25 Apr 2024
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Cpi / L’esperienza di un (ex) navigator

Intervista ad Antonio Lenzi, operatore al Centro per l’impiego di Gallarate e delegato della Fp Cgil Varese

10 nov. 2022 – Antonio Lenzi, 43 anni, palermitano, laurea in scienze politiche e dottorato in storia contemporanea, da 8 anni vive in provincia di Milano e da dicembre 2021 lavora come dipendente del Centro per l’impiego di Gallarate, dopo avere operato come navigator per due anni al Centro per l’impiego di Rho.

Partiamo dalla tua esperienza di navigator. “Ancora prima ero responsabile delle risorse umane di una piccola start up, poi ho partecipato a una selezione pubblica per diventare, appunto, navigator. L’inserimento non è stato facile, con Afol Metropolitana – l’ente consortile partecipato dedicato a politiche per l’occupazione e la formazione – che non ha fatto propriamente i salti di gioia all’introduzione di questa figura professionale nata con il decreto del reddito di cittadinanza – racconta Lenzi -. In ogni modo, dopo la designazione ufficiale a luglio 2019, la formazione e il periodo di affiancamento, tra novembre e dicembre sono stato operativo. Credo che quel ruolo sia stato prezioso, in un momento in cui i Cpi erano in grande affaticamento per la lunga carenza di nuovi assunti. La scelta di Regione Lombardia di affidare alle Province i Centri dell’impiego è stata penalizzante”.

Cioè? “Le Province, dopo la riforma Delrio, sono state impoverite di risorse umane ed economiche e questo non ha reso facile la loro attività. La Lombardia è stata l’unica regione a fare questa scelta sui Cpi. Nel resto d’Italia le politiche attive del lavoro sono rimaste in capo o ad agenzie regionali o ad assessorati. È ovvio che l’orizzonte strategico e le risorse in campo cambiano – risponde il delegato della Fp Cgil Varese -. In Lombardia ogni Provincia lavora basandosi su propri processi interni, la regia di Regione è troppo debole e così c’è una grande disomogeneità territoriale”.

Torniamo al tuo esordio da navigator. “In sostanza, inizio e poco dopo arriva il Covid. Abbiamo attraversato la pandemia – così come fatto nelle amministrazioni pubbliche – lavorando da remoto. Il nostro lavoro non si è mai fermato, operando con gli utenti tramite tablet o cellulare aziendale, ma è stato più faticoso e complicato. Anche perché il Covid ha colpito più duro chi era già in difficoltà, persone già in partenza più sfavorite. Il 70% con la sola terza media, ultra 40enni senza lavoro da più di 3 anni”.

Cosa nei pensi dei circa 1000 navigator che il governo ha lasciato a casa dallo scorso 31 ottobre? “È stata una scelta quanto meno miope. Mentre a livello di propaganda si dice di voler rafforzare le politiche del lavoro per ridare lavoro e aumentare la domanda e l’offerta, con l’altra mano si smobilitano centinaia e centinaia di persone che da 3 anni sono state essenziali per trovare lavoro a chi aveva il reddito di cittadinanza. Sottolineo che qui il problema non è la mancanza di competenze del navigator ma è politico: averne ideologizzato la figura non ha permesso di fare un bilancio reale della sua capacità e del suo successo. Inoltre c’è un aspetto che viene spesso dimenticato”.

Quale? “Come navigator abbiamo lavorato anche con le aziende, a cui facevamo conoscere i servizi pubblici e gratuiti dei Cpi. Le invitavamo a rivolgersi a questo settore pubblico per potenziare il servizio di domanda e offerta. In tutta Italia sono state contattate 500mila aziende, un bel numero”.

Cosa serve ai Cpi? “Come accennavo, manca il rafforzamento di una regia da parte di Regione Lombardia, non bastano gli uffici direzionali. Serve una reale presa in carico di Regione per costruire una rete ascoltando quello che arriva dai territori e non calando dall’alto le politiche. Ad esempio, il nuovo programma Gol (garanzia di occupabilità dei lavoratori) ha incrementato in modo enorme il lavoro e impattato in modo significativo sui territori, Regione lo ha inteso in senso solo quantitativo. E ha operato molti cambi in corsa, senza veicolarli in modo efficiente e così generando una grande confusione – spiega Lenzi -. Inoltre ai Cpi serve potenziare il personale, mancano tante lavoratrici e lavoratori della categoria C. Il concorso ha rimpiazzato i pensionamenti e i trasferimenti, non ha portato forze in più. Ancora, bisogna selezionare figure più specializzate, non solo quelle amministrative”.

In che senso? “Ad esempio, mancano mediatori culturali, di cui c’è bisogno per la fascia importante di persone extracomunitarie che si rivolgono ai Cpi. Averne aiuterebbe. Servono anche figure con esperienza di presa in carico delle persone più fragili, a partire dai disabili. Se ci sono è perché hanno vinto il concorso e non perché sono state appositamente selezionate. Bisogna dare valore alle diverse professionalità, l’utenza è molto ampia e differenziata”.

Altri problemi? “C’è un problema infrastrutturale, le sedi sono vecchie, vanno ammodernate, come le attrezzature. Anche qui, la scelta di Regione di affidare i Cpi alle Province è stata penalizzante: ogni stanziamento di spesa degli enti provinciali deve passare al vaglio regionale con tutte le lungaggini del caso”.

Fai parte del neo coordinamento regionale creato dalla Fp Cgil Lombardia. “Questo coordinamento regionale di delegate e delegati è importante per mettere insieme realtà diverse e avere un quadro più chiaro della situazione sul territorio e proprio per il ruolo di sentinella che vi agisce, provando a sanare le disomogeneità presenti, tra situazioni più virtuose e meno”.