Dall’Asta (Fp Cgil Cremona): c’è da cambiare, a partire dai tempi di minutaggio
16 giu. 2021 – Qual è l’obiettivo di standard assistenziali adeguati? Quello di “aumentare la sicurezza nelle cure dei pazienti, ridurre il fenomeno delle cure infermieristiche mancate, stimato intorno al 40%; aumentare la sicurezza dei professionisti infermieri e il benessere organizzativo”. Così Luca Dall’Asta, infermiere e componente della segreteria della Fp Cgil Cremona, partecipando in diretta a “La cura dei diritti” sulla pagina Facebook della @FpCgilSanità, oggi dedicata agli standard assistenziali infermieristici e alla cui registrazione rimandiamo visto il taglio formativo dell’evento.
La sessione odierna, moderata da Giancarlo Go, coordinatore nazionale delle professioni infermieristiche Fp Cgil, ha avuto il suo focus proprio nell’intervento di Dall’Asta, deciso nel sostenere che “standard assistenziali, modelli organizzativi e di erogazione dell’assistenza, orario e condizioni di lavoro sono facce della stessa medaglia, aspetti che non possono essere considerati separati, soprattutto nell’elaborazione dei piani di assunzione e distribuzione delle risorse umane, a seconda delle specificità dei vari servizi erogati”.
Pur se a ritmi differenti, la professione infermieristica evolve di continuo: sul piano normativo-contrattuale, sociale, culturale, e rispetto agli spazi di cura e assistenza. “L’obiettivo che ci si pone, a tal proposito, è il riconoscimento e la valorizzazione dell’infermiere in egual misura in tutti i contesti in cui opera (pubblico, privato, terzo settore), affinché ci siano gli stessi diritti e gli stessi doveri, nonché strumenti utili a migliorare l’organizzazione del lavoro e le relative performance – rileva il giovane sindacalista -. L’azione unitaria intrapresa deve tendere a promuovere l’infermiere come elemento fondamentale all’interno dell’equipe multidisciplinare che offre assistenza al paziente, considerando in questo contesto anche l’apporto dato dal personale di supporto, contrastando però la deriva corporativa”.
Gli standard assistenziali coinvolgono l’organizzazione dei servizi, l’assistenza, la qualità degli accreditamenti. Di fronte alla molteplicità di competenze e compiti richiesti alle professionalità infermieristiche, diventano basilari temi quali orario, condizioni, organizzazione del lavoro (che significa anche gestione dei turni e delle assenze, rispetto dei riposi), dotazioni organiche: quella delle nuove assunzioni, a fronte delle carenze già in essere – allarmanti soprattutto nelle Rsa – e a fronte dell’età media elevata del personale (come rilevato anche da Go) è una urgenza ineludibile . Questi aspetti al contempo “devono assicurare costantemente agli infermieri una propria identità e autonomia professionale, nonché promuovere qualità, efficacia, efficienza, appropriatezza, ma anche un ambiente di lavoro positivo e sicuro”.
Da questo punto di vista, salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori – il Covid lo si ha ancora tutto sulle spalle – è “un tema caldissimo”. C’è la normativa di riferimento, dal Testo unico su salute e sicurezza sul lavoro, alla legge antiviolenza ai danni degli operatori sanitari, alla legge Gelli. Ma anche la formazione, come altra questione fondamentale (e che sarà approfondita nella prossima diretta Fb).
Dall’Asta affronta poi un nodo che, a partire dalla Lombardia e dal suo modello socio sanitario, ha un peso importante: gli ambiti di intervento di questi standard assistenziali. Per cui bisogna “ampliare e modificare il concetto di ‘rete’, non solo inteso per patologia ma che prenda in carico l’utente in tutta la sua sfera bio-psico-sociale, intervenendo e investendo sul modello di ‘continuità delle cure’, non più con una visione ospedalocentrica, ma di integrazione efficace con il territorio. A riguardo la collaborazione deve essere a 360° e fra tutti gli attori che possono essere coinvolti: ospedale per acuti, sanità penitenziaria, strutture di cure intermedie o sub-acute, riabilitative, socio-sanitarie e socio-assistenziali, residenziali, servizi territoriali e domiciliari”.
Interessanti, tra le altre, le considerazioni di Dall’Asta sul minutaggio assistenziale da rivedere. “La logica del minutaggio assistenziale prevede un tempo di assistenza che varia da 120’ die per i reparti di degenza ordinaria, fino ad un massimo di 600 minuti per le aree intensive. È pertanto desumibile che i riferimenti al cosiddetto ‘minutaggio assistenziale’ rappresentino un metodo di calcolo e attribuzione delle risorse umane economicamente sostenibile, ma eticamente e umanamente incompatibile, anche alla luce dell’evoluzione professionale, l’attenzione nelle cure e la crescente complessità del paziente. Una normativa datata, anche se non abrogata purtroppo, non può essere utilizzata come giustificazione per un approccio metodologico obsoleto e non sicuro – afferma l’infermiere – . I modelli fondati sulle dotazioni organiche storicizzate, discendenti dalla rilevazione dei carichi di lavoro, sono stati quindi superati. La declinazione dei fabbisogni ora deve essere considerata sia da un punto di vista quantitativo (consistenza numerica), sia qualitativo (competenze professionali opportune)”.
Quali sono, in sostanza, le proposte degli infermieri della Fp Cgil? La slide mostrata da Dall’Asta le sintetizza così: “Creazione di uno strumento operativo utile (e facilmente utilizzabile, in formato elettronico) a determinare il fabbisogno di personale, partendo dagli ultimi standard di riferimento in termini di rapporto operatore/pazienti assistiti (superando quindi la logica del minutaggio assistenziale). Questo sistema di quantificazione deve necessariamente riconsiderare centrale l’elemento qualitativo rivestito dalle scale di valutazione della complessità assistenziale (dal nostro punto di vista rivedibili ed estendibili ai vari contesti di cura) e clinica, mantenendo una visione d’insieme quale quella del lavoro d’equipe”.