Fp Cgil non sottoscrive l’accordo con Sisac. Per Filippi (segretario nazionale Fp Cgil Medici) l’accordo “non aiuta a risolvere il problema del tracciamento sul quale ormai siamo in un drammatico ritardo per ammissione delle Regioni stesse”. Barbieri (MMG Fp Cgil Lombardia): questa intesa rischia di logorare in modo ancora più pesante la medicina territoriale
29 ott. – “Ribadiamo la nostra contrarietà all’accordo siglato per l’affidamento dei tamponi negli studi privati dei medici di medicina generale. Il problema non è la disponibilità di tutti i professionisti, compresi quindi anche i medici di medicina generale, ma la loro sicurezza e quella dei cittadini. Serve un accordo chiaro che coinvolga tutti gli operatori e non solo una categoria, peraltro di libero professionisti troppo isolati e abbandonati dal sistema. Non possiamo rischiare di frammentare i percorsi di tracciamento, che al contrario hanno bisogno di un sistema coordinato e governato. Proponiamo di usare le risorse per potenziare l’assistenza territoriale invece di distribuirle a pioggia sulle decine di migliaia degli studi di medici che chiedono solo di assistere i propri pazienti in luoghi sicuri”. Così Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil Medici e dirigenti Ssn sull’accordo che la categoria non ha siglato con la Sisac, la controparte pubblica del personale sanitario a rapporto convenzionale.
Altra nota dolente è che l’accordo è stato siglato da Intesa Sindacale, di cui Fp Cgil Medici fa parte, ma senza averne il mandato. “Si tratta di una grave mancanza di rispetto dei processi democratici decisionali di coinvolgimento della base e degli iscritti, che fino ad oggi aveva contraddistinto i rapporti all’interno della nostra aggregazione sindacale” attacca Filippi.
La pandemia galoppa, il pressing sugli ospedali pure. Con il decreto legge Ristori il governo ha stanziato 30 milioni di euro per far eseguire a novembre e dicembre 2 milioni di test rapidi (ogni tampone costa in media 15 euro). L’accordo con la Sisac prevede di riconoscere ai medici di medicina generale 12 euro se eseguiranno il tampone nel loro studio e 18 euro se lo faranno al di fuori.
Ma per la Fp Cgil “il problema dell’accordo rimane la sicurezza dei medici e dei cittadini, che viene minata dalla prospettiva dei tamponi in studi privati non idonei. Siamo fermamente convinti che i test e il tracciamento siano fondamentali per contenere la pandemia ma vanno affrontati potenziando quei servizi che sono in grado di organizzare percorsi sicuri ed efficienti” sostiene Filippi che aveva già definito l’accordo di due giorni fa “sbagliato, un’operazione di facciata, inutile e pericolosa, che serve solo a coprire le mancanze delle Regioni nell’organizzazione dell’assistenza territoriale”.
Concorda Giorgio Barbieri, responsabile Medici di Medicina Generale per Fp Cgil Lombardia che sul suo profilo Facebook il 27 ottobre ha scritto: “Oltre SEI ore di trattativa per partorire una finzione mediatica…”.
A noi aggiunge: “Da qui a fine anno sono previsti una trentina di test rapidi per MMG. Una goccia nel mare. Peraltro, ogni positivo va poi confermato con il molecolare: non si è mai visto uno screening sul 10% delle persone che poi andranno sottoposte all’esame vero. L’unico risultato sarà quello di ingolfare i nostri studi: per ogni tampone positivo, dovremo fermare le visite e sanificare i locali. Questa narrazione secondo cui i medici di medicina generale sono rintanati a far nulla e pertanto bisogna tenerli occupati ha francamente stancato. Se si voleva essere seri, bisognava lavorare in merito questa estate”.
Barbieri lo ha più volte denunciato: “La nostra regione si è fatta trovare imperdonabilmente impreparata dalla recrudescenza del virus, oltre che gravemente in ritardo sulla campagna vaccinale antinfluenzale. Ora questa intesa rischia di logorare ulteriormente la medicina territoriale, minando la sicurezza di cittadini e operatori sanitari, senza portare risultati significativi”.
Perché? “La salute è una questione seria e servono visione, programmazione, organizzazione, risorse umane ed economiche, strumenti – risponde Barbieri -. Molti studi medici sono all’interno di condomini, fare i tamponi lì a persone sospette Covid+ è una operazione che argina i rischi di contagio? Servono strutture attrezzate, con aree separate e professionalità che collaborino tra loro e munite dei dispositivi di protezione. Non si ragiona poi mai abbastanza sul fatto del distanziamento sociale e che per praticarlo si consuma tempo. Tenendo conto che dobbiamo poter assistere e curare tutti i nostri pazienti, non solo quelli da sottoporre a test, la domanda è: quanti tamponi, in effetti, potremo fare giornalmente? E quante persone dovremo escludere sia per i tamponi sia per le visite ordinarie in ragione di queste tempistiche? Senza tener conto dei tempi della burocrazia, per cui per trasmettere i referti elettronici alle Ats vanno via ore. Allora – continua Barbieri – non sarebbe stato più di buon senso, più utile ed efficace potenziare, con le risorse stanziate, le strutture già predisposte per fare i tamponi?”. (ta)