Francesca Camesasca è infermiera coordinatrice nella clinica Zucchi di Carate Brianza, azienda della sanità privata accreditata. Da 14 anni ha il contratto bloccato e così la busta paga. Goldonetto (Fp Cgil Monza Brianza): “Mentre al personale è stato bloccato il diritto al nuovo contratto, le aziende hanno continuato a macinare profitti”
28 mag. – “Proprio l’altro giorno ho controllato due mie buste paga, una del 2006 quando lavoravo al Policlinico di Monza, e una di oggi, dell’Istituto Zucchi di Carate Brianza. Sono uguali”. Così Francesca Camesasca, infermiera coordinatrice nella clinica della sanità privata convenzionata, che parteciperà con piena convinzione allo sciopero nazionale proclamato da Cgil Cisl Uil della funzione pubblica per rivendicare il legittimo rinnovo del contratto delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità privata (il contratto è fermo, appunto, da 14 anni) e delle Residenze sanitarie assistenziali (il ccnl è fermo da 8 anni).
Il blocco riguarda diritti economici e normativi. Cosa si prova a lavorare in questa situazione? “È frustrante, nell’ottica di quanto ci è stato richiesto in questi anni – risponde Camesasca -. Mi aggiorno continuamente, rimanendo al passo dei crediti Ecm, e sono convinta di avere competenze più alte di quelle che mi vengono riconosciute. Noi lavoriamo molto meglio di 14 anni fa – aggiunge -, abbiamo una flessibilità oraria notevole e cerchiamo anche di mettere in discussione il nostro operato per farlo evolvere. È anche grazie alla nostra etica professionale, alla nostra capacità di dare, che si garantisce la qualità del servizio reso”.
“L’etica mostrata dalle lavoratrici e dai lavoratori non è la stessa offerta in questi anni dalle controparti datoriali Aris e Aiop – afferma Tania Goldonetto, segretaria generale Fp Cgil Monza Brianza -. E va senz’altro sottolineato che mentre al personale è stato bloccato il diritto al nuovo contratto, a un incremento delle retribuzioni, alla valorizzazione professionale, a una evoluzione positiva delle condizioni di lavoro e dell’organizzazione dei servizi, le aziende sanitarie private hanno continuato a macinare profitti. Basta alibi, vogliamo il contratto!”. (ta)