Il Servizio Sanitario Nazionale è in ginocchio. Salari inadeguati, carenze di personale e privatizzazioni selvagge minacciano il diritto alla salute delle persone. A fronte di proposte contrattuali irrisorie e una politica che volta le spalle alle lavoratrici e ai lavoratori, lo sciopero generale di Cgil e Uil si impone come un grido di protesta e di leva al cambiamento. Intervista a Lello Tramparulo, segretario Fp Cgil Lombardia
22 nov. 2024 – La sanità pubblica è al collasso, strozzata da anni di tagli e privatizzazioni selvagge, a partire dalla Lombardia. Il personale è allo stremo, costretto a lavorare in condizioni sempre più difficili e demotivanti, a fronte di salari inadeguati. Lo sciopero generale del 29 novembre, indetto da Cgil e Uil, non a caso mette al centro il futuro del nostro Servizio sanitario nazionale e la salvaguardia di queste lavoratrici e lavoratori, decisivi per garantire il diritto alla salute delle persone.
In questo scenario preoccupante, si inserisce la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale. L’Aran, l’agenzia negoziale del governo, ha presentato una proposta a dir poco irrisoria, con un aumento salariale del 5,78% a fronte di un’inflazione che galoppa al 16-17%. Una miseria che non copre nemmeno un terzo del costo della vita.
Per capire meglio la situazione e le prospettive future abbiamo intervistato Lello Tramparulo, segretario della Fp Cgil Lombardia, che sta partecipando a diverse delle numerose assemblee organizzate nei territori.
Quali sono i punti critici della trattativa per il rinnovo del ccnl della sanità pubblica?
“Il problema principale è la totale inadeguatezza della proposta economica del governo. L’aumento salariale del 5,78% è ridicolo e non copre nemmeno un terzo del costo della vita. Gli aumenti proposti per le indennità di specificità infermieristica e di tutela del malato sono minimi (5,22 euro e 2,95 euro lordi mensili). Le risorse per il fondo del salario accessorio saranno estremamente limitate, circa 10 euro pro capite. E denunciamo l’utilizzo di risorse destinate al futuro contratto 2025/27 per coprire gli incrementi attuali – risponde il dirigente sindacale -. Si è tornati a una fase di austerità, in cui si deve tirare la cinghia. La legge di bilancio si estende fino al 2025-26 e ha programmato un calo salariale per i prossimi tre anni – sottolinea -. Ma, sul ccnl, non è solo una questione di soldi”.
Cioè?
“La parte normativa del contratto è altrettanto deludente. Manca innovazione, mancano misure concrete per migliorare le condizioni di lavoro, per il sistema di classificazione, per valorizzare le professionalità e garantire il welfare. È scandaloso, poi, che il personale sanitario si veda costretto a lavorare fino a 67 anni, nonostante la gravosità del lavoro sostenuto tra mille difficoltà. Sono persone spremute per anni e anni, con turni incessanti, ferie, riposi saltati. Il governo volta la schiena alle nostre richieste, parendo più interessato a smantellare il servizio sanitario nazionale che a rilanciarlo. Vergogna!”, incalza.
Il fronte sindacale si sta però sgretolando al tavolo negoziale.
“Come categoria, abbiamo il brutto precedente della preintesa separata delle Funzioni Centrali, esito di un colpo di coda dell’Aran per stoppare trattative ancora in corso e chiuse bruscamente con i sindacati che si sono accontentati – racconta Tramparulo -. Noi, anche per la Sanità Pubblica respingiamo un contratto al ribasso, l’idea di dare briciole alle lavoratrici e ai lavoratori e non accetteremo esche, vedi la defiscalizzazione di alcune indennità, per firmare. Vogliamo un rinnovo contrattuale equo e rispettoso, con aumenti salariali significativi. E chiediamo misure concrete per affrontare la carenza di personale, lo stress lavorativo, il burnout. Quindi un aumento delle assunzioni, una migliore organizzazione del lavoro e un maggiore sostegno al personale, anche con interventi per la conciliazione vita-lavoro, la formazione e la salute di queste persone che si prendono cura delle persone – afferma Tramparulo -. La riforma del sistema di classificazione del personale è imprescindibile per valorizzi le diverse professionalità presenti nel settore. Mentre diciamo no all’aumento delle prestazioni aggiuntive e delle pronte disponibilità, che sono un ulteriore carico di lavoro per il personale, senza risolvere il problema della carenza di organico. Per la sanità pubblica bisogna investire”.
Diversamente, quali le conseguenze?
“Le conseguenze sono cupe. La fuga di personale dagli ospedali pubblici è un fenomeno ormai endemico. Sempre più infermieri e medici scelgono di andare a lavorare in Svizzera o nel privato, dove le condizioni economiche e lavorative sono migliori. Questo depauperamento di professionalità mette a rischio la qualità del servizio offerto alle cittadine e ai cittadini. Nella nostra regione, che in tema di smantellamento della sanità pubblica ha fatto da apripista trent’anni fa – prosegue -, stiamo assistendo a sempre più marcate privatizzazioni, con la proliferazione di grossi gruppi e di strutture private che offrono servizi a pagamento a chi se li può permettere. Ma le esternalizzazioni sono in pancia alle stesse strutture pubbliche, come abbiamo denunciato più di un anno fa con una ricerca appositamente commissionata. Questo sistema a due velocità – continua – rischia di aumentare le disuguaglianze e di minare in modo irreparabile il diritto alla salute per tutti”.
Lo sciopero può cambiare la situazione?
“Allo stato attuale, lo sciopero è l’unico strumento che abbiamo per far sentire la nostra voce e per difendere il Servizio sanitario nazionale e la sua universalità di accesso. È dunque forte l’appello a partecipare alla giornata di lotta. Dobbiamo mobilitarci in massa per far capire al governo che non ci arrenderemo a questa deriva del Ssn e che vogliamo un contratto di lavoro dignitoso, non un contratto che impoverisce e distrugge la sanità pubblica, a danno della collettività e del personale che eroga i servizi”.