Intervista a Antonella Trevisani, coordinatrice Fp Cgil Lombardia
10 lug. 2024 – “In Lombardia la Fp Cgil ha aperto lo stato di agitazione delle lavoratrici e dei lavoratori delle Funzioni Centrali per situazioni che ritroviamo anche nell’Inps: carenze di personale e conseguenti carichi di lavoro oltre misura, stipendi che arrancano col carovita, scarsa appetibilità del posto pubblico. Per un ente come il nostro che eroga welfare, il tema della tenuta dei servizi è quantomai serio e urgente”. Così Antonella Trevisani, coordinatrice regionale della categoria.
Quant’è la carenza di personale?
“Il dato nazionale complessivo al 1° giugno 2024 registra alle dipendenze dell’istituto 25.241 lavoratrici e lavoratori e un fabbisogno sostenibile pari a 29.919 unità. Quindi la carenza è di 4678 persone e si fa sentire soprattutto nelle regioni del Nord. Va anche considerato che ogni mese, per pensionamento, le sedi di tutta Italia continuano a perdere personale. In Lombardia il personale, sempre al 1° giugno scorso, è di 1866 unità, più le 1152 persone presenti a Milano – risponde Trevisani -, mentre nel 2016 la Lombardia senza Milano contava 2.181 organici. Va ricordato che questo è un territorio non solo densamente popolato ma anche con un tessuto imprenditoriale decisamente importante e l’Inps rivolge le sue prestazioni anche a tutte le imprese, appunto”.
All’assemblea nazionale Fp Cgil Inps del 9 luglio quali sono stati i temi trattati?
“Purtroppo i temi sono, sostanzialmente, sempre gli stessi e questo la dice lunga su come i nodi restino nel pettine senza venire sciolti – afferma la sindacalista -. Molto sentita è la questione del mancato riconoscimento economico del lavoro pubblico sia rispetto a come stanno andando le trattative per il rinnovo contrattuale (con incrementi che non recuperano l’inflazione di questi anni) sia per le ripercussioni dello stallo del ccnl sulla contrattazione integrativa, viste le difficoltà a costruire una valorizzazione interna del personale, a dare più incentivi alle attività produttive e a erogare indennità maggiori per i ruoli previsti. Certo è che, come dicevo all’inizio, il grande problema resta quello delle assunzioni”.
Ma non ci sono stati i concorsi?
“Sì, uno nel 2019 e uno nel 2023. Un terzo è in arrivo. Ma questi concorsi pubblici non hanno portato una boccata d’ossigeno sufficiente a garantire la tenuta dei servizi di prossimità. Se, negli anni ’90, sono state portate avanti politiche di decentramento per avvicinarsi alle cittadine e ai cittadini e per fare delle sedi Inps dei presidi di vigilanza sul territorio, ora queste politiche stanno sbriciolandosi. A danno delle aree più disagiate, più periferiche e più isolate, vedi le sedi montane (da Bergamo e Brescia a Varese e Sondrio) o nei paesini della Bassa padana. Alla esigibilità dei diritti di cittadinanza si aggiunge quella dei diritti del lavoro – rileva Trevisani -. Se un’agenzia territoriale dell’Inps è mandata avanti soltanto da 3 o 4 operatrici e operatori è difficile programmarsi le ferie (non solo quelle estive) e conciliare i tempi della vita personale: a far saltare ogni piano basta che qualcuno si ammali o un imprevisto qualsiasi. Detto ciò, non è che alla DCM (Direzione di coordinamento metropolitano – ndr) di Milano il personale in essere gongoli: le colleghe e i colleghi sono pochi e i carichi di lavoro si fanno sentire. Tornando ai concorsi – prosegue -, altro punto dolente è che chi li vince, visti i costi, trova poco favorevole fermarsi al Nord. La maggior parte dei vincitori arriva dalle aree del Sud e al Sud vuole fare ritorno. È proprio cambiato un mondo”.
Le assunzioni sono quindi fondamentali.
“Certo, anche per un’organizzazione del lavoro che preveda il supporto dello smart-working. Siccome la presenza agli sportelli va garantita, se non c’è sufficiente personale questa modalità lavorativa non trova spazi adeguati ai tempi. E si creano anche disuguaglianze nell’istituto, dove c’è chi riesce a praticarlo e chi no. E il bello è che l’Inps sta pensando di potenziare tutta la parte tecnologica, la digitalizzazione, l’automazione attraverso l’intelligenza artificiale”.
Non va bene?
“L’innovazione tecnologica quando dà supporto alle lavoratrici e ai lavoratori e ai servizi, velocizzandone i tempi, è positiva. Ma l’automazione è efficace ed efficiente se tutto quadra, se i dati sono tutti in linea e la situazione non sempre è così, non sempre i dati degli archivi sono ‘puliti’ e non tutte le variabili delle situazioni umane si possono schematizzare. Ma, soprattutto, c’è un’utenza cui dare riscontro, le cittadine e i cittadini hanno bisogno di risposte argomentate, di capire attraverso la relazione umana, e le lavoratrici e i lavoratori sono in grado di intercettare i loro bisogni, mentre un robot procede per schemi. Inoltre anche le aziende hanno una loro specificità. Insomma, la questione è complessa e delicata”.
Altre soluzioni dell’Inps per garantire i servizi in Lombardia?
“Al momento l’Inps sta puntando sulla sussidiarietà, cioè sta trasferendo le pratiche da lavorare a sedi fuori regione che non hanno i nostri problemi e quindi, invece che rafforzare i servizi sul territorio, li allontana. Se la strada è questa, le ricadute negative sul territorio saranno forti. Per quanto ci riguarda, come Fp Cgil, continueremo a battere sul chiodo del piano occupazionale e del rendere attrattivo questo lavoro alle nuove generazioni. Un tempo l’Inps era una meta ambita e non è più così, in Lombardia. Per questo pensiamo anche a concorsi su base regionale o interregionali in ragione delle carenze di organico, così chi si candida può scegliere già la regione di destinazione. Modello praticato all’Agenzia delle Entrate da decenni”.