15 Oct 2024
HomeIn evidenzaSanità lombarda / Parte la Staffetta SiCura

Sanità lombarda / Parte la Staffetta SiCura

banner staffetta sicura

Serata pienamente riuscita, al Teatro della Cooperativa di Milano, con la poliedrica iniziativa per rilanciare la sanità pubblica organizzata dal Comitato La Lombardia SiCura. Tramparulo (Fp Cgil): “La soluzione è un’alleanza tra i lavoratori della sanità e i cittadini”. Vangi (Cgil): “Questa battaglia deve essere di tutte e tutti insieme”

staffetta sicura2 ott. 2024 – Una bella e ricca iniziativa, “La chiamavano sanità: storie e aneddoti tragicomici sulla sanità pubblica”, promossa e realizzata dal Comitato promotore La Lombardia SiCura al Teatro della Cooperativa di Milano nella serata di martedì 1° ottobre e senz’altro da andare a recuperare (la registrazione della diretta è disponibile sulla pagina Facebook di Ecoinformazioni) per i tanti interventi di riflessione, fatti secondo vari registri, dal più serio al più leggero ma tutti con un unico comune denominatore: difendiamo il nostro Servizio Sanitario Nazionale e il suo principio costituzionale del diritto alla salute per tutte e tutti.

Sul palco hanno dato il loro contributo Moni Ovadia, Luca Mangoni, Renato Sarti, Lella Costa e Silvano Piccardi nel ruolo di coordinatore. Il Professor Silvio Garattini, per impegni legati all’Istituto di Ricerca Mario Negri (di cui è Presidente) ha partecipato attraverso una video intervista da incorniciare, proiettata in sala.

Del Comitato La Lombardia Sicura, oltre a Vittorio Agnoletto, per l’Osservatorio Salute, sono intervenuti Marco Caldiroli, di Medicina Democratica. Per la Cgil, hanno preso la parola Monica Vangi, segretaria confederale regionale e, in chiusura, Catello Tramparulo, segretario Fp Cgil Lombardia.

A parlare dei “protagonisti della sanità, cioè le lavoratrici e i lavoratori della sanità del nostro Paese”, è stato proprio quest’ultimo.

Lello TramparuloIl personale sanitario è in grande difficoltà, tra le carenze di organici, le condizioni di lavoro che peggiorano di giorno in giorno, con ritmi estenuanti, e le aggressioni continue. Per questo Tramparulo, riprendendo la campagna della Fp Cgil “Curiamoci di chi ci cura”, parte subito con un appello che ribadirà in conclusione: “La soluzione è un’alleanza tra i lavoratori della sanità e i cittadini”. Un patto utile a superare, da un lato, la denigrazione cui è sottoposto da decenni il lavoro pubblico, dall’altro, quel modello di sanità lombarda che, con l’allora Presidente Roberto Formigoni, ha aperto alla sanità privata. Fino ad equipararla, oggi, a quella pubblica. Un sistema, quello lombardo, che si vuole far diventare modello italiano, “e forse ci riescono, se non li fermiamo”, rileva il dirigente sindacale.

L’equivalenza tra sanità pubblica e sanità privata, decisa con legge regionale, è un concetto pericolosissimo, perché il privato mica risponde come può rispondere il pubblico di quello che fa”. Il privato fa profitti anche attraverso il blocco dei contratti nazionali delle lavoratrici e lavoratori, tant’è che lo scorso 23 settembre c’è stato lo sciopero nazionale per rivendicare più diritti e un rinnovo contrattuale dignitoso, mentre la parte datoriale chiede “allo Stato soldi per rinnovare i contratti dei lavoratori. Se questo è il privato – incalza Tramparulo -, noi dobbiamo tendere all’internalizzazione dei servizi, a riportare tutto dentro al pubblico”.

E ancora insiste: “L’equivalenza è una falsità, non c’è. È il privato che fa quello che vuole e il pubblico che abdica alla sua responsabilità”.

Catello TramparuloLa carenza di personale, come ormai noto, è tra i principali problemi del Ssn. “In Italia mancano 60mila infermieri e siamo ancora un Paese che ha il numero chiuso per iscriversi all’università e fare la triennale. Guardate che assurdità”, commenta il segretario Fp Cgil Lombardia. Alla formazione inadeguata si aggiunge, tra le altre pecche, il mancato giusto riconoscimento economico per queste donne e uomini che lavorano (se non se ne vanno per altri lidi) sempre più sfiniti e frustrati. Anche per questo è da respingere la proposta di 65 euro lordi di incremento contrattuale fatta dall’Aran, l’agenzia negoziale del governo, al tavolo per il rinnovo. Un’inezia, visti i costi del vivere.

Da qui la manifestazione nazionale “Salario, Salute, Diritti, Occupazione” organizzata a Roma, in piazza del Popolo, dalla Fp Cgil e la Uil per sabato 19 ottobre.

In dieci anni, tra il 2010 e il 2020, in Lombardia il personale della sanità pubblica è diminuito di 10mila unità, e questo fa gioco, o meglio, fa parte del disegno di disinvestimento complessivo per cui poi si delega al privato. Finanche, dentro la propria ‘pancia’, come mostrato da una ricerca, promossa proprio dalla Fp Cgil Lombardia, su quanto privato c’è all’interno della sanità pubblica. “Abbiamo interi reparti di ospedali dati alle cooperative sociali. E anche questo è un segnale”, sostiene Tramparulo, per tornare alla soluzione iniziale. “La via d’uscita è quella della lotta, e lo facciamo con gli scioperi, le manifestazioni. Ma è anche un’alleanza tra i cittadini e i lavoratori per difendere l’articolo 22 della Costituzione, il diritto ad essere curati”.

Monica VangiMonica Vangi, segretaria Cgil Lombardia, ha ricordato come la crisi della sanità pubblica, nella nostra regione, sia imputabile a una precisa scelta politica che ha infierito sui servizi di prossimità e il loro principio baluardo, la prevenzione. “In Lombardia, ormai da trent’anni il tema della prevenzione è relegato in secondo piano. Questo perché si è scelto di investire tempo e risorse in modo particolare sulla cura e ciò ha inevitabilmente portato il territorio ad un lento e inqualificabile percorso di smantellamento e di depotenziamento dei servizi destinati alla prevenzione. Ricordo con amarezza, che ancora prima dell’emergenza sanitaria da Covid denunciavamo che le ispezioni preventive non venivano più effettuate e che la carenza dei professionisti era talmente alta che procedevano ad effettuare le ispezioni o i sopralluoghi soltanto ad infortunio avvenuto”, considera, dopo aver menzionato che, da inizio anno al 26 settembre, solo i morti sul lavoro in Lombardia sono 47.

“Nemmeno la pandemia – rimarca – ha fatto capire agli esponenti/decisori politici di questa regione quanto fosse importante investire nei dipartimenti di prevenzione. Oggi ci troviamo servizi carenti che, con l’ultima legge regionale del 2021, hanno subito una ulteriore trasformazione organizzativa che non risponde ai bisogni dei cittadini”.

Oltre al tema della salute e sicurezza sul lavoro, Vangi porta quello dei consultori e per farlo ricorda la funzione dei distretti (nati prima della legge 833 del 1978, con cui è stato istituito il Servizio sanitario nazionale), “servizi di accoglienza e di integrazione, di prevenzione di informazione/formazione. Dove sono finiti in Lombardia?”, chiede, al di là delle timide voci in merito dovute alle disposizioni del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza.

I consultori non sono stati immuni dai tagli, anzi. Se le norme prevedono “1 consultorio ogni 20.000 abitanti, nella regione delle eccellenze invece abbiamo un consultorio ogni 39.450 abitanti (circa la metà). Se prendiamo, ad esempio, soltanto i consultori pubblici, il rapporto sale a 1 consultorio ogni 61.100 abitanti. Ma Regione Lombardia, confermata anche dal Tar di Milano, ribatte che la normativa nazionale è solo un orientamento non vincolante. Inoltre, nel rimarcare nelle leggi regionali l’equiparazione fra pubblico e privato, consente ai consultori privati accreditati di natura confessionale di non effettuare nulla di ciò che prevede la Legge 194 che, ricordiamo, non è soltanto l’interruzione volontaria di gravidanza”, evidenzia.

Monica VangiIl ricorso fatto qui dalla Cgil Lombardia al Tribunale amministrativo regionale “è stato respinto. Nonostante ciò non ci siamo fermati nella battaglia per i diritti delle donne e degli uomini e depositeremo, a breve, il ricorso al Consiglio di Stato”, racconta la segretaria regionale.

Tirando le somme, Vangi non esita nel biasimare Regione Lombardia che, non solo si è allontanata dai principi della Costituzione e della legge 833/78 per proiettarsi su meri ambiti redditizi, e la prevenzione o la riabilitazione non lo sono, ma anche che continua a procedere “pressoché indisturbata, adottando modelli organizzativi non in linea col resto del Paese. Certamente è stata una regione laboratorio per la tanto sbandierata autonomia differenziata – sottolinea -. Un’idea da contrastare con forza perché, in materia di tutela della salute, le cittadine e i cittadini lombardi hanno già pagato e continuano a pagare (in tutti i sensi) un caro prezzo”.

Allora bisogna lottare, tutte e tutti insieme, “dobbiamo andare avanti, perché se è vero che da soli si va più veloci, insieme si va più lontano”, conclude.

Da qui il senso della nuova campagna, “Staffetta Sicura”, lanciata sul palco dal Comitato promotore, con prossime nuove iniziative. C’è il referendum che si spera di riscattare, dopo il blocco da parte della destra che governa la Regione e la contro-replica per via giudiziale. La prossima udienza al Tribunale di Milano sarà il 13 novembre. E non dimentichiamo le 90mila firme raccolte e già depositate in Regione per chiedere, attraverso una petizione, un cambio di passo per migliorare davvero la sanità pubblica, a partire dai servizi territoriali, e affermare la piena esigibilità del diritto di cura.