
L’intervento di Nicoletta Vinci, assistente sociale all’Asst Valtellina e Alto Lario, delegata Rsu Fp Cgil Sondrio, all’Assemblea delle Assemblee Cgil Lombardia ‘Pace, lavoro, democrazia’
22 sett. 2025 – “‘La diceva lunga’ solo il fatto che da Unità Socio-Sanitarie Locali, gestite dagli enti locali in forma singola o associata (con partecipazione diretta del cittadino che elegge i Consigli Comunali), siamo diventati Aziende ed era sospettabile l’avvio di un lento processo volto alla privatizzazione e al depauperamento del Servizio Pubblico, perché le parole hanno un senso, i sostantivi hanno un preciso significato e all’epoca l’Azienda era quella del privato e ancor oggi quando usiamo la parola Azienda facciamo riferimento a una ‘ditta’”.
Così Nicoletta Vinci, assistente sociale e Rsu Fp Cgil all’Asst Valtellina e Alto Lario, all’Attivo regionale delle delegate, dei delegati e delle pensionate e dei pensionati della Cgil Lombardia, riunito al Palazzetto dello Sport di Monza (Opiquad Arena), con la partecipazione del segretario generale confederale Maurizio Landini, per mettere al centro il percorso di mobilitazione, sindacalizzazione e contrattazione, in continuità con l’intensa stagione referendaria.
La privatizzazione, spiega la delegata della Fp Cgil Sondrio, ha svuotato servizi e ospedali, reso le prestazioni meno accessibili, aggravato distanze e disuguaglianze. “Siamo arrivati ad oggi ormai al limite, servizi esistenti solo sulla carta, risposte ai cittadini che non arrivano o arrivano in tempi lunghissimi, personale insufficiente chiamato a lavorare senza sosta, a coprire turni su turni, ad avere straordinari negati, ore senza poterle recuperare, fino all’obbligo di pagamento degli stessi straordinari e demotivazione ormai diffusa tra la maggior parte del personale”.
Questa deriva attanaglia lavoratrici e lavoratori. “Gli operatori si sentono discutere nei corridoi: si trascorre il proprio tempo di vita, quello lavorativo, nella fatica e nella frustrazione, nel desiderio di abbandonare il lavoro o di pensionamento, ma non per mancanza di amore per la propria professione, non per disinteresse nei confronti del cittadino e dei pazienti, ma per sconforto e rammarico dovuti alle condizioni a cui si è arrivati e per il deterioramento del sistema sanitario a cui ormai nel 2025 siamo giunti”.
La riforma sanitaria lombarda, attraverso la legge 22/2021, ha introdotto case e ospedali di comunità, cure domiciliari, integrazione socio-sanitaria. Ma Vinci parla di un’operazione di mera facciata: “L’intento reale non è certo quello di rafforzare e ‘istituire’ un Servizio Pubblico efficiente ed efficace come era l’intento dell’epoca; appaiono infatti questi, dei provvedimenti volti alla continua privatizzazione o gestione attraverso appalti, nella consapevolezza circa la carenza di personale e la scarsità dei fondi destinati alla sanità pubblica. Tante belle parole: territorio, prossimità, presa in carico, … Ma tali solo sulla carta non nei fatti”.
Il nodo politico è chiaro: “Gestire un servizio sanitario attraverso la privatizzazione e l’appalto significa togliere il diritto insindacabile alla salute, garantito dall’art. 32 della Costituzione, il diritto all’omogeneità dell’offerta pubblica su tutto il territorio e ancor peggio, negare il diritto di eguali cure per tutti, nessuno escluso; significa pensare ad una società dove la ricchezza ti permette la cura e significa diffondere un’ideologia dove le persone sono di serie A o di serie B e dove i deboli, i fragili, i poveri, non hanno diritto alla salvaguardia della loro salute e quindi non hanno diritto alla salvaguardia della loro stessa vita”.
Anche il contratto della sanità pubblica, firmato senza Cgil e Uil, è definito da Vinci senza mezzi termini: “Assenza di arretrati, aumenti ridicoli, o meglio offensivi, inserimento di figure professionali a basso costo come l’assistente infermiere, con forti profili di incertezza circa le mansioni, circa la professionalità e le responsabilità, la formazione non è garantita in orario di lavoro, aumenti ridicoli delle indennità, turni notturni anche a chi ha più di 60 anni, orario di lavoro che potrebbe subire variazioni poco chiare; un contratto al ribasso volto allo ‘sfruttamento’ della forza lavoro e forse implicitamente ma deliberatamente disincentivante per il lavoratore!”.
Mentre, nel Paese, i dipendenti pubblici diminuiscono di circa 200mila unità in vent’anni (dal 2000 al 2020), le soluzioni proposte in Lombardia peggiorano il quadro. Vinci denuncia la logica delle prestazioni aggiuntive: “Superiamo i disservizi e abbattiamo le liste d’attesa con le prestazioni aggiuntive anziché con le assunzioni? Ti pago di più, ma lavori di più! Ma quanto di più?”, incalza.
Le strutture del Pnrr, case e ospedali di comunità, restano gusci vuoti: “Le targhe fuori dagli edifici sono state messe; i tagli dei nastri sono stati fatti, ma ad oggi si tratta per lo più di scatole vuote, ma ricolme di sfiducia, esasperazione e frustrazione per professionisti e cittadini”.
L’analisi non riguarda solo la sanità: “Certo non dimentichiamo tutti i nostri servizi pubblici e i nostri colleghi della PA (Funzioni Locali, Funzioni Centrali, …), nessun miglioramento nemmeno in questi settori e logiche privatistiche diffuse; nessuno vive una situazione migliore rispetto all’altra. Oggi possiamo affermare che lo Stato è il peggior datore di lavoro nel nostro Paese”.
Il finale è un atto d’accusa e una promessa: “Siamo di fronte a un Governo che procede in maniera aggressiva, arrogante e unilaterale, salvo l’appoggio di convivenze e occhioni strizzati in virtù di favori, senza coinvolgimento delle parti sociali, nello svuotamento del servizio pubblico a favore del privato; senza pensare ai finanziamenti alla spesa militare che vengono vergognosamente sottratti a sanità e istruzione. Ma noi non ci rassegniamo, vogliamo batterci per continuare, ancora e ancora, ad essere orgogliosamente presidio di giustizia, di dignità per le persone, di diritti. Noi crediamo davvero in ciò che la meravigliosa Costituzione italiana prevede, noi siamo, e continueremo ad essere, Essenziali per Costituzione. Perché siamo la Funzione Pubblica, siamo la Cgil, è nel nostro Dna e non potrebbe essere altrimenti”.