23 Nov 2024
HomePubblicazioneLavorare da assistente educatrice in una cooperativa sociale

Lavorare da assistente educatrice in una cooperativa sociale

Alice Bernardini è stata nominata lo scorso marzo Rsa per la Fp Cgil Sondrio alla Forme. Uno scorcio della sua storia

6 apr. – Alice Bernardini, 42 anni, sposata, due figlie, viene da Piombino. Segue il marito quando, dopo due anni di cassa integrazione alla Edison, all’interno dell’acciaieria Ilva, si trasferisce a Sondrio per lavorare alla Società Idroelettrica. “A Piombino, dopo attività stagionali come cameriera e barista, sono stata prima educatrice in una comunità di recupero per tossicodipendenti, attività che sento più mia, poi, sempre con un contratto a termine, sono stata assistente alle disabilità comportamentali e per l’inserimento scolastico. A Sondrio sono arrivata nel 2016 e per un po’ ho fatto la mamma a tempo pieno, cercando di inserirmi nella nuova comunità. Sono stata accolta molto bene” racconta, indicando in primis la rete sociale con le mamme delle compagne di scuola delle sue due bambine.

Ed è proprio tramite una di queste donne che Bernardini riprende a lavorare, nel 2018, alle dipendenze della cooperativa sociale Alba, come assistente educatrice, “per 12 ore settimanali come aiuto al sostegno per le scuole medie, e per 7 ore come sostegno alle mense delle scuole elementari”.

La cooperativa viene però messa dai magistrati sotto sequestro, il suo proprietario va agli arresti e arriva un commissario per la gestione straordinaria. Alcuni comuni abbandonano l’impresa sociale e a lanciare l’allarme per la difficile situazione dei dipendenti senza stipendio la Cgil è in prima fila. “Non mi ero ancora mai iscritta a un sindacato, ce n’erano anche altri ma la Fp Cgil mi ha convinta per la vertenza legale da mettere in campo. Specie in Valmalenco, con altre colleghe, da gennaio a giugno 2019 abbiamo continuato a lavorare sull’appalto di Alba, sapevamo di farlo gratis ma non volevamo lasciare da soli i ragazzi. Nel mentre, sono passata, sempre come assistente educatrice, alla cooperativa Forme”.

Sei nella Cgil per pragmatismo. “Sì. E Leonardo Puleri, come gli dico spesso, è la nostra luce in fondo al tunnel. Lui c’è, non aspetta che siamo noi a cercarlo. La mia recente nomina a Rsa è stata suggerita da lui perché io rappresento il punto di incontro fra le colleghe dell’Alta Valle, lavorando alle scuole medie in Valmalenco, e le colleghe di Sondrio, dove lavoro alle superiori. Un problema della Valtellina sono le distanze, da Tirano a Berbenno è dura tenere insieme i contatti ma io voglio provarci. La nostra cooperativa, ad esempio, ci tiene in gruppi divisi su Whatsapp e non sappiamo neanche in quante siamo. Che senso ha, per le comunicazioni (vedi le sostituzioni) tenerci separate? Sono molto diretta, non potrei fare la diplomatica – aggiunge -. Sono anche una donna di estrema sinistra e fin da piccola sono dalla parte di chi non può difendersi e cerco di espormi per gli altri. Sono alta 1,85 m e ispiro protezione da un lato, e faccio paura dall’altro – afferma sorridendo -. Se il lavoratore non può contrastare da solo il padrone, può farlo con il sindacato”.

Com’è fare la rappresentante sindacale aziendale? “Lo sono da poco ma capisco l’importanza del ruolo. Dove ci sono problemi io posso fare da portavoce. Avrei preferito essere eletta ma per le cooperative sociali non sono previste le Rsu. Ho comunque voluto tastare il polso delle persone che conosco, perché se d’accordo è meglio”.

E lavorare come assistente educatrice? Quali le criticità? “Il nodo più dolente è, a mio avviso, come veniamo viste dal corpo docente. Per chi opera nei nidi e nelle materne non è così, succede con la didattica, alle scuole primarie e secondarie – risponde Bernardini -. Non siamo insegnanti ma educatori eppure spesso per esigenze diverse, a partire dai turni, svolgiamo compiti non nostri, che sarebbero in capo ai docenti o agli insegnanti di sostegno. E questo non è ancora il punto: abbiamo una preparazione educativa, studiamo la classe e le sue problematiche, sappiamo come muoverci ma non siamo prese in considerazione come figura professionale. I docenti sono oberati e non approfittano delle nostre competenze e del nostro sguardo. A volte proprio ci sottovalutano.”.

Un esempio? “La stesura del Pei, il piano educativo individuale da compilare per ogni alunno portatore di disabilità, con gli obiettivi da raggiungere. Noi, con le nostre competenze, possiamo indicare problematiche e strumenti per affrontarle. Ma solo di recente, con il cambio del regolamento, possono contribuire tutte le figure che gravitano attorno all’alunno, anche se pare sia ancora una cosa che possono fare tutti”.

Dal canto suo, il già citato Puleri fa sapere che “come Fp Cgil Sondrio stiamo portando avanti un confronto sindacale sull’inquadramento del personale che si occupa di assistenza scolastica sul tavolo del Comitato Paritetico Territoriale in chiave di valorizzazione della professionalità di queste lavoratrici che rappresentano un segmento importante del sistema scuola e di sostegno degli alunni disabili”. (ta)