Oggi la prima tappa del presidio unitario confederale lombardo, con le categorie della fp e i sindacati dei pensionati per dare una svolta al sistema di welfare regionale
16 giu. – Si è tenuto oggi, sotto le finestre di Regione Lombardia, il primo presidio di Cgil Cisl Uil regionali, con le categorie della funzione pubblica e i sindacati dei pensionati, per rilanciare le proposte confederali sul necessario riassetto del sistema sanitario e socio sanitario lombardo, le cui già gravi criticità sono esplose sotto la pandemia.
La tappa odierna, ouverture di una mobilitazione che proseguirà venerdì 19 e martedì 23 giugno, era focalizzata su Rsa, le residenze sanitarie assistenziali, e le case di riposo, emerse ai disonori della cronaca per una gestione del servizio che ha mietuto vittime tra le persone anziane e ha lasciato più spesso allo sbaraglio e senza protezioni le lavoratrici e i lavoratori.
Una di queste operatrici, dipendente alla Rsa San Faustino di Milano, addetta alle pulizie, è al presidio “per denunciare le cose che non vanno. Non ci hanno mai avvisato se c’erano persone Covid positive tra gli anziani ospiti o tra i colleghi, ci nascondono la situazione reale” afferma.
Malika Machmacha viene dal Marocco e lavora come operatrice di assistenza alla Rsa San Rocco di Segrate, assunta come categoria protetta. “Prima di tutto va sottolineato che la casa di riposo non è un ospedale” sostiene, alludendo sia al fatto che le persone anziane, quando si ammalano come è successo con il coronavirus, vanno curate nei nosocomi sia, viceversa, alla scelta della Regione di trasferire nelle Rsa i pazienti ospedalieri Covid+. “Non ci hanno fornito i dispositivi di protezione individuale né ci hanno avvisato della presenza di persone positive tra noi operatori o tra gli ospiti. Solo la settimana scorsa ci hanno fatto il test sierologico e il tampone a fine maggio – continua a denunciare la lavoratrice -. E poi il nostro lavoro non viene considerato usurante, invece abbiamo carichi pesantissimi”.
Attilia Chiara Speziari lavora invece nella cucina della Rsa di Salò. “La nostra Rsa ha fornito dispositivi di protezione a tutti, per cui da noi zero contagi. Ciò è il risultato di una buona gestione. Ma purtroppo il nostro è un caso raro, alla stragrande maggioranza di colleghe e colleghi delle altre strutture non è andata affatto così bene”. Ma non sono solo rose e fiori. La Rsa di Salò, con la sua trentina di dipendenti in cucina, ha in appalto mense scolastiche per cui, con la chiusura dei servizi educativi dall’avvio dell’emergenza sanitaria, per le lavoratrici è scattata la cassa integrazione a rotazione.
Tra gli interventi dal palco quello di Pietro La Grassa. Il delegato Rsu Fp Cgil al Pat di Milano ha fatto scattare le indagini della magistratura nel polo geriatrico. “Siamo una delle Rsa più grandi d’Italia, abbiamo circa 1200 ospiti e siamo stati testimoni di una strage, di uno tsunami combattuto soltanto con delle barchette di carta – racconta -. Oggigiorno la nostra politica ha messo i nostri anziani allo sbaraglio. Al Pio Albergo Trivulzio abbiamo avuto circa 400 decessi e non mi sembra normale. Abbiamo provato in tutti i modi ad affrontare questo discorso dopo la delibera dell’8 marzo (di Regione Lombardia – ndr) dove dicevano che i pazienti no Covid o Covid potevano entrare nelle Rsa. Io oggi mi domando ancora come potevano selezionarli se i tamponi non venivano fatti. Lo dico con tutta la mia forza: è stata una strage annunciata. Questi politici dovrebbero andare a casa”. La Grassa attacca sui tamponi fatti al Pat, a oggi attorno al 40%. “Questo è vergognoso” dice, sottolineando la peculiarità della situazione lombarda dove “un Presidente di Regione e un Assessore continuano a dire che il loro operato è stato perfetto. Parliamo di 16mila morti, se questa è perfezione, mi vergogno di essere lombardo e di lavorare in Lombardia. Io spero che questo ci serva di lezione per cambiare un sistema, per rendere i nostri anziani più importanti”.
Il segretario della Fp Cgil Lombardia, Gilberto Creston, in un video postato sulla pagina Facebook della categoria, dal presidio commenta rispetto alle lavoratrici e ai lavoratori delle Rsa che “sono stati colpiti dal coronavirus e molti si sono ammalati. Purtroppo molte persone sono decedute all’interno di queste strutture e quindi oggi partecipiamo (al presidio – ndr) per cercare di ottenere, da parte di Regione Lombardia, un cambio di passo rispetto a quello che è accaduto e per cercare di costruire delle strutture migliori per il prossimo futuro”. Il sindacalista rileva che è necessario collegare di più ambito sanitario e socio sanitario, “in particolare ci deve essere un maggior collegamento tra la sanità ospedaliera e la sanità territoriale e tutto il sistema socio sanitario, a partire dalle Rsa, deve essere ripensato e portato a una giusta valorizzazione di quello che è il ruolo dell’ambito pubblico. In questi anni purtroppo – continua – tutte le Rsa della Lombardia sono state privatizzate con una norma che è stata approvata dalla nostra Regione nei primi anni 2000. Questo e anche molte decisioni che sono state assunte in questi mesi hanno purtroppo causato i problemi che oggi vivono queste strutture e, tra questi, anche quello occupazionale”. Una partita tutta da affrontare, “ a meno che la Regione Lombardia non intervenga a questo proposito”. (ta)
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