
Negri (Fp Cgil Lombardia): “La misura è colma, serve un contratto equo e dignitoso”
26 sett. 2025 – Cgil Cisl e Uil di categoria hanno proclamato per il prossimo 31 ottobre, per l’intera giornata o turno di lavoro, lo sciopero del personale con contratto Anaste, l’Associazione nazionale strutture terza età.
Coinvolti, a livello nazionale, circa 10.800 lavoratrici e lavoratori.
Da dove nasce lo sciopero?
“L’Associazione da anni sceglie la strada della divisione e del ribasso. Già nel 2017, dopo otto anni di stallo negoziale, ha rotto il tavolo sottoscrivendo con sindacati minoritari un contratto segnato dal dumping – racconta Sabrina Negri, segretaria Fp Cgil Lombardia – . Quella scelta è stata poi ripetuta nel dicembre 2022. Due atti che hanno prodotto peggioramenti normativi, come sulla malattia, e aumenti salariali del tutto inadeguati, senza alcuna clausola di armonizzazione con gli altri contratti di settore. Da lì è partita la nostra mobilitazione confederale unitaria”.
Quali sono oggi le richieste?
“Nel settembre 2024, come Fp Cgil, insieme a Cisl Fp, Fisascat Cisl, Uil Fpl e UilTucs, abbiamo presentato una piattaforma chiara: al centro il potere d’acquisto dei salari, l’allineamento con i contratti del terzo settore già rinnovati (Anffas, Agidae, Valdesi, Cooperative Sociali, Uneba, che hanno garantito aumenti ben oltre il 10%), la revisione della classificazione, il superamento degli orari plurisettimanali e delle notti passive, l’introduzione della quattordicesima e della previdenza complementare. Eppure, a fine luglio 2025, Anaste ha scelto ancora una volta di firmare con sigle non rappresentative, tradendo le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori e confermando un modello che svilisce professionalità e diritti. Ancora più grave è l’abbassamento delle tutele sulla malattia: sei mesi in tre anni, contro i 12-18 di altri contratti. Una soglia che rende le persone licenziabili se si ammalano. È inaccettabile”.
Quindi?
“Nei primi giorni di settembre abbiamo tenuto un attivo nazionale unitario, on line, con delegate e delegati da tutta Italia – spiega Negri – . Da lì è arrivata la decisione di proclamare lo sciopero. Perché la misura è colma e serve ribaltare un impianto contrattuale costruito sulla logica del profitto, a danno delle operatrici e degli operatori. Rivendichiamo un contratto equo e dignitoso, che riconosca le lavoratrici – spesso costrette a part-time involontario – e i lavoratori. Chiediamo tutele vere sulla malattia, stabilità occupazionale, orari consolidati. Non parliamo di costi, ma di giustizia: riconoscere il valore umano e professionale di chi ogni giorno garantisce servizi essenziali alle persone più fragili”.