Guarneri (Fp Cgil Milano): “continueremo a premere e insistere perché le lavoratrici e i lavoratori in prima linea per il diritto alla salute delle persone, e con l’orgoglio di farlo, siano tutelati al massimo livello. Per loro e per tutti”
7 apr. – Il Pat, Pio Albergo Trivulzio, per i milanesi la “Baggina” (perché sulla strada per il quartiere periferico Baggio), è nell’occhio del ciclone o, peggio, a quanto parrebbe, nelle fauci del coronavirus. I media riportano dati pesanti: 70 decessi a marzo, 30 nella prima settimana di aprile. Queste morti così numerose e anomale di anziani hanno fatto scattare l’invio di ispettori da parte del Ministero della Salute e un’ipotesi di reato per diffusione colposa di epidemia e omicidio colposo da parte della Procura di Milano. “Solo di residenze per anziani il Pat ne ha tre, di cui due in città e una a Merate. Poi ci sono due centri di riabilitazione, giusto per rendere l’idea del polo geriatrico più importante d’Italia – spiega Isa Guarneri, segretaria Fp Cgil Milano -. Tra ospiti e pazienti le persone accolte sono più di 1000 e circa 1500 le lavoratrici e lavoratori a seguirli, tra medici, infermieri, operatori. Ma il Pat, da quando è scoppiata l’epidemia, non ha mai immesso nuovi pazienti Covid trasferiti dagli ospedali perché in fase di guarigione, fa da centrale di smistamento verso le altre strutture per anziani. Le indagini ora faranno il loro corso. Noi sappiamo di certo al 100% conosciamo i timori delle lavoratrici e dei lavoratori, come ci raccontano anche i delegati. Abbiamo fatto tre note all’ente intimando di fornire i dispositivi di protezione individuale”.
Cosa manca? “Più che mascherine, come un po’ ovunque e all’altro grande polo, l’Asp Golgi Redaelli, mancano tute e camici monouso, calzari. Manca quella sicurezza che è prevenzione. Al Pat, e non solo lì, è stato anche chiesto agli operatori di non indossare le mascherine per non spaventare le persone ricoverate. Quindi alla tua domanda rispondo anche che è mancato senso di responsabilità, si è sottovalutata la portata del problema”.
Cos’altro? “C’è poca chiarezza e poca trasparenza. I vertici del Trivulzio non ci hanno mai informato compiutamente sulla situazione complessiva e le condizioni delle persone. In generale, lo stato delle strutture per anziani della nostra provincia è drammatico, basti citare la casa di riposo di Mediglia dove in un mese sono morti 63 ospiti su 150 e 15 operatori sono risultati positivi al virus”.
Torniamo, appunto, al personale in malattia al Pat, quanti sono i Covid+? “In malattia sono circa 100, ma quanti siano positivi al virus non lo sappiamo, i tamponi non vengono fatti a chi resta a casa. A dire il vero non ci risulta vengano fatti neanche agli operatori in servizio. Questo è grave. Significa non monitorare la diffusione del contagio, tra chi lavora e sull’utenza”.
E rispetto all’applicazione del Protocollo per la salute e sicurezza del personale sanitario e socio sanitario assistenziale? “Alla Fondazione Don Gnocchi, mi riferisco al centro di S. Maria Nascente, è morto anche un operatore, peraltro nostro iscritto. Tutto questo addolora, tutto questo fa rabbia. Genera frustrazione, senso di impotenza. Ma non possiamo, non vogliamo permettercele. Noi continueremo a premere e insistere perché le lavoratrici e i lavoratori in prima linea per il diritto alla salute delle persone, e con l’orgoglio di farlo, siano tutelati al massimo livello. Per loro e per tutti”.