22 Dec 2024
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Ex Rdc / Un “supporto per la formazione e il lavoro” per ora solo sulla carta

tasche vuote

La misura del governo partirà il prossimo 1° settembre ma per ora c’è solo il progetto. “Tutto fumo e negli occhi delle persone più fragili”, afferma Antonio Lenzi, operatore al Cpi di Gallarate e delegato Fp Cgil Varese. Con il segretario Fp Cgil Lombardia Dino Pusceddu che preannuncia la mobilitazione

25 ago. 2023 – Il Decreto lavoro ha abolito il reddito di cittadinanza (Rdc), misura di sostegno nata nel 2019 e la cui fine è segnata col termine del 2023, soppiantata dall’assegno di inclusione (Adi) a partire dal 2024. Questo per quanto riguarda quei nuclei familiari con minori, persone disabili o con accertato disagio bio-psico-sociale, over 60. Per tutti gli altri nuclei, circa 240mila complessivamente (i cosiddetti “occupabili”, dai 18 ai 59 anni), giunti alla settima mensilità scatta lo stop dell’assegno, preceduto da un avviso via sms dell’Inps sulla partenza del Supporto per la formazione e il lavoro. Come già accaduto a luglio e come in questa coda d’agosto.

Tutta questa operazione quale impatto avrà sui Centri per l’impiego? Lo chiediamo ad Antonio Lenzi, operatore a Gallarate e delegato della Fp Cgil Varese.

“L’impatto di questa misura, dal punto di vista numerico, è importante e va a colpire, paradossalmente e, a mio avviso, colpevolmente, le persone più fragili, quelle senza una rete di supporto e per cui il Rdc era l’unica possibilità per emanciparsi dal bisogno. Sono particolarmente arrabbiato per un aspetto”, esordisce Lenzi.

Cioè? “Nessuno lo dice, ma per gli invalidi hanno alzato l’asticella. Prenderà l’Adi chi ha una invalidità pari o superiore al 67%. Tutte le altre persone sono considerate occupabili, indipendentemente dalla condizione di inabilità con cui fanno i conti”, risponde il delegato della Cgil.

Com’è il sostituto del Rdc per gli occupabili? “Il Supporto formazione e lavoro è un’indennità di 350 euro mensili, per un anno, per chi frequenta percorsi formativi, appunto. Ma non si vagliano tre problemi. Il primo è che occorre un Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) di 6000 euro anziché di 9360 euro, come era prima per il Rdc. La soglia è stata ridotta. Il secondo problema è che questa misura dovrebbe funzionare con la nuova piattaforma unica di gestione SIISL che attualmente però non c’è e mancano pochi giorni al 1° settembre. Senza considerare che le politiche attive del lavoro in Italia si basano su 20 sistemi regionali differenti per cui non si avrà mai, o sarà molto difficile, una interoperabilità tra le diverse piattaforme. Sarà dunque un sistema monco – sottolinea Lenzi -. Sempre rispetto a questa criticità, va detto anche che non è stato ancora programmato nulla per la formazione delle operatrici e degli operatori. Al SIISL accederanno i Centri per l’impiego, gli assistenti sociali (per l’assegno di inclusione e la presa in carico dei non occupabili), i Caaf e Patronati. Come si può sperare che, magicamente, dal 1° settembre, gli operatori possano compilare la domanda per il Supporto? E figuriamoci come potrebbe poi farlo un cittadino da solo…”.

Il terzo problema? “C’è una responsabilità, per quanto concerne la Lombardia, della Regione. Bisogna attivare percorsi formativi e attualmente c’è solo il programma Gol (garanzia di occupabilità dei lavoratori). È pensato anche per i percettori del Rdc ma per loro servirebbe un piano più strutturato”.

Perché? “Gol ha un tetto di 150 ore, pari a circa 2-3 mesi di formazione. Per il reinserimento lavorativo di queste persone servono invece corsi intensivi perché, ricordiamolo, oltre il 70% di loro ha solo la terza media ed è senza occupazione da più di 5 anni. Con il cambiamento e la complessità del mondo del lavoro in essere, realisticamente è molto più arduo ricollocarsi senza avere competenze specifiche”.

Una dichiarazione finale? “È difficile valutare un decreto che resta al momento solo sulla carta, mancandone tutta l’applicazione pratica. Tutte le dichiarazioni stampa che stiamo leggendo in questi giorni restano allora fumo. Come funzionerà questa nuova misura? Lo chiediamo per primi noi operatrici e operatori. I Cpi e gli assistenti sociali ribollono e quando ci chiedono informazioni abbiamo difficoltà a poter dare un quadro completo di ciò che aspetta gli utenti perché mancano troppi tasselli”.

Per Dino Pusceddu, segretario Fp Cgil Lombardia, “Il governo se la prende con la povertà e non con chi la provoca. Migliaia di persone in condizione di bisogno, nella sola Lombardia, si stanno rivolgendo ai comuni e ai centri per l’impiego. Peccato che chi lavora nei servizi sociali e nei Cpi sia lasciato senza strumenti adeguati e senza informazioni da parte delle istituzioni. Ancora una volta si scaricano sulle lavoratrici e i lavoratori pubblici dipendenti gli effetti di politiche ideologiche e dannose. Il governo dovrebbe rafforzare il ruolo pubblico, dare valore ai servizi pubblici e invece cresce la partecipazione dei soggetti accreditati privati. Non staremo a guardare. Partirà la nostra mobilitazione e avrà una tappa nella manifestazione nazionale del 7 ottobre a Roma, ‘La Via Maestra. Insieme per la Costituzione’”.

– Decreto Lavoro CPI – Volantino FP CGIL