23 Nov 2024
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Dipendenti pubblici / La tagliola della Legge di Bilancio sulle pensioni

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La manovra del Governo prevede una penalizzazione per le pensioni future dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Il taglio rischia di far aumentare l’emorragia di personale e quindi di ripercuotersi anche sui diritti di cittadinanza. Pusceddu (Fp Cgil Lombardia): “Una norma iniqua e dannosa, da cambiare. Il 17 novembre scioperiamo sia per le pensioni delle lavoratrici e lavoratori delle Pa sia per la stessa tenuta dei servizi pubblici”

La Legge di Bilancio 2024 non impoverisce solo chi andrà in pensione ma tutte le pubbliche amministrazioni. A seguito dell’approvazione della manovra, sono numerose le lavoratrici e i lavoratori dipendenti degli enti locali e della sanità che stanno chiedendo di andare immediatamente in pensione per non incorrere nella penalizzazione che scatta dal 1⁰ gennaio 2024. La Cgil, con la segretaria Lara Ghiglione, ha parlato di un “provvedimento che ha dei profili di incostituzionalità”.

“Il Governo prevede che le pensioni erogate ai dipendenti iscritti alle casse pensionistiche Cpdel (Comuni, Province e Case di riposo, ad esempio), Cps (medici, infermieri e in generale il personale del Servizio Sanitario Nazionale) e Cpi (per, tra gli altri, educatori ed educatrici di asilo nido) siano calcolate per gli anni precedenti al 1995 con dei nuovi coefficienti, ovvero che una parte della pensione abbia un importo di molto inferiore rispetto a quella che riceve chi è andato in pensione fino ad oggi”, spiega Dino Pusceddu, segretario Fp Cgil Lombardia.

Di quant’è il danno? “La CGIL ha calcolato che, per questi dipendenti, la forbice vada da un minimo di 380 euro annui a un massimo di circa 11.000 euro annui per quanti, prima del 1995, hanno solo un anno di lavoro. Per le lavoratrici e i lavoratori degli enti locali, ad esempio, ciò significa arrivare a una pensione che si aggira sui 1000 euro, con un taglio rispetto all’ultimo stipendio di circa 200 euro. Le lavoratrici e i lavoratori saranno costretti a scegliere di rimanere per altri anni al lavoro o di rischiare la povertà”.

La tendenza pare quella della fuga dal lavoro. “Sì, sono numerosi i casi di dipendenti che stanno cambiando idea, e dall’iniziale intento di rimanere al lavoro pur potendo andare in pensione oggi stanno facendo domanda di pensione, nonostante la penalizzazione del mancato preavviso al datore di lavoro – replica Pusceddu -. Un danno enorme per i servizi alla cittadinanza e per le stesse lavoratrici e lavoratori che perderanno oggi dei soldi per non essere sfavoriti in tutta la vita pensionistica”.

La fuga dal lavoro però è iniziata prima della Legge di Bilancio. “Infatti la manovra del Governo peggiora la situazione. Gli enti locali, dal 2009, solo in Lombardia hanno perso 15.200 dipendenti, anche per le condizioni di lavoro causate dalle carenze di personale: i concorsi vanno a rilento e i partecipanti rinunciano al posto a causa di stipendi inadeguati e gli alti rischi professionali legati all’organizzazione del lavoro. Non si riescono a coprire nemmeno i posti rimasti vuoti per i pensionamenti nell’anno. Sarebbero necessarie più assunzioni per garantire i servizi e invece si impoverisce ancora di più la pubblica amministrazione non mettendo risorse specifiche nella manovra”.

Ma questa revisione delle aliquote di rendimento della gestione previdenziale non freneranno, invece, le uscite pensionistiche? “Il tema c’è. I dipendenti della sanità e degli enti locali rimanderanno il pensionamento semplicemente perché la pensione che verrebbe erogata non permetterà loro una vita dignitosa. È già finita la retorica degli eroi e si vanno a colpire le lavoratrici e i lavoratori che hanno prestato servizio nel periodo più buio del Covid – risponde Pusceddu -. Pensiamo a un medico che andrà in pensione nel 2024: se avesse avuto qualche mese in più di contribuzione e fosse andato nel 2023 avrebbe preso 30.000 euro in più di pensione. Se avrà i requisiti cercherà di andare via subito, mettendo in difficoltà comunque il servizio alla cittadinanza. Tutto il personale sanitario che ha iniziato a lavorare qualche anno prima del 1995 si trova nella stessa situazione. Nonostante i proclami delle forze di governo in campagna elettorale, non si vede alcun allentamento della riforma Fornero – aggiunge il segretario Fp Cgil -. Anzi, vediamo solo peggioramenti dell’attuale normativa: aumentano i requisiti per accedere all’opzione donna e alla cosiddetta quota 103. Le pubbliche amministrazioni hanno la necessità, oltre che di aumentare gli organici, anche di diminuire la loro età media che oggi in Lombardia supera i 50 anni”.

Quindi? “Questa norma va assolutamente modificata. È iniqua perché nell’arco di un solo mese l’importo delle pensioni dei pubblici dipendenti rischia di ridursi fino a 1/3. È dannosa perché impoverisce le pubbliche amministrazioni rapidamente, senza permettere agli enti di porvi rimedio in così poco tempo. Con ripercussioni gravi sui servizi da erogare a cittadine e cittadini. Per questo noi il 17 novembre scioperiamo sia per le pensioni delle lavoratrici e lavoratori delle Pa sia per la stessa tenuta dei servizi pubblici”.

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