24 Apr 2024
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Carceri lombarde / La denuncia della Fp Cgil

Tra carenze di personale e sovraffollamento la situazione è allarmante. La segretaria generale Fp Cgil Lombardia Manuela Vanoli: “C’è un paradigma culturale da cambiare, quello di considerare le carceri come meri luoghi di emarginazione”. Il coordinatore regionale della Polizia Penitenziaria Calogero Lo Presti: “Sono anni che denunciamo le difficoltà che vivono le carceri. È tempo di prendere provvedimenti veri”

15 nov. 2022 – Alcune carceri, viste le loro condizioni strutturali, sarebbero proprio da chiudere, vedi Varese e, a Brescia, il ‘Nerio Fischione’. Ma in tutte le 18 presenti in Lombardia sono necessarie misure urgenti e serie per evitare che diventino ghetti abbandonati a loro stessi invece che luoghi istituzionali ad alta densità umana.

La situazione delle carceri è drammatica, nel Paese e nella nostra regione. Sovraffollamento e carenze di personale, a tutti i livelli del sistema, dalla polizia penitenziaria al personale educativo e al personale sanitario e amministrativo, le rendono luoghi esplosivi e – inversamente alla loro missione – pericolosi e insicuri” afferma Manuela Vanoli, segretaria generale Fp Cgil Lombardia.

Lo mostrano, purtroppo, anche i numerosi suicidi sia tra la popolazione detenuta sia tra i poliziotti penitenziari, punta estrema di altri fenomeni dannosi che vanno dagli atti di autolesionismo di chi sta in cella alle aggressioni verso chi è preposto alla sorveglianza o alla loro cura e assistenza.

La salute e sicurezza delle persone, nell’espiazione della pena e sul lavoro, deve sempre essere garantita. E c’è un paradigma culturale da cambiare, quello di considerare le carceri come meri luoghi di emarginazione, depotenziando anche così il dettato costituzionale per cui le pene devono avere funzione rieducativa come deterrente ad altri reati e responsabilizzare le persone per il loro reinserimento socialeragiona Vanoli -. Le carceri sono un presidio pubblico come lo sono i tribunali, gli ospedali, gli uffici comunali e le sue lavoratrici e lavoratori vanno tutelati, riconosciuti e messi nelle condizioni di operare con valore per la società tutta. Le carceri sono mondi abitati da persone portatrici di dignità – continua – e, in questo caso sì, in un equilibrio più complesso e fragile. Lo Stato deve includerle nel suo mandato di presa in carico dei bisogni e degli obbiettivi della collettività. Facciamo appello al Ministro della Giustizia”.

Dal canto suo, quello di coordinatore regionale della Fp Cgil Polizia Penitenziaria, Calogero Lo Presti snocciola numeri allarmanti. Partiamo proprio dalle lavoratrici e lavoratori del Corpo. “In Lombardia siamo sotto di oltre 600 poliziotti tra agenti, sovrintendenti, ispettori e funzionari del ruolo direttivo. Già ridotti in pianta organica dalla riforma Madia, e considerando anche qualche centinaio di figure distaccate presso altre regioni, sulla carta dovremmo essere in 4.673, in tutti i ruoli, mentre siamo in poco più di 4000. Mancano anche figure intermedie come i sottufficiali, spesso surrogati, in diversi istituti, dagli assistenti capo”.

Queste carenze cosa comportano? “Carichi di lavoro e di responsabilità più pesanti, quando non il dover assolvere a mansioni superiori, vedi appunto per gli assistenti capo, senza avere un’adeguata formazione e preparazione professionale”.

Rispetto al sovraffollamento? “Il dato varia di continuo, la capienza regolamentare è di 6.161 persone a fronte delle circa 8.150 attualmente presenti nelle carceri lombarde. Complessivamente, in Italia, nei 189 istituti penitenziari invece che le 51.174 persone detenute previste ce n’è circa 56.225, quindi 5.051 in più, di cui 2.000 solo in Lombardia. Questi numeri dicono da soli della gravità della situazione – rileva Lo Presti -. Il tema delle persone extracomunitarie, che di media rappresentano il 50% dei detenuti (con punte nelle case di reclusione di Cremona, 63.84%, Mantova, 63.49%, San Vittore, 61.49%) c’è tutto. Hanno una storia pesante alle spalle, sono spaventate e segnate, e questo porta alcune di loro ad atteggiamenti più turbolenti. C’è la difficoltà a comunicare con loro per via delle differenze linguistiche e senz’altro avremmo bisogno di una figura preziosa qual è quella del mediatore culturale. Ma aggiungo che c’è anche il tema delle persone con problemi di salute mentale, che dovrebbero poter ricevere quell’assistenza a cui non sono né preposte né preparate le lavoratrici e lavoratori della polizia penitenziaria”.

Quindi? “Sono anni che, come Fp Cgil Lombardia, denunciamo le difficoltà che vivono le carceri. È tempo di prendere provvedimenti veri. Da servitore dello Stato quale sono, e in rappresentanza sindacale di tante colleghe e colleghi, insisto nel rivendicare più considerazione e rispetto per il compito istituzionale che ci viene dato e nell’ottemperanza della nostra Carta Costituzionale. Occorrono misure deflattive per la popolazione detenuta, un potenziamento delle misure alternative, e tutto il personale che serve a svolgere bene, per sé e per gli altri, tutte le mansioni del caso. Rivendichiamo anche sedi dignitose per chi lavora e per chi è in detenzione”.