La testimonianza di due educatrici professionali del mantovano. Tomasini (Fp Cgil): “Auspichiamo che i provvedimenti in discussione in Parlamento facciano voltare presto pagina, tutelando tutte le lavoratrici e i lavoratori, anche quelli senza titoli ma con oltre 20 anni di pratica sul campo. La manifestazione del 7 ottobre a Roma sarà una nuova occasione di lotta anche per questo”
15 sett. 2023 – Dopo i presidi del 14 settembre, per dare riconoscimento pieno e stabile, e per valorizzare la figura delle educatrici ed educatori dell’inclusione scolastica, arrivano due testimonianze, dal territorio mantovano, che mostrano la carne viva delle problematiche di queste lavoratrici e lavoratori.
La prima storia arriva da D.S., un diploma di dirigente di comunità, una laurea in educatore professionale, 24 CFU (crediti formativi universitari) e altri attestati.
“Nonostante questo, la mia retribuzione è di 9,66 euro lordi. Ho un contratto a tempo indeterminato di neanche 30 ore settimanali e di 10 mesi su 12, suddiviso su due scuole secondarie di primo grado dello stesso Comune e devo quindi spostarmi continuamente da una sede all’altra, perdendo ore o arrivando spesso in ritardo – racconta la lavoratrice -. Ho tre figli e per poter lavorare pago nido e pre-scuola. Ma a me, se manca l’allievo disabile che seguo, non vengono riconosciute le ore, mentre potremmo invece, restando, renderci utili per altri ragazzi e ragazze. Non ho, dunque, la certezza dell’importo della mia retribuzione mensile, ma solo la sicurezza delle continue spese. Per questo, per garantirmi un’entrata economica nei mesi scoperti devo collaborare con altre cooperative sociali, nella speranza di non dover pagare pegno nel 730 per la presenza di più CUD”.
All’interno della stessa scuola, poi, nonostante il ruolo svolto anche per supportare spesso insegnanti di sostegno nella preparazione dei materiali, delle verifiche o nei confronti con processori curriculari (“il tutto non riconosciuto perché abbiamo un budget di ore di programmazione ridotto”, la lavoratrice si sente un’appendice e non parte integrante del sistema. “Nonostante affianchiamo in tutto utenti e insegnanti, non possiamo partecipare a riunioni e decisioni, se non in rari casi”.
Da qui una decisione alle porte. “Di certo tutti questi presupposti fanno sì che la mia permanenza nel ruolo dell’educatore all’interno della cooperativa abbia ormai i giorni contati. E nonostante io ami il mio lavoro. Credo che noi educatrici ed educatori abbiamo tutte le carte in regola per far davvero parte dell’organico scolastico e un giusto riconoscimento e coinvolgimento potrebbe fermare questa nostra continua fuga e essere invece un valore aggiunto, qual è”.
N.C., educatrice scolastica, anche lei alle dipendenze di una cooperativa sociale, è la protagonista della seconda storia.
“Faccio questo lavoro da un po’ di anni, mettendoci amore e professionalità. Quando le persone mi domandano che lavoro faccio e io rispondo che lavoro come educatore scolastico, mi dicono: ‘Ah che brava! E sei pagata?’. A quanti succede di sentirsi porre domande simili, che tradiscono il pensiero che la nostra non sia considerata pienamente una professione! …”, considera amaramente.
Anche lei evidenzia il senso di esclusione nello svolgere la sua attività. “Facciamo parte di un sistema scolastico che non ci integra al 100%, obbligandoci a incastrare i mille pacchetti di ore in una mattinata (e se l’utente è assente, torni a casa e non sei retribuito) e a girare come delle trottole… Aggiungerei a tutto questo una non adeguata retribuzione – prosegue -. Credo che, per le competenze e la professionalità impiegate tutti i giorni, non possiamo continuare a essere svalutati in questo modo e che si debba quanto prima trovare una soluzione nei nostri confronti. Diversamente, la maggior parte di noi prenderà strade diverse pur amando il proprio lavoro”.
“Queste due storie mostrano le difficoltà concrete e il sentire di chi lavora nell’ambito dell’inclusione scolastica, sotto appalto e con il part-time ciclico verticale. Auspichiamo che i provvedimenti in discussione in Parlamento facciano voltare presto pagina, in meglio, a queste lavoratrici e lavoratori, tutelandoli tutti. Anche quelli che, senza titoli, hanno comunque maturato, in oltre 20 anni di pratica nel settore, una professionalità preziosa per le alunne e gli alunni con disabilità e il loro diritto allo studio – dichiara Magda Tomasini, segretaria Fp Cgil Mantova -. La nostra categoria è fortemente impegnata in questa lotta di civiltà e dignità. Il 7 ottobre, alla manifestazione a Roma, “La Via Maestra. Insieme per la Costituzione”, sarà una nuova occasione per sostenerlo”.