali alle privatizzazioni sanitarie e che è arrivata persino a rendere equivalenti la sanità pubblica e la sanità privata, continua a mettere le mani nelle tasche delle cittadine e dei cittadini, quelle che ancora non sono vuote.
“Visita d’urgenza più esami: 150/200 euro. Ecografia con mezzo di contrasto: 180 euro. Visita chirurgica: 150 euro, e così via. Questo è il prezzario del primo pronto soccorso a pagamento nato in Lombardia, si occupa di codici minori identificati in colori bianchi e verdi, lo avete qua a Brescia – sottolinea Borgosano -. Mettendo le mani al portafoglio si ottiene una visita in tempi brevi, sorridenti, vi codificheranno tutto un percorso di cura scandito da prezzi. Insomma, il vostro corpo viene fatto a pezzi e valutato in euro. Pochi anni fa si parlava di concepire il paziente nel suo insieme con un approccio olistico, si pensava di non curare solo il corpo ma anche la mente, non solo il sintomo ma anche ciò che circondava lo stato di malessere del paziente. Purtroppo, soprattutto in Lombardia, – prosegue – nelle machiavelliche menti che non vedevano guadagno nel Servizio sanitario nazionale, si annidava il pensiero di privatizzare anche la salute del paziente”.
Ed ecco arrivare a un altro tema scottante, la legge Calderoli, quella contro cui la Cgil si è mobilitata in prima fila nella raccolta firme referendaria per abolirla.
“Non dovete guardare l’autonomia differenziata come un punto di inizio ma piuttosto come una terra di mezzo tra il diritto alla salute e la salute come stato sociale. Un modo per smantellare il ruolo del contratto nazionale”, dice il delegato sindacale, ripercorrendo poi le tappe di un processo di lungo corso.
“Tassello dopo tassello”, il Ssn è stato via via fatto crollare e, nell’effetto domino, si sta portando dietro il personale. “Oggi lavorare è divenuto estenuante, con sempre più mansioni, turni serrati, pronte disponibilità nei rari weekend di riposo, pagate tra l’altro poco – rileva Borgosano -. Io lavoro in pronto soccorso. Sono luoghi che per la mancanza di medici di base (1435 per la precisione rispetto al 2023 e questo nella sola Lombardia) sono divenuti unico rifugio per pazienti che avrebbero bisogno solo di un consulto o di una semplice prescrizione. Il sovraffollamento e la mancanza di personale hanno comportato l’aumento delle attese sia in termini di urgenza che in visite programmate. Il primo passo è stato strizzare l’occhio al privato con ospedali privati convenzionati. Da lì, ingolositi dai guadagni, il legislatore si è spinto sempre di più in quella direzione”.
L’illusione di vedere finalmente il valore della salute e della cura al centro e di trovare giusto riconoscimento e valorizzazione, oltre che benessere organizzativo per migliorare le condizioni di lavoro, è caduta dopo il primo urto della pandemia da Covid-19. Le figure sanitarie sono state prima decantate come eroi, pur se “con un mantello di carta e una spada di stagnola” e presto dimenticate.
Secondo Borgosano quello è stato “in realtà un periodo che ulteriormente ha preso a pugni il pubblico, arricchendo il privato. Il personale sanitario si è trovato a fare un lavoro pericolosamente stancante e con un potere d’acquisto sempre minore. Il nostro stipendio è tra i più bassi in Europa”, rimarca. Mentre in molte grandi città i costi delle case e della vita salgono.
“I lavoratori del settore pubblico si sono trovati costretti a guardare altrove. Molti si sono licenziati cercando nuove opportunità in altri ambiti, altri hanno scelto di migrare verso il privato”. E le nuove generazioni guardano lungo, evitando, “in questo momento storico di incertezza, percorsi di studio sanitari… D’altra parte perché studiare per poi essere sottopagati, aggrediti e non gratificati? – considera il delegato Fp Cgil -. Oggi chiediamo salari dignitosi per riuscire a non perire al carovita e di ridare al lavoro sanitario la dignità di cui godeva negli anni passati, rendendolo ancora attraente a chi dovrà scegliere cosa fare da grande. Chiediamo tutela per poter re-innamorarsi del nostro lavoro, affinché cessino le continue aggressioni da parte dalla popolazione insoddisfatta da un sistema che noi non abbiamo creato ma di cui siamo ineluttabili vittime”, afferma con amarezza.
Poi aggiunge: “Il gioco politico continua; il governo ci offre come soluzione alla mancanza di infermieri la nascita dell’assistente sanitario, un Oss che dopo sole 500 ore di corso e 24 mesi di esperienza lavorativa diventa al 70% un sostituto dell’infermiere. Questo gioco, finalizzato al crollo della qualità e degli standard, è solamente finalizzato al fare cassa creando ancora la necessità della sanità privata”.
E ancora: “Le politiche sono divenute divisive” e l’autonomia differenziata è un esempio lampante della migrazione sanitaria che ci sarà da quelle regioni che “con budget limitati, non riusciranno a garantire prestazioni a tutti i cittadini”. Dunque: come faranno a reggere, alle condizioni date, le regioni di approdo? Le liste di attesa sono “già sature” e il collasso del Ssn è sempre più vicino.
“Arriviamo al punto cruciale – continua Borgosano -: in questa catastrofica realtà, a salvare il sistema ci penseranno gli ospedali privati che, in un primo momento avranno prezzi accessibili ma via via, stipulando accordi con le assicurazioni, arriveranno alla capitalizzazione della salute: la nostra salute! Il ventaglio tra ricchi e poveri sarà irreparabilmente un abisso; i professionisti si troveranno a lavorare in un mercato agguerrito con la logica del risparmio da parte delle aziende private: la nostra salute sarà calcolata in D.R.G. (Diagnosis Related Group) aziendali [il sistema di retribuzione a prestazione ospedaliera invece che a giornate di degenza – ndr]. Questo spaventoso processo non è così lontano dall’oggi, va fermato e sovvertito ora – esorta Borgosano -. Dobbiamo riprenderci in mano la nostra salute, restare uniti e compatti per un Paese inclusivo. Il diritto alle cure deve essere accessibile a tutti, senza distinzione di stato sociale, differenze religiose e di genere. Siamo professionisti al servizio della collettività. Collettività da proteggere… e di cui facciamo parte”.