21 Dec 2024
HomeLeccoLettera aperta del personale de la Nostra Famiglia della Lombardia

Lettera aperta del personale de la Nostra Famiglia della Lombardia

Bosisio Parini, 30 gennaio 2020

Lettera aperta del personale de la Nostra Famiglia della Lombardia delle sedi di Bosisio Parini, Ponte Lambro, Lecco, Como, Sesto San Giovanni, Carate Brianza, Mandello del Lario, votata all’unanimità dalle assemblee dei lavoratori tenutesi il giorno 30 gennaio 2020

Per tutti noi operatori è stato estremamente deludente leggere quello che è successo in questi giorni, con l’interruzione delle trattative per il rinnovo di un contratto scaduto oramai da 13 anni.
Ma è stato per noi ancora più grave e doloroso leggere i comunicati emessi dalla nostra dirigenza relativi l’applicazione del contratto per le RSA e CDR sottoscritto nel 2012.

Questo è stato doppiamente grave:
– Prima di tutto per i contenuti del contratto, che di fatto ci vedrebbe ancora più impoveriti, con addirittura una perdita in termini contrattuali, non soltanto economica ma anche normativa, con un aumento delle ore di lavoro senza compenso ed inoltre senza che questo garantisca effettivamente un miglioramento del servizio erogato all’utenza.
– Secondariamente per la reiterazione di una ormai lunga tradizione di incapacità di comunicazione da parte di una dirigenza che provocatoriamente propone questo contratto peggiorativo proprio mentre tutti credevamo di essere così vicini al rinnovo del CCNL, e oltretutto comunicandoci che questo viene fatto nel nostro interesse. Come se dovessimo ringraziare la direzione per avere ancora un posto di lavoro. Quella stessa dirigenza che sul territorio si fregia dell’eccellenza della qualità delle cure erogate, ma che dentro casa non è in grado di riconoscere dignità agli operatori che garantiscono quei livelli di eccellenza. Operatori che per 13 anni hanno offerto non solo la loro professionalità, ma anche un’ empatia ed un’ umanità manifestata nei questionari di gradimento compilati dall’utenza. Da 13 anni fanno tutto questo con uno spirito di sacrificio che questa dirigenza non riconosce, anzi denigra. E’ ancora più grave ed incomprensibile come un istituto, che afferma di credere in valori religiosi e di voler fare “il bene fatto bene”, si dimentichi per prima cosa di quelle persone che, a differenza di chi compie scelte sulle spalle degli altri, non si limitano a proporlo come uno slogan, ma che invece praticamente e quotidianamente fanno quel bene.
La misura è colma. Non siamo disposti ad ulteriori sacrifici. Chiediamo solo che ci venga riconosciuto quanto ci spetta.

Non accettiamo che la prima misura per rientrare nel bilancio sia sempre quella di tagliare sulle spese sul personale, perché questo sicuramente si accompagnerà ad una perdita di qualità (poco coerente con quanto si afferma nella mission aziendale, di volervi impegnare per il bene dei pazienti).
Riteniamo che vi siano molte altre possibilità per far quadrare il bilancio, prima di arrivare a rivalersi sui dipendenti.

  • Da qualche anno è stato stilato un nuovo organigramma, che ha previsto un incremento delle “poltrone amministrative”
  • Abbiamo un centro “avveniristico”, in cui i pazienti sono ricoverati anche per tempi lunghi, ma non siamo in grado di offrire dei servizi alla nostra utenza. Servizi, come un bar o piccoli negozietti, che potrebbero fruttare un cospicuo introito.
  • Abbiamo un 6° padiglione con aule e sale conferenze in larga parte inutilizzate. Con un po’ di lungimiranza si potrebbero utilizzare questi spazi per corsi di formazione, consentendo al contempo di avere personale più formato e le casse più piene.

Noi operatori della sanità certamente tratteremo i nostri assistiti come sempre perché dopo tanti anni il BENE FATTO BENE è realmente una parte di noi.