di Manuela Vanoli, segretaria generale Fp Cgil Lombardia
Il nostro Paese ha bisogno di grandi cure. E di chi può garantirgliele.
Il primo passo per rendere possibile l’urgente cambiamento, a fronte dei pericolosi medicamenti velenosamente liberisti del governo e a fronte delle poli crisi in corso – dal post Covid che continua alla guerra in Ucraina e alla deriva ambientale -, il primo giusto passo è la partecipazione democratica delle lavoratrici e lavoratori, delle pensionate e pensionati, dei giovani, di una popolazione tutta che si sente coinvolta perché sa o capisce cosa vuol dire avere bassi redditi o un lavoro precario che non bastano a vivere dignitosamente.
Una popolazione che quindi esige il diritto al lavoro dignitoso, stabile e paritario, il rinnovo del contratto nazionale con incrementi adeguati, la rivalutazione delle pensioni e di poterci andare, in pensione, in un tempo decoroso.
Una popolazione che esige il diritto allo studio e alla formazione permanente, e di pagare le tasse tutti, risocializzando la ricchezza, senza i furbetti dell’evasione fiscale e, tanto più, chiedendo pegno a chi fa extraprofitti, per avere servizi pubblici efficienti, innovativi e più forti.
Una popolazione che esige il diritto alla salute con accesso alla sanità pubblica, gratuita e universale, così come è nato il nostro Servizio Sanitario Nazionale.
E invece, mentre la sanità privata avanza e fa profitti, mentre la medicina generale sul territorio fa i salti mortali e va ad estinguersi, quattro milioni di italiani rinunciano a curarsi, le liste d’attesa negli ospedali debordano, il personale sanitario, già a forze ridotte, fugge dalle strutture pubbliche perché non regge le condizioni e i ritmi di lavoro. Chi resiste, tra le lavoratrici e i lavoratori, ha costi pesanti in termini di salute e tempi di vita.
La situazione della sanità pubblica è l’apice di una condizione che attraversa tutte le pubbliche amministrazioni, con sempre meno personale e sempre più affaticato, perdita di attrattività per il suo stato organizzativo e logistico e la scarsa valorizzazione dei dipendenti. Cosicché i concorsi pubblici non stanno incassando come dovrebbero. E l’impatto negativo sui servizi erogati si sente, a tutti i livelli, su chi lavora e sull’utenza: dai tribunali agli uffici comunali e ai Centri per l’impiego, dalla Polizia Locale ai servizi ambientali, dai servizi 0-6 anni agli operatori dell’Inps e agli assistenti sociali, per citare alcuni casi.
Per questo la Fp Cgil sta continuando a ribadire l’urgenza di un piano straordinario per l’occupazione pubblica.
Senza il quale ci saranno sempre meno diritti di cittadinanza e sempre più mercato, tagli e privatizzazione: cioè, nella società data, sempre più difficoltà e disuguaglianze.
Tanti sono i problemi. E il governo cosa fa?
Mentre le carceri sono in sovraffollamento, con la dignità delle persone in un buco nero, mentre le aggressioni crescono e le lavoratrici e i lavoratori di tutto il sistema penitenziario arrancano, il governo anziché attivarsi per potenziare gli organici guarda all’inasprimento di alcune pene come alla soluzione dei problemi.
E va avanti con politiche punitive, seguendo logiche securitarie, anche verso i migranti: sempre richiudendo in centri umilianti, ancora per più mesi, persone innocenti, in fuga da una vita impossibile.
E mentre tutti i giorni le persone muoiono sul lavoro, il governo non rinforza gli organici dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, né prevede misure per tutelare i Vigili del Fuoco dai pericoli certi per la loro salute.
E ai giovani risponde con toni repressivi, alle donne secondo il patriarcato, alle differenze umane con l’oscurantismo, alle persone anziane e a quelle fragili senza attenzione, alla povertà con la colpevolizzazione. Alla ricerca della pace con logiche di guerra.
Alle persone non si risponde accogliendole con la complessità del loro esserlo e dei loro bisogni, come dovrebbe fare uno Stato responsabile e garante della Carta Costituzionale.
Alle organizzazioni sindacali più rappresentative vengono date, quando il governo lo fa, risposte fittizie o deludenti. In questa cornice, accade sempre più spesso che ai tavoli negoziali le parti datoriali si sentano legittimate a fare accordi con organizzazioni minoritarie e che siglano, a danno di lavoratrici e lavoratori, minori diritti e tutele.
Anche per questi motivi, sabato 7 ottobre saremo in Piazza San Giovanni a Roma con tutta la CGIL e tantissime associazioni.
È la Costituzione, con i suoi valori e principi fondamentali, ad essere sotto attacco, a partire dalle sue origini, la lotta di Resistenza. C’è un piano preciso, anche culturale, da parte di questo governo di destra. Un piano che divide, invece che unire il Paese, che aumenta dislivelli e spariglia poteri. Così noi diciamo no all’autonomia differenziata e al presidenzialismo.
Come categoria che rappresenta le lavoratrici e i lavoratori dei servizi pubblici, erogati dal pubblico e dal privato, difendiamo e vogliamo rafforzare i diritti di cittadinanza che significano la messa in pratica della Costituzione, con le persone, il loro rispetto e la loro protezione al centro.
Siamo “essenziali per Costituzione” e orientati alla Costituzione, vogliamo una società con più forti diritti e servizi pubblici per tutte e tutti. E i diritti di cittadinanza si tengono insieme ai diritti del lavoro.
Un esempio. Nel nostro ambito gravita, tra gli altri, il variegato mondo della cooperazione sociale e del Terzo Settore, il mondo degli appalti e dei subappalti a cascata. C’è dunque una grande fascia di lavoratrici e lavoratori che subiscono contratti pirata al massimo ribasso, il lavoro povero (in busta paga e nei diritti), la precarietà esistenziale come condizione ordinaria. Ed è una fascia trasversale di competenze: dalle persone senza titoli ma con grande esperienza a quelle con alta professionalità. Su tutte viene agita un’ingiustizia ed è anche per questo che rivendichiamo e continueremo a rivendicare una legge sulla rappresentanza.
Lavoro, contratti, fisco, giovani, pensioni, stato sociale, sanità pubblica, assunzioni, antifascismo sono alcuni temi di impegno del nostro quotidiano cui fa da filo rosso una parola concreta: diritti.
Quel filo ha una ‘Via Maestra’. Ed è un nostro dovere, oltre che un dono, percorrerla.
Sulla via della Costituzione, allora, a Roma, il 7 ottobre, una piazza ci aspetta.
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