20 Dec 2024
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Sanità pubblica lombarda / L’indennità di Pronto soccorso: un riconoscimento tardivo ma necessario

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Intervista a Bruno Zecca, segretario regionale Fp Cgil Medici, Veterinari e Dirigenti Ssn  

19 dic. 2024 – Finalmente, dopo mesi di attese e confronti serrati, le lavoratrici e i lavoratori dei pronto soccorso lombardi vedono riconosciuta una nuova indennità che prova a dare dignità a un impegno quotidiano straordinario. Dietro le cifre ci sono turni interminabili, responsabilità gravose e un’esposizione continua a stress e rischi. Ma è davvero tutto risolto?

Lo chiediamo a Bruno Zecca, segretario Fp Cgil Lombardia Medici e Dirigenti Ssn.

L’indennità di Pronto soccorso rappresenta un passo avanti per le lavoratrici e i lavoratori?
“Assolutamente sì, ma è un passo che arriva tardi. L’indennità, stabilita nel contratto nazionale firmato a gennaio 2024, è stata il frutto di una lunga lotta per far riconoscere le condizioni particolari di chi opera in pronto soccorso. Parliamo di professioniste e professionisti che affrontano quotidianamente emergenze sanitarie con carichi di lavoro sempre più pesanti. Tuttavia, rimane ancora da verificare che tutte le aziende ospedaliere la applichino in modo uniforme, ed è per questo che abbiamo preteso un monitoraggio regionale entro gennaio 2025”.

Quali sono i punti critici nell’applicazione di questa indennità?
“Il problema principale riguarda la trasparenza e l’uniformità. L’indennità deve essere calcolata e corrisposta in base ai turni effettivamente svolti da chi ha prestato effettivamente servizio ‘alla porta d’ingresso’ dell’ospedale. È fondamentale sorvegliare che non venga ampliata arbitrariamente la platea degli aventi diritto in ogni singola azienda. Questo andrebbe ad assottigliare il valore economico orario dell’indennità. Come ampiamente espresso in fase di confronto – aggiunge Zecca – siamo convinti che i valori economici siano sottostimati. È quindi possibile che, in fase di redistribuzione dei residui, possano essere corrisposte quote significative. Come Fp Cgil abbiamo firmato il verbale con una nota specifica proprio per garantire il monitoraggio e la redistribuzione di eventuali residui”.

Quali sono le proposte della Fp Cgil per migliorare l’organizzazione e le condizioni di lavoro nei servizi di emergenza-urgenza e nei pronto soccorso?
“Come Fp Cgil, al tavolo tecnico regionale sul tema di guardie, pronta disponibilità e orario di lavoro, stiamo promuovendo un cambiamento culturale tanto semplice quanto difficile da far accettare: nei servizi di emergenza-urgenza, l’attività dovrebbe essere programmata senza un’articolazione rigida su base settimanale. In altre parole, una volta esaurito il debito orario, non è necessario che il personale sia presente per cinque o sei giorni a settimana, perché i pronto soccorso sono operativi 24 ore su 24 – considera il medico sindacalista -. Questo cambiamento di mentalità renderebbe il lavoro più flessibile e conciliabile con la vita privata, un aspetto cruciale per molti medici che stanno abbandonando il settore a causa delle attuali condizioni di lavoro. Dopo l’introduzione dell’indennità, sarebbe un secondo passo fondamentale per migliorare le condizioni nei pronto soccorso”.

Come si intende affrontare il problema dei bassi salari e delle disuguaglianze retributive nei pronto soccorso, considerando anche le diverse figure professionali coinvolte?
“Per migliorare le retribuzioni dei medici di pronto soccorso, puntiamo a intervenire anche a livello aziendale. L’obiettivo è aumentare non solo le indennità, che rappresentano una voce variabile, ma soprattutto assegnare incarichi professionali adeguati, che costituiscono una voce fissa della retribuzione. Il pronto soccorso è, per definizione, il sistema più complesso dell’ospedale – specifica -: non puoi scegliere i pazienti che arrivano, devi essere pronto a gestire qualsiasi situazione senza preavviso e con risposte adeguate per ogni necessità, dalle emergenze ai codici minori. Per questo motivo, i medici di pronto soccorso dovrebbero ricevere incarichi professionali di alto valore economico e professionale. Tuttavia, in molte aziende ospedaliere non viene riconosciuta neppure la parte variabile della retribuzione di posizione, che è a carico dell’azienda.
Fortunatamente, il contratto collettivo nazionale ha fissato soglie minime, soprattutto per i colleghi con maggiore anzianità di servizio. Tuttavia, il problema dei bassi salari non riguarda solo i medici: è urgente affrontare anche le retribuzioni di infermiere e infermieri, oltre che di operatrici e operatori socio-sanitari. Se non agiamo rapidamente, rischiamo di perdere professionalità preziose, costruite con anni di esperienza sul campo, in team multiprofessionali. Non possiamo permetterci di disperdere questo patrimonio umano e professionale”.

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